Primary Nursing: cosa è, com’è organizzato e a cosa serve

Definizione e implementazione del primary nursing

Dario Tobruk 10/06/21
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Il primary nursing può essere definito come la naturale evoluzione dell’assistenza infermieristica da un modello per compiti ad un modello di assistenza personalizzata e fondata da principi umanistici, risposta olistica ai bisogni dell’uomo.

Cosa è il Primary Nursing?

È riduttivo definire il primary nursing soltanto come una nuova modalità per organizzare l’attività assistenziale degli infermieri o un nuovo modo di assegnare gruppi di pazienti agli infermieri, ma piuttosto è necessario concepire il primary nursing come un modello che pone le basi per una nuova pratica infermieristica, basata sulle relazioni umane e guidata dall’autonomia e dalla professionalità infermieristica.

Un testo assolutamente di riferimento e che consigliamo per conoscere questo approccio assistenziale è il testo edito dalla casa editrice Maggioli: Primary nursing. Conoscere e utilizzare il modello (scoprilo su Amazon!).

Marie Manthey, infermiera ricercatrice e madre del modello, afferma come “il primary nursing sia un approccio logico al prendersi cura delle persone ammalate nel modo in cui noi vorremmo essere curati se fossimo ammalati“.

Quindi non si limita come il modello funzionale (per compiti) o quello per piccola équipe alla risoluzione puramente tecnica e operativa del processo terapeutico del malato, ma sfrutta completamente le abilità degli infermieri attraverso una modalità di responsabilizzazione verso il paziente.

Come è organizzato il Primary Nursing?

L’intuizione della Manthey fu quella di assegnare la completa responsabilità assistenziale del paziente nelle 24 ore ad un singolo professionista definendolo infermiere referente.

A differenza di altri vecchi modelli in cui l’assistenza è erogata per compiti, non molto dissimile da una catena di montaggio (terapia, igiene, visite mediche, trasferimenti, ecc…), il primary nursing supera il progetto terapeutico centrando il processo da operatore-centrico a paziente-centrico.

La presa di responsabilità del primary

Essenziale parte del modello, è la piena accettazione da parte del professionista delle responsabilità a lui attribuite dall’ammissione fino alla dimissione. Come descrive M. Manthey nel suo libro, diverse sono le aree di applicazione della responsabilità:

  • la raccolta e diffusione delle informazioni riguardanti il paziente;
  • la decisione di quali e quante informazioni siano necessarie per le cure del paziente sono determinate dall’infermiera di riferimento;
  • la decisione di come si debba attuare il piano di cura e quindi la stesura della pianificazione assistenziale, che deve diventare la guida per i colleghi che collaboreranno nel piano assistenziale;
  • le attività di cura saranno guidate dalla scelta dell’infermiere responsabile e condivise pienamente con il paziente;
  • la pianificazione precoce della dimissione per dare garanzia di continuità delle cure e per garantire al paziente e ai familiari un rientro al domicilio o un trasferimento ad altra struttura più sicuro e agevole.

Assegnazione secondo case method

La perfetta costruzione del binomio infermiere-paziente parte da un’adeguata scelta da parte del coordinatore sulla base di due criteri essenziali:

  • i bisogni espressi dal paziente e i rischi potenziali derivanti dal percorso clinico;
  • le capacità e le competenze dei propri collaboratori

Per rispettare quindi i criteri espressi: maggiore è la complessità del paziente maggiore dovranno essere le competenze e capacità dell’infermiere. Dovrà quindi essere il coordinatore a dover conoscere i bisogni dei propri pazienti, i rischi potenziali derivanti
dai percorsi clinici e le capacità e abilità dei propri infermieri.

In questo modo l’assegnazione dell’assistenza mette al centro il paziente e non l’organizzazione seguendo i bisogni del paziente stesso, l’organizzazione dovrà adattarsi.

La comunicazione

Assegnando il paziente ad un singolo infermiere, vengono completamente eliminate le inutili riunioni, i briefing e le consegne, in quanto è l’infermiere di riferimento che ha la responsabilità e la discrezione di informare gli altri professionisti su tutto ciò che riguarda il paziente.

Il modello avvicina l’infermiere al paziente e approfondisce la comunicazione tra i due,  permettendo un rapporto più stretto in un continuo flusso di informazioni. L’infermiere diventa advocate dei bisogni del paziente verso il resto del gruppo multidisciplinare.

Il paziente quindi vorrà affidarsi al proprio infermiere di riferimento per potersi accertare del proprio percorso, non dovrà quindi interpretare il percorso della malattia da solo e senza gli strumenti necessari ad una piena comprensione dei motivi che lo conducono ad una cura piuttosto che ad un altra.

L’infermiere primary, responsabile 24h su 24.

L’infermiere referente (o anche di riferimento) dovrà quindi occuparsi di rispondere dei bisogni del paziente in maniera totale (non è esentato dalle proprie responsabilità quando non in turno). Il referente è operativamente responsabile della qualità dell’assistenza erogata al paziente per tutto l’intero arco di tempo in cui quest’ultimo è fisicamente in reparto. “La qualità dell’assistenza migliorò molto perché l’infermiere primary poteva definire e risolvere i problemi del paziente, a beneficio del paziente stesso” (Manthey)Il resto del team dovrà portare avanti, in assenza del referente, il progetto da lui pianificato.

Pianificare ed erogare contemporaneamente assistenza determina nell’infermiere una maggiore consapevolezza dei piani di assistenza pianificati e, a ragione di ciò, verificare in tempo quelli inadeguati per i quali è necessario una revisione.

Il Primary Nurse, o infermiere di riferimento, pianifica in anticipo gli interventi assistenziali in cartella infermieristica specificando una continuità nel percorso di cura. Nei turni in cui esso sarà assente la continuità del processo assistenziale è garantita dalla pianificazione.

