Dialisi Peritoneale: Guida Completa all’Assistenza Infermieristica

Dario Tobruk 14/11/16
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Elementi, meccanismi fisiologici, teoria e pratica di assistenza infermieristica al paziente in dialisi peritoneale

Per aiutarvi nella navigazione della guida, qui di seguito un breve indice di quello che troverete. Per dovere di completezza dell’argomento: il post è decisamente lungo 😉 Elementi base della Dialisi Peritoneale ↓

  • Il Dializzato
  • Il Peritoneo come membrana semimpermeabile
  • I fattori che condizionano la permeabilità del peritoneo
  • Le Soluzioni di Dialisi Peritoneale
  • L’Educazione alla gestione delle sacche di soluzione
  • Il Catetere Peritoneale

 

Assistenza Infermieristica Pre e Post Posizionamento di Catetere Peritoneale

  • Il giorno prima del posizionamento del Catetere Peritoneale
  • Il giorno dell’intervento
  • Dopo l’intervento di posizionamento del Catetere Peritoneale
  • A lungo termine

Assistenza Infermieristica all’esecuzione della Dialisi Peritoneale

  • Metodi e Sistemi di Connessione Sacca-Catetere
  • Tecniche della Dialisi Peritoneale
  • Metodiche della Dialisi Peritoneale

Procedura Infermieristica di un cambio CAPD durante la Dialisi Peritoneale

  • Tecnica del cambio del sacchetto

Gestione Infermieristica delle complicanze infettive e non infettive proprie della Dialisi Peritoneale

  • Exit-site e catetere
  • Educazione del paziente alla prevenzione delle complicanze della Dialisi Peritoneale

Principali complicanze patologiche

  • Peritonite sclerosante
  • Erniazioni
  • Leakage
  • Emoperitoneo
  • Ostruzione del catetere e scarico difficoltoso
  • Dislocazione del catetere
  • Perforazione intestinale
  • Complicanze cardiovascolari
  • Anemia

Elementi base della Dialisi Peritoneale

Gli elementi che prendono parte alla Dialisi Peritoneale sono classicamente due liquidi (il sangue e il dializzato ) interposti da una membrana semimpermeabile (la membrana peritoneale)

Il Dializzato

La soluzione dialitica occupa uno spazio considerato virtuale il cavo peritoneale, in cui fisiologicamente è presente un liquido lubrificante di poco più di 30 ml. Nella maggior parte degli adulti è possibile inserire volumi di 2 litri, e in una minore percentuale arrivare persino a 3 litri.

CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=506641
CC BY-SA 3.0, Cavo peritoneale in blu https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=506641

Il Peritoneo come membrana semimpermeabile

Il flusso ematico capillare efficace per la depurazione, ossia il flusso nei capillari peritoneali si stima intorno ai 60-100 ml/min. Purtroppo non viene impiegato tutto il potenziale capillare dalla membrana, nonostante le arteriole peritoneali originano 5-8 capillari, solo il 20% di questi viene perfuso. Stimoli fisiologici o farmacologici possono influire sul numero di capillari utilizzati, sulla distensione e sul flusso ematico aumentando la superficie capillare “efficace” allo scambio di soluti. Con membrana peritoneale non s’identifica la struttura anatomica in sé, bensì tutta la somma dei tessuti attori che s’interpongono durante gli scambi tra il sangue e il dializzato. Questa membrana è formata da tre strutture anatomiche: parete capillare (che divide il lume capillare dall’interstizio), interstizio (divide la parete capillare da quella basale peritoneale) e superficie peritoneale. Un soluto per raggiungere, dal lume capillare, il dializzato deve attraversare ben sette diverse resistenze:

  • uno strato di plasma stagnante a ridosso della parete capillare,
  • endotelio e membrana capillare,
  • strato interstiziale connettivale in cui sono immersi molteplici elementi tra cui macromolecole che possono legare grandi quantità di acqua,
  • la membrana basale
  • il mesotelio peritoneale,
  • infine microvilli presenti sul mesotelio che oltre ad aumentare la superficie di scambio e diminuire gli attriti produce un film stagnante miscela di fosfolipidi idrorepellenti.

