10 cose che avrei voluto sapere prima di diventare infermiere

Dario Tobruk 03/07/18
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Sono almeno 10 le cose che avrei voluto sapere prima di diventare infermiere. Quindi, prima di scegliere questa professione così impegnativa, è bene che tu sappia cosa dovrai affrontare.

Prima di iscriversi ad un corso di laurea in Infermieristica, e anche durante i primi anni di formazione, l’idea che si ha del lavoro dell’infermiere è vaga e fumosa, pertanto proviamo a schiarire un po’ le idee su com’è fare l’infermiere veramente!

10 cose che avrei voluto sapere prima di diventare infermiere

Questa lista di dieci cose da sapere prima di fare l’infermiere è il frutto di anni di lavoro e di esperienza nel mondo degli ospedali e del territorio. Per questo motivo voglio condividere con voi tutto quello che avrei voluto sapere io, prima di iniziare la mia carriera da infermiere. Iniziamo!

1) Inizi a studiare veramente solo dopo la laurea

E tu pensavi che una volta laureatoti in infermieristica avresti potuto smettere di studiare e lacrimare sangue davanti ai libri? Beh, mi dispiace ma la verità è che, fuori dall’università, in realtà, inizi a studiare più di prima.

Studierai per superare i concorsi, per aggiornarti, per conoscere la branca di medicina dove lavori. Ed anche se solo per pochi mesi dovrai giocoforza conoscere a menadito le principali patologie che ti troverai ad affrontare.

Vorrai superare un concorso da infermiere ma quando ti ritroverai a competere con migliaia di tuoi colleghi, per poche decine di posti, vorrai essere il migliore. Purtroppo per essere sufficientemente preparato per un concorso da infermiere dovrai studiare più degli altri, e fidati, la concorrenza è alta.

Vinci un concorso? Bene! Ora dovrai studiare ancora più di prima, perché in qualunque reparto dovrai prestare servizio, tutti si aspetteranno da te la maggiore agiatezza, competenza e preparazione, nel minor tempo possibile.

Come fare allora? Come hanno fatto tutti: continuando a studiare. Poi un giorno avrai abbastanza conoscenza ed esperienza per poter abbassare la guardia un attimo e goderti la tua benemerita pigrizia. Sarà allora e solo allora che da qualche parte del tuo cervello, ormai fuso e masochista, come una piantina tra le fughe di un marciapiede, sboccerà la brillante idea dell’anno: mi iscrivo ad un master!

2) Per l’infermiere il lavoro non è sicuro

Non si conosce il motivo per la quale un’informazione errata impiega almeno dieci anni prima di poter essere smentita. E non parliamo dei vaccini ma della bufala secondo cui l’infermiere ha il lavoro assicurato!  Due – barra – tre anni in cui, grazie ad una congiunzione astrale tra galassie, migliaia di infermieri sono riusciti ad incastrare il momento in cui lasciavano l’università con quello in cui vincevano un concorso a tempo indeterminato.

Questo breve lasso di tempo, in cui si è incrociata perfettamente domanda e offerta di lavoro, ha creato un’isteria di massa secondo cui, automaticamente il giovane infermiere era un privilegiato all’interno del mercato del lavoro e l’infermiere disoccupato perciò un nullafacente privo di spina dorsale.

Abbastanza falso ai giorni nostri. La verità è che, anche se fortunatamente qualcosa si sta muovendo e le assunzioni non sono un sogno impossibile, sono necessari anni di preparazione e decine di tentati concorsi prima di poterne vincere uno. 

Sempre che si sia disposti a spostarsi di regione. Chi non accetta di mettersi in gioco con i concorsi, poi, generalmente cerca di fare fortuna all’estero.

3) Fare i turni è usurante

Durante l’università, più o meno, lo avevamo intuito tutti. Qualche notte, durante il tirocinio l’abbiamo anche affrontata la sensazione di post-sbornia che si prova dopo aver smontato dal turno di notte. Cavolo, fare i turni è usurante!

Qualche mattina, noi giovani di belle speranze, incrociando i colleghi più anziani che avevano appena affrontato il turno di notte, notavamo volteggiare queste figure smorte e grigie come fazzoletti in preda ad un tornado. 

Quando finalmente si trascinavano fino alla macchinetta per timbrare il badge e tornare a casa, decidemmo di tirare dritto verso il reparto e pensarci un’altra volta: sottostimando le conseguenze di scegliere di fare un lavoro a turni.

