Infermieri accusati di essere “disumani” dai familiari dei pazienti

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Come sono lontani i tempi degli “eroi”… Quelli in cui quando, in pieno lockdown, se li fermava una volante della Polizia, gli bastava dire “siamo infermieri, stiamo andando al lavoro”, che nemmeno gli venivano chiesti i documenti, si ritrovavano con la strada spianata verso l’ospedale e quasi gli piovevano dei petali di rosa sul parabrezza.

Quelli in cui a forza di vedere i cittadini con gli occhi pregni di riconoscenza e i politici con l’acqua alla gola intenti a fare spropositate promesse, si è veramente sperato che qualcosa stesse cambiando e che un sacrosanto riconoscimento, anche sociale, fosse finalmente alle porte.


E invece… Ad oggi ci si ritrova con una professione agonizzante, che non viene scelta più da nessuno, presa a pesci in faccia un po’ da tutti (cittadini inclusi), i cui attori sono stanchi anche di lottare e appena possono fuggono altrove senza ripensamenti; addirittura verso mestieri per cui non serve una laurea, ma che spesso sono più redditizi e permettono una vita diversa (VEDI “Gli infermieri lasciano gli ospedali per fare gli operai, i commessi o i badanti”).

L’ultima triste parentesi che fa riflettere non poco su quella che ormai è una distanza siderale dal periodo degli “angeli”, arriva da Salerno: come riportato dal sindacato Nursind (VEDI Il Mattino), numerosi parenti di pazienti ricoverati presso gli ospedali dell’Azienda Ruggi si sono lamentati sul divieto di assistere notte e giorno i loro congiunti e hanno denunciato una presunta «disumanizzazione del personale infermieristico».


Dal sindacato, che ha definito «inaccettabile» quest’ultimo insulto alla categoria, fanno sapere: «Bene ha fatto il direttore generale a chiarire che i pazienti non autosufficienti di norma sono assistiti dai propri parenti e badanti durante il ricovero, ma altrettanto bene avrebbe fatto a ricordare che non è mera facoltà di chicchessia disciplinare l’accesso dall’esterno alle strutture ospedaliere, bensì il tutto deriva da una normativa nazionale che, in virtù della dichiarazione della fine della fase pandemica da Covid 19, ha determinato regole chiare ed universali, chiarendo nel contempo che i pazienti minori o non autosufficienti avessero la possibilità di essere assistiti da un familiare o da un caregiver 24 ore su 24.

Non si capisce bene, quindi, da dove derivi la supposta ed infamante definizione di disumanità addossata al personale infermieristico e agli operatori socio sanitari. La stessa cosa la ricordiamo a chi oggi sputa veleno su di loro, che hanno combattuto in prima linea durante la pandemia a mani nude e senza tirarsi mai indietro, dimostrando di sapersi anche reinventare per affrontare un male che nessuno conosceva.


Vogliamo ricordare a chi fa spregio della professionalità altrui che i pericoli, dovuti alla commistione continua di personale esterno alle strutture sanitarie, che non si fermano al solo Covid. Basti pensare alla piaga delle infezioni nosocomiali che ha portato a registrare la maggior antibiotico resistenza a livello europeo degli ultimi 10 anni, che ha determinato la diffusione delle infezioni correlate all’assistenza causate da microrganismi antibiotico-resistenti (e il limitato controllo di queste infezioni).

Ed è bene, inoltre, che si spieghi bene quale sia il concetto di assistenza diversamente da quello di visita, in quanto, evidentemente, qualcuno vorrebbe surrogare professionisti con anni di studi e di esperienza per il solo fatto di essere un parente dell’assistito stesso. Ecco perché chiediamo alla direzione strategica del “Ruggi” una dura presa di posizione a difesa del personale infermieristico e degli operatori socio sanitari, vigliaccamente vilipeso da chi di sanità, evidentemente, non capisce nulla».

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Alessio Biondino