I fattori che condizionano la permeabilità del peritoneo

Questa membrana quindi non essendo sintetica e statica ma biologica e quindi “viva” soggiace a diversi fattori che implicano variazioni nei tre fenomeni dialitici: la diffusione, l’ultrafiltrazione e la convezione. Questi fattori sono: Le pressioni, oncotica e idrostatica del sangue, dell’ interstizio e del dializzato, che dipendono a loro volta dallo stato di pressione arteriosa, dal livello di idratazione dell’interstizio, e dai volumi dei liquidi e dalle pressioni intraddominali. Il tempo. Diffusione e ultrafiltrazione richiedono una certa quantità di tempo a causa delle varie resistenze che i soluti e i liquidi incontrano dal passaggio tra i lumi. Man mano che i soluti si equilibrano tra le due soluzioni, diminuisce nel tempo la velocità di diffusione(clearence peritoneale), in esempio l’urea impiega 4-6 ore per raggiungere uguali concentrazioni sia nel plasma che nel dializzato. Anche l’ultrafiltrazione si comporta come una curva in un grafico temporale. Le soluzioni glucosate durante l’assorbimento dei volumi ultrafiltrati diluiscono le loro concentrazioni, e lo stesso glucosio viene assorbito. Tra le sei e otto ore si raggiunge il picco di volume assorbito, dopodiché la curva diventa negativa per riassorbimento da parte del sangue e da parte del sistema linfatico. Superficie peritoneale, il flusso di un soluto è tanto maggiore quanto la superficie di scambio è disponibile. Interventi chirurgici, peritoniti possono comportare aderenze o fibrotizzazioni che riducono la superficie di scambio. Anche un inadeguato volume di liquidi, che non sfrutta tutta la superficie peritoneale disponibile, determina una minor efficienza dialitica. Permeabilità della membrana. Un processo infiammatorio come la peritonite può alterare anatomicamente le resistenze della membrana. E’ riscontrato che durante la peritonite c’è un maggiore assorbimento di glucosio e quindi una minore ultrafiltrazione, ma la vasodilatazione che comporta l’infiammazione aumenta il numero di capillari perfusi e quindi aumenta anche gli scambi di soluti. Durante le peritoniti viene eliminato il mesotelio e quindi aumenta la permeabilità ma nei fenomeni di riparazione successivi alla guarigione determina una fibrosi che aumenta le resistenze alla diffusione dei soluti. Concentrazione dell’agente osmotico nella soluzione dialitica. Maggiore è la concentrazione di glucosio, maggiore sarà l’ultrafiltrazione. E’ da ricordare che alti livelli di concentrazione di soluti possono avere effetti negativi sulla membrana peritoneale, quindi è bene valutare sempre il rapporto costi (biologici)/benefici (ultrafiltrazione efficace).

Le Soluzioni di Dialisi Peritoneale

La soluzione permette al paziente di scambiare con l’esterno diverse sostanze al fine di annullare le alterazioni metaboliche dello stato uremico del paziente e integrare il paziente ove carente di metaboliti. La soluzione deve essere biocompatibile ossia capace di mantenere le caratteristiche anatomiche e funzionali del peritoneo immutate nel tempo, giacché tale soluzione deve impiegare un certo intervallo in cavità affinché gli scambi avvinghino. Tra le varie tipologie di soluti presenti nelle soluzioni, obbligatoriamente sono presenti almeno tre componenti che rappresentano le forze che permettono la convezione, l’osmosi e il tamponamento dell’acidosi:

  • Gli elettroliti: Sodio, Potassio, Calcio e Magnesio
  • Gli agenti osmotici: la ricerca sta studiando la combinazione più biocompatibile. A basso peso molecolare abbiamo il glucosio, il glicerolo, fruttosio o xylitolo, l’amminoacido glicina. Ad alto peso molecolare abbiamo l’albumina, poliglucosio e peptidi.
  • Gli agenti tampone: ultimamente si utilizza solo il lattato per la minore presenza di effetti collaterali, ma spesso sono presenti soluzioni di bicarbonato divise in camere con valvola a frattura nelle sacche, evitando che precipiti interagendo con il calcio o il magnesio durante la sterilizzazione.