L’infermiere in turno che sostituisce il primary nurse dovrà perseguire quanto pianificato, rimanendo vigile sugli altri bisogni. Nel caso di variazioni che giustificano un cambiamento improvviso del piano, l’infermiere di riferimento andrà informato il prima possibile.

Questo modello, nel responsabilizzare completamente l’infermiere sugli outcome previsti, rende evidente le capacità ed eventualmente le incapacità dei professionisti nel gestire la presa in carico totale dei pazienti. Il coordinatore potrà quindi avere un continuo feedback sulle capacità dei propri collaboratori e ridefinire le assegnazioni secondo la sua discrezione.

Primary Nursing: Conoscere e utilizzare il modello

Numerose ricerche a livello internazionale, individuano nell’evoluzione delle competenze e del ruolo infermieristico la svolta positiva verso sistemi sanitari migliori. In paesi in cui il sistema sanitario si basa sul libero mercato, come quello USA, in cui un servizio funziona se efficace ed efficiente, agli infermieri sono state addirittura distribuite competenze avanzate nel campo “dei processi di diagnosi, cura e riabilitazione sui professionisti adatti per competenza senza utilizzare elevate conoscenze per attività sanitarie di media difficoltà“.

Quanto è concretizzato il Primary Nursing in Italia?

Dall’introduzione, a cura del Prof. Davide Croce, Direttore del Centro di Ricerca in Economia e Management in Sanità e nel Sociale (CREMS), del testo Primary nursing. Conoscere e utilizzare il modello, è evidente come ancora oggi, in Italia, per gli infermieri non vi sia spazio decisionale se non per mansioni ancillari e ausiliari dei processi terapeutici, oltre a quello occupato dal management medico (che con molta difficoltà tenta tutt’oggi di trattenere a sé potere decisionale e gestionale), portando la professione infermieristica ad un’assordante assenza di capacità di leadership.

Questa caratterizzazione dell’infermiere in Italia, causata anche dai modelli organizzativi con al centro il medico-manager, ha comportato l’assordante assenza di pubblicazioni e di ricerche nel settore infermieristico, e che non sarà facile colmare, ma anche pochi esempi e modelli di leadership, particolarmente importanti in una professione basata sul lavoro in team o in équipe.

Responsabilità quindi condivise tra medici, arroccati in anacronistiche pretese, e infermieri che non si sono mai affannati per togliersi di dosso un’aurea operaia, persistendo in modelli lavorativi per compiti e non provando neanche lontanamente a portare avanti un progetto di ricerca scientifica, condizione necessaria ma non sufficiente per potersi annoverare tra le professioni intellettuali.

Eppure qualcosa si muove. Il professore esalta i primi timidi passi intrapresi da molte realtà lavorative, tra cui l’esemplare applicazione del primary nursing in un centro di eccellenza quale l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano. Le parole del Prof. Umberto Veronesi, Direttore Scientifico dello stesso IRCCS, con la sua preziosa Prefazione:

Il testo si sviluppa con una sequenza logica descrivendo le innovazioni che il nostro avanzatissimo sistema infermieristico ha introdotto nel nostro Istituto, primo fra tutti il concetto della “centralità del paziente” intorno a cui deve ruotare tutto il sistema assistenziale infermieristico, medico, specialistico, educativo
e di ricerca.

Un impegno gigantesco che può essere portato a termine solo con un forte spirito di collaborazione e con la chiara finalizzazione al benessere del malato. Credo che nel complesso delle attività di un ospedale la compagine infermieristica rivesta un ruolo primario essendo ormai un vero pilastro dell’Istituto dove la cultura scientifica, la disponibilità totale davanti ai bisogni dei pazienti e dei suoi familiari, lo spirito di sacrificio, il senso di appartenenza ad una Istituzione d’avanguardia, la serenità dello spirito e l’ottimismo della volontà si combinano dando vigore e crescita al movimento infermieristico verso un futuro di
cultura e solidarietà.

Il volume si propone come un vero e proprio manuale d’uso e di pronta applicazione del modello di primary nursing nelle proprie unità operative.

Il testo è scritto per i professionisti di tutti i livelli, sia per la dirigenza che può e dovrebbe quantomeno sperimentarne i vantaggi sia per quegli operatori che siano già inseriti o meno in un modello organizzativo simile (o completamente diverso).

I numeri non dicono tutto ma aiutano a capire perché le professioni sanitarie fatichino a trovare modelli gestionali professionalmente appaganti.[…] citando Mintzberg, uno dei padri dell’organizzazione, se da una standardizzazione per processi (il nursing per compiti) passiamo a una standardizzazione sugli output (il primary nursing) ,nella strutturazione del coordinamento organizzativo dobbiamo probabilmente identificare funzioni e modelli diversi da quelli oggi presenti nei reparti ospedalieri. […] Da formatore nella Sanità pubblica, pur non appartenendo alle professioni, ho sempre osservato con dispiacere le difficoltà di riconoscimento di ruolo in Italia, soprattutto se comparate a quanto accade all’estero (basti pensare che in Sudafrica circa il 50% dei Direttori Generali di ospedali pubblici provengono dalla carriera infermieristica (grassetto mio)).

Il sistema sanitario italiano da troppo tempo necessità di rivoluzioni socio-economiche, strutturali e organizzative. Che si possa, attraverso il primary nursing, salvare un sistema ad oggi ancora tra i migliori al mondo e appena messo alla prova da una pandemia mondiale?

Autore: Dario Tobruk (Profilo Linkedin)

Sui modelli di lavoro infermieristico leggi anche:

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Dario Tobruk

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