E quando fra qualche anno ti ritroverai ad essere il collega anziano, ti renderai conto di quanto sia usurante fare turni notturni per 40 anni e ti chiederai per quale motivo il tuo stipendio non riflette il danno cerebrale che ti stai procurando.

4) “Non posso, devo lavorare!” ovvero il motivo per cui non hai vita sociale.

Che figo, il centro commerciale è sempre vuoto!  Quando tu sei libero gli altri lavorano e questo ti permette di passeggiare liberamente durante le tue commissioni: alla posta la fila è occupata da pochi pensionati e qualche casalinga. Sei il padrone del mondo.

Poi quel vuoto si allarga e ti rendi conto che, anche tu lavori quando gli altri sono liberi e che la differenza tra te, i tuoi amici e i tuoi parenti è che gli altri lavorano e sono liberi quando tutto il resto del mondo civile lavora ed è libero: Natale, Capodanno, feste comandate.

Quindi come un riflesso pavloviano sarai costretto a ripetere costantemente ai tuoi cari e alle persone che fino a qual momento facevano piacevolmente parte delle tue giornate:

Non posso, devo lavorare!

Cit. Un infermiere qualsiasi.

Purtroppo il numero delle volte che puoi usare il cosiddetto bonus “devo lavorare” prima che le chiamate cessino di arrivare è inversamente proporzionale a quanto stretto sia il legame con quella persona: poco male se l’amico dell’amico non ti chiama più per la partitella a calcio, ma se anche tua madre inizia a smettere di invitarti a cena…

5) Può capitare di lavorare in ambienti orribili
Dal direttore di struttura (?) di una RSA che con un diplomino si credeva in grado di valutare l’assistenza infermieristica fino al presidente di cooperativa completamente assente quando c’era bisogno di lui; nella mia vita professionale ho visto di tutto e di più.

Ci vuole tanto pelo sullo stomaco. Tirate fuori la grinta, non ve ne pentirete. Non dirò altro.

6) Un piccolo errore comporta enormi conseguenze

Per un infermiere essere multitasking è un eufemismo. Quando devi somministrare terapia ad una dozzina di pazienti (se ti va bene) mentre tutti, medici, colleghi, oss, pazienti e parenti avranno contemporaneamente bisogno di qualcosa da te, e solo da te, e solo in quel preciso istante che non può essere assolutamente rimandato ad altro momento.

Il rischio di fare errori nel somministrare terapia è altissimo. E capirai che nessuno ti farà sconti se sbagli, nessun giudice, nessun superiore accoglierà le tue attenuanti se nel momento in cui hai scelto un farmaco qualcuno ti ha distratto strozzandosi con un bolo di cibo o vomitandosi il pranzo addosso.

Dovrai nel caso e per il bene del paziente, segnalare immediatamente l’errore al medico, affrontare le conseguenze. Ci potranno essere ripercussioni molto gravi, come la morte del paziente, per aver compiuto errori molto piccoli: distrazione, stanchezza, procrastinazione sono i tuoi veri nemici.

Non voglio spaventarvi, ma aprirvi gli occhi. Siate pronti a questa responsabilità.

7) Ci vuole molta pazienza

Dietro ad ogni divisa c’è una persona, ogni persona è un mondo a sé. Possiamo combattere il servilismo reiterato che ha portato gli infermieri alla sudditanza professionale nei confronti dei medici, ma mica dobbiamo contrastare tutto e tutti a prescindere.

Imparare a collaborare e comunicare con medici e colleghi e farlo da pari, professionisti con diverse competenze, è una abilità preziosa e che si allena con il tempo e l’esperienza. Non si impara all’università.

Per non parlare del rapporto con il paziente, non abbiamo idea di quanto una comunicazione efficace con l’assistito e i suoi parenti aumenti la collaborazione e migliori la gestione del paziente.

E non parliamo di ascolto attivo e di iddiliaci interventi di counselling ma di porsi al paziente con un atteggiamento gentile e distaccato anche quando sei stressato dalla mole di lavoro, di responsabilità, dal collega burbero che ti accusa di ogni inezia, dal medico che pretende più attenzione di quanto tu possa dargliene, dalle insistenti richieste del paziente nella camera 1 che prima vuole il cuscino dritto e poi lo vuole storto… non è semplice pazienza, è meditazione.

È raggiungere un livello di illuminazione zen tale che, anche il più imperturbabile monaco buddista (che levati proprio!) si chieda: come diavolo fai a non urlare e distruggere tutto?

8) Il 50% del tuo lavoro è burocrazia

Se non lo documenti, non è mai successo. Quindi se lo fai, lo devi documentare. Quindici minuti per inserire un catetere vescicale e cinque per documentarlo. Cinque minuti per fare un certo numero di domande e una buona valutazione e dieci per compilare ed aggiornare scale di Conley, Braden e Barthel.