Le soluzioni nel liquido di dialisi e le sue funzioni

Componenti della soluzione di dialisi peritoneale
Componenti della soluzione di dialisi peritoneale
Le soluzioni sono quindi conservate in sacche commerciali, si possono suddividere per concentrazioni in glucosio in sacche a bassa concentrazione (dall’1,36% all’1,5%), media (da 2,27% a 2,5%), e ad alta concentrazione (da 3,86% a 4,0%). E’ possibile trovare soluzioni alternative come le icodestrine al 7,5% e gli amminoacidi all’1%. Le varie concentrazioni sono usate per ottenere ultrafiltrazioni di quantità di liquidi diversi, fino a 1000 ml con soluzioni ad alta concentrazione.

L’Educazione sanitaria nella gestione delle sacche di soluzione

L’infermiere nel training deve educare il paziente a manovrare e conservare le sacche al fine di evitarne alterazioni, perdite, o contaminazioni che porterebbero a gravare la situazione clinica del paziente. Ogni sacca ha una data di scadenza, risulta limpida e la sacca si presenta come integra, se queste condizioni non sono rispettate l’infermiere deve spiegare al paziente che non deve assolutamente usarle. Per migliorare il comfort durante uno scambio, si può riscaldare la soluzione fino a una temperatura più confortevole: usare uno scaldasacche o in assenza avvolgere la sacca con un telo e appoggiarla su una borsa calda, evitare assolutamente altri metodi. Le sacche devono essere conservate in un luogo in cui non vi siano sbalzi di temperatura eccessivi, come inferiori ai 4° o troppo caldi, ed è consigliabile tenerle vicine al luogo di scambio, magari adibendo una stanza dedicata in cui si concentreranno tutti gli sforzi organizzativi, preventivi e igienici.

Il Catetere Peritoneale

Si tratta di un piccolo tubo di materiale plastico inserito nell’addome, precisamente nella cavità peritoneale. L’inserimento avviene chirurgicamente, o recentemente attraverso videolaparoscopia. L’emergenza cutanea o “exit-site” è la zona di catetere che fuoriesce dalla cute, è posta due o tre centimetri sotto l’ombelico, inserendosi o sulla linea alba o nel muscolo rettale dell’addome. L’Exit-site è la parte finale del tunnel sottocutaneo in cui viene fatto passare il catetere prima di entrare nella cavità peritoneale. Nella cavità la punta del catetere mostra numerosi fori laterali e uno terminale, oltre ad essere arrotolata su se stessa in modo da prevenire il malposizionamento o l’avvolgimento omentale. “Si definisce sinus il tratto di cute invaginata che dall’emergenza si porta verso l’interno, lungo il catetere peritoneale” (De Vecchi 2004’).

paziente con catetere peritoneale
paziente con catetere peritoneale, immagine in rete
 
catetere peitoneale
catetere peitoneale
Il catetere finora usato e non ancora abbandonato è il Tenckhoff siglato con TC: presenta una doppia cuffiatura e come già detto la parte finale arrotolata. Diverse variazioni sul numero delle cuffie non hanno avuto il benestare delle ricerche che attestano all’impostazione TC la migliore prevenzione possibile delle complicanze infettive, di dislocazione e di leakege. La ricerca però consiglia di migliorare sia le tecniche chirurgiche di posizionamento, che alle modalità di cura nell’immediato post-operatorio e a distanza.   Le competenze infermieristiche sono sia relazionali/educative sia tecniche.

Assistenza Infermieristica Pre e Post Posizionamento di Catetere Peritoneale

Il giorno prima del posizionamento del Catetere Peritoneale

1. Informare il paziente, non limitandosi ad una mera spiegazione dell’intervento, ma affrontando i dubbi e le ansie del paziente con un approccio olistico, magari basato sulla cooperazione dell’equipe multidisciplinare durante il periodo di predialisi 2. Preparazione tecnica: a. Assicurarsi che il paziente abbia compreso di dover seguire una dieta ricca di fibre (per i due giorni prima dell’intervento) e di eseguire un clistere di pulizia (la sera prima), al fine di presentare un intestino libero. b. Doccia antisettica le ore prima.

