Uil-Fpl: “La tassa OPI aumenta? La paghi l’azienda”

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L’aumento della tassa OPI in quel di Potenza ha scatenato l’ira del sindacato Uil-Fpl, che in una nota ha voluto esprimere tutto il suo disappunto per quest’altra stangata agli infermieri italiani. La riportiamo qui integralmente.

Incremento di 15 euro

“In questi giorni è arrivata  la  tassa dell’ordine degli infermieri e con un incremento della quota di ben 15 euro. A parere  della scrivente tale aumento  è intollerabile  ed inaccettabile in un momento di  forte crisi.

Su questo tema c’è un‘ampia giurisprudenza per cui abbiamo dato mandato al nostro legale di tutelare gli interessi dei nostri iscritti attraverso una prima causa pilota. Successivamente la estenderemo a tutti gli operatori che vorranno aderire.”

La “strategia”

“Come più volte scritto in  tutte le occasioni, la tassa per l’iscrizione all’ordine OPI (ordine professioni infermieristiche) deve essere a conto dal datore di lavoro e non dall’infermiere dipendente di struttura pubblica o privata convenzionata con il SSN.

La strategia adottata dagli OPI è divenuta quindi quella di trasferire direttamente al datore di lavoro l’incombenza di contestare la mancata oblazione della tassa a quel personale risultante non in regola.”

Le aziende, dal canto loro, sollecitate dagli ordini provinciali hanno, attraverso controlli interni, intimato nell’immediato a tutti gli infermieri non in regola di ottemperare nel più breve tempo possibile, pena, il licenziamento per giustificato motivo soggettivo.

Diversi contenziosi

La scelta strategica adottata ha avuto da subito i propri effetti e molti infermieri messi alle strette sono stati costretti a regolarizzare la loro posizione debitoria con l’ordine onde evitare contenziosi con il proprio datore di lavoro.

Non tutti però si sono lasciati intimidire ed anzi, molti hanno preferito ricorrere al tribunale in veste di giudice del lavoro per contestare tale tesi.

Sono oramai molteplici le sentenze che hanno dato ragione a tanti operatori  e, successivamente, ad altri ricorrenti; l’ultima in ordine di tempo è quella del tribunale di Pordenone (la sentenza n. 116 del 6 settembre 2019).

Ecco perché è ora di dire basta a questo sopruso”.

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Alessio Biondino

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