Infermiere rumeno che seda paziente e la stupra, cosa dire?

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Se ci occupiamo del caso dell’infermiere rumeno che seda e stupra una paziente cinese è perché crediamo nella categoria infermieristica, perché riportare semplicemente la notizia è troppo semplice, troppo angusto l’ambito di riflessione se non ci si sofferma un attimo; un infermiere che abusa sessualmente di una sua paziente è un fatto pazzesco e di invereconda bruttura.

Infermiere rumeno seda paziente e la stupra

Lui, rumeno di 41 anni, in servizio presso l’ospedale di Padova, qualche giorno fa ha drogato e poi approfittato di una 58enne. Cose da matti e inizia la girandola di riflessioni, opinioni razziste sui social, viene indagata la nazionalità dell’infermiere, il reportage del fallimento italiano in tema di collocamento dei nostri giovani al lavoro è elemento sul quale fondare teoremi dal dubbio valore argomentativo, ma tant’è, il dado è tratto.

Noi sappiamo cosa voglia dire essere infermieri, lo sappiamo, e ci si vergogna di poter essere accostati a tali figure, ma la disamina è più complessa: se si deve parlare di potenziamento delle strutture italiane con giovani laureati italiani è doveroso farlo, ma non è questa la sede, non è un uomo folle a giustificare la coltre di razzismo che ha ricoperto i colleghi stranieri, la loro migrazione dalla povertà è come la nostra.

Fa rabbia, lo so, fa rabbia sentire che quel posto sarebbe potuto essere ricoperto da un nostro cittadino costretto a emigrare, è il paradosso di un’Italia distratta, strafalciona, ma non vogliamo essere anche l’Italia razzista, l’Italia del distacco, noi siamo l’Italia dell’accoglienza, trasversale e autentica. Non riusciremo a riportare indietro i laureati italiani colmando i social network di becero risentimento xenofobo, è ancora una volta più complesso, è ancora una volta occasione di crescita che non deve essere sprecata.

Oggi, abbiamo tutti una piccola sfida da vincere: portare avanti la battaglia della scelta giusta, se fosse così, se si attivasse veramente un circuito di impegno costruttivo,  si potrebbe meglio tutelare la posizione di chi è costretto ad andare via, perché qui non si è apprezzati o non si è pagati. Non vogliamo più accettare il ricatto del lavoro, e non vogliamo pessimi professionisti di altre nazionalità solo perché costano di meno, vogliamo che siano solo i migliori operatori sanitari a scegliere l’Italia, e che l’Italia rappresenti l’eccellenza. Per fare questo ci vuole impegno, forse di tutti.

Tutto questo è oggi, tutto questo non c’entra nulla con la vicenda di un uomo orrendo, casualmente infermiere, casualmente straniero; noi indaghiamo la matrice di una vicenda le cui intime sfaccettature non devono essere più lasciate al caso, e vorremmo di più per chi lavora e per chi viene preso in carico dalle strutture italiane, lo vorremmo per tutti. Per costruire un paese migliore.

Martino Di Caudo

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