Il giorno dell’intervento

  1. Svuotamento della vescica o inserimento del catetere vescicale
  2. Somministrazione della terapia prescritta e incannulare una vena periferica.
  3. Trasporto del paziente in sala operatoria, corretto posizionamento con evidenza della finestra chirurgica, tricotomia dell’addome sino alla sinfisi pubica
  4. Preparare il paziente con mascherina, camice e cuffia, monouso.
  5. Predisporre e verificare presenza del materiale necessario alla corretta esecuzione dell’intervento.
  6. Monitorare il paziente
  7. Disinfettare la finestra chirurgica. Secondo le ultime ricerche l’uso di soluzioni iodiopovidone confrontate con la sola pulizia dell’exit-site con soluzione fisiologica non mostra particolari vantaggi nel prevenire le infezioni (Yavascan O, Anil M, 2011). Mentre l’uso di mupirocina e gentamicina presentano evidenze maggiori nei casi di exit-site con segni di infezione “Conclusions. Mupirocin prophylaxis was effective on preventing ESI and peritonitis due to S. aureus and other organisms in PD patients.” (Gaosi Xu,2010) e “L’applicazione topica sull’exit-site della gentamicina oltre ad essere efficace quanto la mupirocina nel ridurre le infezioni da Stafilococco aureo, riduce l’incidenza di peritonite” (G. Amici, R. Russo, A. De Vecchi 2007)

Dopo l’intervento di posizionamento del Catetere Peritoneale

  1. Verificare condizioni generali e monitorare i parametri vitali.
  2. Controllare le ferite chirurgiche e l’exit-site per possibile leakage (perdite) o sanguinamento.
  3. Ancorare il catetere con cerotti anallergici.
  4. Verificare e favorire nei successivi quindici giorni la guarigione della ferita al fine di prevenire le complicanze infettive e l’erniazione:
    • Effettuare lavaggi del catetere con piccoli volumi per evitare che coaguli di sangue o fibrina ostruiscano il catetere, documentare le caratteristiche dei liquidi in uscita per verificare sanguinamenti.
    • Medicare(m.semiocclusiva) e controllare l’exit-site ogni 3-4 giorni( aumentare frequenza se presente sanguinamento), coprire l’exit-site con garze sterili.
    • Educare il paziente ad evitare traumatismi nella zona come l’uso del cuscino sull’addome per sostenere la parete addominale durante colpi di tosse o starnuti.
    • Togliere i punti di sutura nei 7-8 giorni successivi. Ritardare di quindici giorni la dialisi se il posizionamento è chirurgico.

A lungo termine

Numerosi studi indicano come non indispensabile la pulizia giornaliera dell’emergenza con disinfettanti topici che alla lunga possono danneggiare il tessuto, la pulizia deve essere largamente alternata con soluzione fisiologica e sapone, nei casi di un’emergenza perfetta sotto la doccia è utile dirigere il getto d’acqua per allontanare sporcizia e desquamazioni, ma si consiglia di asciugare (magari con phon) successivamente. L’infermiere deve controllare e valutare periodicamente il sito a rischio d’infezioni. Esistono diverse schede di valutazione usate dall’infermiere per monitorare segni e sintomi, valutano di base quattro parametri: arrossamento, secrezione, granulazione, dolore. L’infermiere valuta il grado di ogni parametro e classifica un’emergenza se è sana o se è a rischio infezione.

“È consigliabile, per monitorare le infezioni dell’ES, una scheda di valutazione infermieristica che esamini i segni d’infiammazione: arrossamento, secrezione, tessuto di granulazione e dolore. Con questi segni è possibile classificare le alterazioni dell’ES adottando il sistema più agile e pragmatico proposto dal Gruppo Cooperativo per lo Studio della DP in Italia (10): – Emergenza sana: colore dell’emergenza naturale, senza crosta o arrossamento né secrezione purulenta o sierosa. – Emergenza da trattare: secrezione purulenta e/o sierosa associata ad arrossamento della cute circostante e a coltura positiva. – Emergenza da osservare: presenza di crosta, o arrossamento senza secrezione purulenta, presenza di cheloide senza secrezione sierosa o purulenta, presenza di secrezione sierosa durante la maturazione dell’emergenza (primi 2-3 mesi).” (De Vecchi, 2003)