Compilare accuratamente il diario infermieristico per cristallizzare il progresso assistenziale del paziente. Ancora oggi non sono riuscito a capire se passo più tempo a scrivere o a assistere effettivamente i pazienti.

9) Ho visto cose che vuoi umani non potete neanche immaginare

Ho visto cose che vuoi umani non potete neanche immaginare“(cit.). Ma anche gli infermieri non scherzano mica. Alle volte cose esilaranti, troppo spesso però, strazianti e orribili.

Certe volte assisti ad eventi che non sai esattamente dove e come circoscrivere: se tra gli eventi meravigliosi della vita o tra quelli peggiori a cui potrai assistere come uomo o donna.

La sofferenza fisica, la morte, il dolore di chi sopravvive al defunto, tutto questo è il nostro pane quotidiano. Ed anche se lo affrontiamo ogni giorno con apparente serenità, ogni volta che ci scontriamo con la caducità della vita, una parte di noi soffre la consapevolezza di essere sostanzialmente fatti di carne.

E per questo che continuiamo a scherzarci su. Non potremmo affrontare tutto con la serietà che le situazioni meritano. Non ci biasimate, siamo fatti di carne anche noi.

10) Lo stipendio non paga

Se da disoccupato uno stipendio qualsiasi è un sogno ad occhi aperti, quando lavori capisci che alla fine vieni pagato quanto un impiegato la cui massima responsabilità è non sprecare carta (che poi l’ambiente soffre) e a ragione un po’ ti girano.

Alla fine continui a farlo per altri motivi. Motivi che non ti sono nemmeno del tutto chiari.

Forse perché non è facile tornare indietro: quando hai affrontato la morte, riso di gusto e vissuto il tutto con colleghi e medici, salvato qualche vita di tanto in tanto, forse non ti basterà più risparmiare la carta come fanno alcuni impiegati…non lo fai per i soldi, continui perché c’è poco altro di più significativo del lavoro dell’infermiere.

Ma anche se avessi voluto sapere certe cose prima di diventare un infermiere, non mi pento mai di essere diventato la persona che sono oggi, e non solo grazie a, ma nonostante tutto questo. Alla fine ne siamo tutti segretamente orgogliosi! E poi che ne sanno gli impiegati dietro le scrivanie…

Autore: Dario Tobruk

Aggiornato il 26/09/2020

 

ECG facile: dalle basi all’essenziale

FORMATO CARTACEO

ECG facile

Quando un infermiere entra in un nuovo contesto lavorativo, viene investito da un’onda di gigantesche proporzioni di protocolli, nozioni, dinamiche, relazioni e migliaia di cose da sapere. Fortunatamente, però, la saggezza professionale insegna che le cose hanno, alla fine, sempre la stessa dinamica: prima è tutto difficile, poi diventa normale, e prima o poi le cose si faranno semplici. È un ciclo che si ripete. Quale che sia il reparto o il servizio, prima si affronterà la montagna e prima si potrà godere della vista incantevole dei picchi a fianco delle nuvole, e scendere a valle soddisfatti del cammino, pronti per la prossima sfida. L’interpretazione dell’elettrocardiogramma è una di queste sfide. Lo scopo di questo breve manuale è guidare il sanitario, per quanto sia possibile, verso il pendio più semplice da scalare, aiutandolo passo dopo passo ad acquisire gli strumenti per non cedere mai di fronte alle avversità. A differenza dei numerosi manuali di autoapprendimento all’interpretazione dell’ECG disponibili nelle librerie e sul mercato, questo testo non è stato pensato per medici, ma è scritto e pensato per il personale sanitario come l’infermiere o, se volete, il tecnico sanitario perfusionista o di radiologia, che ogni giorno si confrontano con questo meraviglioso strumento di indagine. Il manuale tra le vostre mani ha il solo scopo di farvi sviluppare un unico superpotere: saper discriminare un tracciato normale da uno patologico, sapere quando dovrete segnalarlo al medico, e possibilmente salvare la vita del paziente. Scusate se è poco! Dario Tobruk Infermiere di area critica, ha lavorato in Cardiologia e UTIC e si è specializzato in ambito cardiologico. Da sempre persegue l’obiettivo di occuparsi di informazione, divulgazione e comunicazione medico-scientifica. In collaborazione con la casa editrice Maggioli, ha fondato dimensioneinfermiere. it, che tuttora dirige.

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