Infermiere accusato di aver perso un paziente autistico

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Daniele Potenzoni all’epoca aveva 36 anni, la sua sparizione è avvenuta il 10 giugno del 2015 e dell’uomo, affetto da autismo, ancora oggi non ci sono tracce. Unico imputato per l’improvvisa assenza di Daniele è un infermiere, Massimiliano Sfrondini, che lo accompagnava durante il tragitto fino a piazza San Pietro. La sparizione dell’uomo è avvenuta in metropolitana e per la magistratura che indaga sul caso, la persona che avrebbe avuto la responsabilità dell’uomo era lo stesso infermiere accusato. A chiederne il rinvio a giudizio è stato il pm Vincenzo Barba che ha contestato all’uomo il reato di abbandono d’incapace di cui all’art 591c.p.

Ecco cosa prevede il testo di legge: “Chiunque abbandona una persona minore degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a se stessa, e della quale abbia la custodia o debba avere cura, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.”

Infermiere accusato: i dettagli del caso

I dettagli di cosa è avvenuto quella mattina rendono l’idea della complessità della vicenda: l’infermiere doveva accompagnare un gruppo di disabili provenienti da una clinica privata milanese, nodo cruciale della questione è valutare il comportamento dell’infermiere soprattutto in riferimento ad una specifica chiamata di un suo collega che lo avvertiva del grande traffico in metro dovuto ad uno sciopero e dei rischi a cui lo stesso andava incontro. L’infermiere, pur conscio della situazione, decise comunque di utilizzare la metro e di non seguire il consiglio del collega che lo invitava a servirsi di un taxi o degli autobus. Esito della scelta è stato lo smarrimento del ragazzo autistico.

Professione infermiere: alle soglie del XXI secolo

La maggior parte dei libri di storia infermieristica si ferma alla prima metà del ventesimo secolo, trascurando di fatto situazioni, avvenimenti ed episodi accaduti in tempi a noi più vicini; si tratta di una lacuna da colmare perché proprio nel passaggio al nuovo millennio la professione infermieristica italiana ha vissuto una fase cruciale della sua evoluzione, documentata da un’intensa produzione normativa.  Infatti, l’evoluzione storica dell’infermieristica in Italia ha subìto un’improvvisa e importante accelerazione a partire dagli anni 90: il passaggio dell’istruzione all’università, l’approvazione del profilo professionale e l’abolizione del mansionario sono soltanto alcuni dei processi e degli avvenimenti che hanno rapidamente cambiato il volto della professione. Ma come si è arrivati a tali risultati? Gli autori sono convinti che per capire la storia non basta interpretare leggi e ordinamenti e per questa ragione hanno voluto esplorare le esperienze di coloro che hanno avuto un ruolo significativo per lo sviluppo della professione infermieristica nel periodo esaminato: rappresentanti di organismi istituzionali e di associazioni, formatori, studiosi di storia della professione, infermieri manager. Il filo conduttore del libro è lo sviluppo del processo di professionalizzazione dell’infermiere. Alcune domande importanti sono gli stessi autori a sollevarle nelle conclusioni. Tra queste, spicca il problema dell’autonomia professionale: essa è sancita sul terreno giuridico dalle norme emanate nel periodo considerato, ma in che misura e in quali forme si realizza nei luoghi di lavoro, nella pratica dei professionisti? E, inoltre, come si riflettono i cambiamenti, di cui gli infermieri sono stati protagonisti, sul sistema sanitario del Paese? Il libro testimonia che la professione è cambiata ed è cresciuta, ma che c’è ancora molto lavoro da fare. Coltivare questa crescita è una responsabilità delle nuove generazioni. Le voci del libro: Odilia D’Avella, Emma Carli, Annalisa Silvestro, Gennaro Roc- co, Stefania Gastaldi, Maria Grazia De Marinis, Paola Binetti, Rosaria Alvaro, Luisa Saiani, Paolo Chiari, Edoardo Manzoni, Paolo Carlo Motta, Duilio Fiorenzo Manara, Barbara Man- giacavalli, Cleopatra Ferri, Daniele Rodriguez, Giannantonio Barbieri, Patrizia Taddia, Teresa Petrangolini, Maria Santina Bonardi, Elio Drigo, Maria Gabriella De Togni, Carla Collicelli, Mario Schiavon, Roberta Mazzoni, Grazia Monti, Maristella Mencucci, Maria Piro, Antonella Santullo. Gli Autori Caterina Galletti, infermiere e pedagogista, corso di laurea magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.Loredana Gamberoni, infermiere, coordinatore del corso di laurea specialistica/ magistrale dal 2004 al 2012 presso l’Università di Ferrara, sociologo dirigente della formazione aziendale dell’Aou di Ferrara fino al 2010. Attualmente professore a contratto di Sociologia delle reti di comunità all’Università di Ferrara.Giuseppe Marmo, infermiere, coordinatore didattico del corso di laurea specialistica/ magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede formativa Ospedale Cottolengo di Torino fino al 2016.Emma Martellotti, giornalista, capo Ufficio stampa e comunicazione della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi dal 1992 al 2014.

Caterina Galletti, Loredana Gamberoni, Giuseppe Marmo, Emma Martellotti | 2017 Maggioli Editore

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Le responsabilità degli infermieri nei confronti dei soggetti deboli

La dazione di responsabilità della quale è stato investito l’infermiere è questione delicata e involge varie tematiche di differente natura. Fondamentale è in primo luogo dissociarsi dai giudizi sterili che hanno accompagnato la vicenda, cercando di rintracciare se possibile i tratti specifici e veritieri di responsabilità. La grande vulnerabilità di soggetti affetti da autismo è di sicuro argomento iniziale, chi per professione ha il dovere di assisterli deve essere a conoscenza del carattere particolare della loro gestione, e certamente nel caso di specie il comportamento di Sfrondini non è stato consono al particolare ruolo dallo stesso svolto e al singolare modus operandi e carattere dell’assistito.

Il soggetto attivo del reato è colui che “ha la custodia” o “deve avere cura” del soggetto con disabilità. È un reato, quindi, che per essere consumato necessita di un preesistente rapporto di custodia o di cura e non può essere commesso da chiunque. Per ciò che attiene alle modalità che integrano la fattispecie, bisogna evidenziare come si tratti di un reato a condotta omissiva che si sostanzia nell’abbandonare o nel non esercitare la custodia e la cura alle quali si è obbligati.

La richiesta di rinvio a giudizio con la quale la magistratura ha deciso di iniziare l’iter processuale è certamente azione dovuta, ma non rappresenta il tratto conclusivo della questione che dovrà essere dibattuta ampiamente nelle sedi penali competenti.

L’infermiere è stato accusato di essersi perso l’uomo e di aver tardato nell’avvisare le forze dell’ordine, un ritardo di oltre 10 ore assolutamente ingiustificato che aggrava la posizione dell’infermiere stesso. Al momento non si conoscono le ragioni sottese a questo comportamento.

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Martino Di Caudo

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