immagine di un exit-site sano e di uno infetto
immagine di un exit-site sano e di uno infetto
In seguito si valuterà secondo il caso il bisogno della corretta terapia. Educare il paziente a indossare una mascherina ogni qualvolta scopre l’Exit Site per evitare infezioni da Stafilocco A. attraverso flugge soprattutto nei pazienti che presentano popolazioni batteriche nasali. Secondo ricerche è consigliabile mantenere una medicazione semiocclusiva sull’emergenza oltre a difendere il sito evita trazioni inutili ancorando il catetere, soprattutto nei pazienti che presentano anche minime situazioni patologiche.

Assistenza Infermieristica all’esecuzione della Dialisi Peritoneale

Metodi e Sistemi di Connessione Sacca-Catetere

Un punto centrale pressoché cardinale su cui il futuro successo della dialisi peritoneale si basa è la connessione delle sacche al catetere peritoneale. Ciò che ancora relega la Dialisi Peritoneale come un’alternativa all’emodialisi sono le complicanze infettive (soprattutto le peritoniti), ed è nel momento in cui vengono connessi tra di loro i vari componenti che si esplica il maggior rischio di contaminazione batterica e infezione. Attualmente grazie ad un attento lavoro di ricerca ed evoluzione è stata messo in atto una metodica di connessione che limita a 3 i momenti di criticità:

  1. Rimozione del tappo di protezione dall’estremo del catetere.
  2. Rimozione del tappo di protezione dalla sacca.
  3. Connessione della sacca con il catetere.

Questo sistema è il risultato di un’evoluzione di altri precedenti sistemi di carico/scarico, l’uso di un sistema a “Y” combinato a un sistema a Doppia sacca. In concreto è una singola estensione del catetere peritoneale che si collega a una linea che si dirama in due branche (e quindi a “Y”) direttamente collegate alle sacche usate durante la CAPD. Ultimamente nuovi sistemi in commercio assicurano grazie ad un complesso meccanismo, interno a una scocca circolare, di intermediare a ogni connessione del set paziente al monouso una valvola di sicurezza chiamata CAP che isola il lume della linea del catetere da ogni possibile contaminazione. Questo fino a che collegato il set paziente con la scocca del sistema il CAP, che occlude il lume della linea, viene rimosso così da permettere alla linea di collegarsi con le sacche. Quando il carico/scarico termina il congegno riocclude con un altro CAP la linea prima che venga scollegata la sacca con il set paziente.

Tecniche della Dialisi Peritoneale

Dopo avere esposto gli elementi fondamentali della Dialisi Peritoneale ossia il peritoneo, la soluzione di dialisi e il catetere peritoneale, possiamo elencare le diverse tecniche usate. Le tecniche si dividono in manuali ed automatizzate, e la loro scelta varia da diversi fattori come il bisogno, le abitudini, le preferenze e i limiti del paziente ed ovviamente le esigenze cliniche e riabilitative. Le fasi di ogni tecnica si riassumono in:

  • Carico della soluzione di dialisi attraverso il catetere peritoneale
  • Sosta, che è il tempo in cui la soluzione viene lasciata all’interno della cavità addominale per effettuare gli scambi.
  • Scarico della soluzione satura di scorie attraverso il catetere peritoneale
carico e scarico in dialisi peritoneale
carico e scarico in dialisi peritoneale, fonte: http://images.slideplayer.it/1/551177/slides/slide_33.jpg

Metodiche della Dialisi Peritoneale

CAPD: Dialisi peritoneale ambulatoriale continua

Prevede la permanenza di liquido di dialisi nella cavità peritoneale per ventiquattro ore al giorno con periodiche sostituzioni durante il giorno che durano circa 20-30 minuti. E’ la forma più comune poiché permette la massima libertà durante i periodi in cui non si effettuano scambi. Deve essere eseguito in un luogo organizzato e pulito. E’ standard quando vi sono scambi di circa 8 litri al giorno mentre ad alto dosaggio se superiori ai 9 litri.

