Gli infermieri americani in prima fila per il riordino della sanità pubblica

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E’ a Chicago che si è tenuto all’inizio di giugno il People’s summit, una grande riunione dei progressisti americani a cui importa un futuro politico del pianeta del tutto contrastante rispetto alle tendenze di cambiamento attuali sempre meno solidali ed elitarie.Il nodo cruciale nonché il messaggio divulgato e declinato in vari interventi e su varie azioni e prospettive è Il Prendersi Cura dell’altro.

Questa filosofia di vita, questa nuova e radicale mentalità è ciò che da sola può condurre ad una vera rivoluzione pacifica e culturale. E’ ciò che l’essere umano non è riuscito a fare negli ultimi secoli, prendersi cura della Terra e dei suoi abitanti, perciò per quanto possa sembrare banale e puerile un simile slogan, in realtà è la sintesi lampante di un intero capovolgimento, strutturale, collettivo e singolare.

Non è un caso, anzi è perfettamente logico, che il motore del People’s summit sia stato il National nurses united (Nnu), il principale sindacato degli infermieri statunitensi che ha più di 150.000 iscritti nel paese federale guidato da Donald Trump.

Professione infermiere: alle soglie del XXI secolo

La maggior parte dei libri di storia infermieristica si ferma alla prima metà del ventesimo secolo, trascurando di fatto situazioni, avvenimenti ed episodi accaduti in tempi a noi più vicini; si tratta di una lacuna da colmare perché proprio nel passaggio al nuovo millennio la professione infermieristica italiana ha vissuto una fase cruciale della sua evoluzione, documentata da un’intensa produzione normativa.  Infatti, l’evoluzione storica dell’infermieristica in Italia ha subìto un’improvvisa e importante accelerazione a partire dagli anni 90: il passaggio dell’istruzione all’università, l’approvazione del profilo professionale e l’abolizione del mansionario sono soltanto alcuni dei processi e degli avvenimenti che hanno rapidamente cambiato il volto della professione. Ma come si è arrivati a tali risultati? Gli autori sono convinti che per capire la storia non basta interpretare leggi e ordinamenti e per questa ragione hanno voluto esplorare le esperienze di coloro che hanno avuto un ruolo significativo per lo sviluppo della professione infermieristica nel periodo esaminato: rappresentanti di organismi istituzionali e di associazioni, formatori, studiosi di storia della professione, infermieri manager. Il filo conduttore del libro è lo sviluppo del processo di professionalizzazione dell’infermiere. Alcune domande importanti sono gli stessi autori a sollevarle nelle conclusioni. Tra queste, spicca il problema dell’autonomia professionale: essa è sancita sul terreno giuridico dalle norme emanate nel periodo considerato, ma in che misura e in quali forme si realizza nei luoghi di lavoro, nella pratica dei professionisti? E, inoltre, come si riflettono i cambiamenti, di cui gli infermieri sono stati protagonisti, sul sistema sanitario del Paese? Il libro testimonia che la professione è cambiata ed è cresciuta, ma che c’è ancora molto lavoro da fare. Coltivare questa crescita è una responsabilità delle nuove generazioni. Le voci del libro: Odilia D’Avella, Emma Carli, Annalisa Silvestro, Gennaro Roc- co, Stefania Gastaldi, Maria Grazia De Marinis, Paola Binetti, Rosaria Alvaro, Luisa Saiani, Paolo Chiari, Edoardo Manzoni, Paolo Carlo Motta, Duilio Fiorenzo Manara, Barbara Man- giacavalli, Cleopatra Ferri, Daniele Rodriguez, Giannantonio Barbieri, Patrizia Taddia, Teresa Petrangolini, Maria Santina Bonardi, Elio Drigo, Maria Gabriella De Togni, Carla Collicelli, Mario Schiavon, Roberta Mazzoni, Grazia Monti, Maristella Mencucci, Maria Piro, Antonella Santullo. Gli Autori Caterina Galletti, infermiere e pedagogista, corso di laurea magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.Loredana Gamberoni, infermiere, coordinatore del corso di laurea specialistica/ magistrale dal 2004 al 2012 presso l’Università di Ferrara, sociologo dirigente della formazione aziendale dell’Aou di Ferrara fino al 2010. Attualmente professore a contratto di Sociologia delle reti di comunità all’Università di Ferrara.Giuseppe Marmo, infermiere, coordinatore didattico del corso di laurea specialistica/ magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede formativa Ospedale Cottolengo di Torino fino al 2016.Emma Martellotti, giornalista, capo Ufficio stampa e comunicazione della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi dal 1992 al 2014.

Caterina Galletti, Loredana Gamberoni, Giuseppe Marmo, Emma Martellotti | 2017 Maggioli Editore

32.00 €  30.40 €

 

Come società dobbiamo decidere non solo quali atrocità sono intollerabili, ma anche cosa siamo pronti a costruire per combattere queste atrocità, hanno più volte espresso i quattromila partecipanti al congresso, coinvolti per giorni in work shop e discussioni che hanno diffuso un clima propositivo e sempre profondamente realistico del cambiamento praticabile.

Ogni professionista della cura, come ogni altro partecipante, si è trovato ad annuire davanti alla richiesta di un sovvertimento nel modo in cui organizziamo la politica economica, quella ambientale, la giustizia razziale e molto altro, nello stesso modo in cui si annuisce davanti a un medico che ci spiega la cura per una grave malattia. L’urgenza di questa fase della storia umana lo impone e corrisponde inequivocabilmente alla metafora del grave male che affligge il pianeta e la società umana, tentata d’intraprendere percorsi di guarigione triviali, fallimentari e per nulla scientifici.

 Non possiamo limitare il nostro sostegno al letto d’ospedale. Dobbiamo allargarlo, perché vogliamo evitare che la gente arrivi in ospedale. Vogliamo sostenere la prevenzione. Vogliamo tenere le persone lontane dalle prigioni, perché il denaro speso per incarcerare la gente potrebbe essere impiegato nel sistema sanitario e per quello scolastico”; queste parole sono solo uno stralcio delle affermazioni di Deborah Burger, copresidente dell’Nnu, che disegna un nuovo mondo possibile a partire dal nostro impegno, dal nostro effettivo contrasto alle strategie di impoverimento e subordinazione, non solo materiale, ma anche culturale, in tema di diritti, inclusione e potere creativo.

L’immaginazione e lo spirito critico possono darci quell’autonomia di pensiero circa la realizzazione di un progetto di vita libero, ma soprattutto è necessario non accettare le soluzioni presentate dal consesso politico-finanziario come inevitabili ed uniche: la strada della felicità condivisa non ha mai un solo sentiero angusto e preclusivo.

Martino Di Caudo

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