DAPD: Dialisi peritoneale ambulatoriale diurna.

Simile al CAPD ma senza soste di liquido di dialisi nelle ore notturne. Non molto frequente. Mentre le metodiche automatizzate sono le dialisi peritoneale automatizzate o APD, prevedono l’uso di un’apparecchiatura chiamato cycler per eseguire le fasi di carico e scarico del dialisato. Solitamente il trattamento si esegue durante la notte mentre il paziente dorme.

CCPD: Dialisi ambulatoriale ciclica continua.

Prevede scambi di breve durata nelle ore notturne, mentre il paziente è collegato ad un cycler, e permanenza di dialisato in addome durante il giorno per aumentare l’efficacia del trattamento. Circa 8 litri di scambi notturni e 2 litri in cavità durante il giorno.

NIPD: Dialisi peritoneale intermittente notturna.

Prevede lo scambio di liquidi esclusivamente la notte tra i 10 e i 20 litri.

TPD: Dialisi peritoneale Tidal.

Notturna in cui non si scarica completamente l’addome in modo da sfruttare la maggiore capacità depurativa del dialisato.

BreakPOINT

E’ simile alla TPD ma qui la macchina effettua lo scambio quando rileva una significativa riduzione della velocità di flusso di scarico, mentre la TPD lo esegue periodicamente nel tempo.

Procedura Infermieristica di un cambio CAPD durante la Dialisi Peritoneale

Di seguito sarà mostrato come generalmente viene redatta una procedura per un carico/scarico di una sacca. Materiale occorrente: Un ambiente pulito, tranquillo e isolato. Sedia, tavolo di lavoro disinfettabile, piano di lavoro, sostegno con due ganci per le sacche, bilancia per persona e a molla per i sacchetti, dispensatore per sapone, cestino per rifiuti, dispositivi di protezione individuale, timer, diario di dialisi, kit per CAPD.

Tecnica del cambio del sacchetto:

  1. Chiudere porte e finestre.
  2. Preparare gli accessori: in particolare: contenitore di disinfettanti, disinfettanti spray, tamponi, compresse, sacchetto con scarico di riserva, mascherina, pinze, bilance, secchi per rifiuti ecc.
  3. Riscaldare il sacchetto.
  4. Far fuoriuscire il liquido di dialisi.
  5. Detergere con un disinfettante la superficie di lavoro.
  6. Indossare la mascherina.
  7. Lavare le mani in maniera antisettica per tre minuti con acqua, sapone, spazzola e una sostanza disinfettante; successivamente asciugare le mani con salviette monouso.
  8. Prendere il nuovo sacchetto dalla confezione e controllarne l’integrità, la limpidezza, la data di scadenza, la presenza di eventuali difetti e la composizione del contenuto.
  9. Aprire il cono di frantumazione nel sacchetto di dialisi, aprire le pinze, iniziare a far affluire il dializzato fresco.
  10. Dopo aver completato l’afflusso del dializzato completare la manovra di stacco secondo le istruzioni del set.
  11. Controllare il dializzato consumato tenendo il sacchetto controluce. Bisogna valutare se il dializzato è chiaro, torbido o velato; lievi velature indicano la presenza di fili di fibrina.
  12. Se il liquido di dialisi è chiaro il sacchetto usato va svuotato; nel caso vi sia torbidità, il vecchio sacchetto con il dializzato deve essere conservato e portato nel centro di cura, che deve essere immediatamente informato e consultato.
  13. Compilare il diario di dialisi.

Questo è solo un possibile esempio di una tecnica di cambio del sacchetto di soluzione, la quale può essere diversa da sistema a sistema; in ogni caso, bisogna tener conto delle indicazioni del produttore. L’accurato apprendimento della tecnica del cambio del sacchetto è di grandissima importanza per il paziente; ogni movimento deve essere calcolato e si deve fare in modo che i pazienti acquisiscano una perfetta padronanza della tecnica.

Un video dimostrativo sulla dialisi peritoneale su youtube:

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