La UIL denuncia l’atteggiamento delle altre sigle sindacali, che hanno accettato aumenti contrattuali ritenuti irrisori per il rinnovo del contratto 2022-2024, insufficienti persino a coprire l’effettiva inflazione.
Una scelta che, di fatto, lascia gli infermieri nella stessa condizione di partenza: con una qualità della vita compromessa, sia sul piano economico che professionale. Se le istituzioni e la politica continueranno a ignorare questa deriva, il rischio non ricadrà solo sulla categoria, ma sull’intero sistema sanitario.
UIL: la vita impossibile degli infermieri
Mentre crescono le responsabilità e il peso assistenziale sulle spalle degli infermieri italiani, i loro stipendi fanno esattamente il contrario: scendono. Non è solo una sensazione diffusa tra i professionisti sanitari, ma un dato di fatto ormai difficile da ignorare.
Secondo i dati raccolti dalla Fondazione Gimbe, il potere d’acquisto degli infermieri è crollato rispetto a trent’anni fa. Tradotto in termini concreti: 14 mila euro in meno. Una cifra che non necessita di molte interpretazioni.
La fotografia delle retribuzioni italiane nel contesto internazionale è impietosa: i nostri infermieri guadagnano in media il 23% in meno rispetto ai colleghi degli altri paesi OCSE. Ed è proprio per questo che la UIL FPL ha detto no alla proposta di rinnovo del contratto 2022–2024: l’aumento lordo previsto del 5,78% sarebbe stato letteralmente divorato da un’inflazione reale al 17%. Il risultato? Una perdita secca del potere d’acquisto di oltre l’11%.
In termini pratici: poco più di 40 euro netti al mese. Questo sarebbe stato l’“aumento” per un infermiere della vecchia categoria D3. Un’elemosina che nessuna retorica sulla “vocazione” o “spirito di servizio” può giustificare.
Intanto, nei reparti e nei servizi territoriali, il clima è tutt’altro che sostenibile: turni infiniti, carichi di lavoro crescenti, aggressioni verbali e fisiche, e una totale assenza di riconoscimento professionale. Il risultato? Una fuga silenziosa, ma costante, dalla professione. Giovani che rinunciano ancora prima di cominciare e professionisti esperti che cambiano settore o lasciano il Paese.
La UIL FPL lancia un appello che non è più rinviabile: servono interventi strutturali. Serve un aumento dei salari all’altezza delle responsabilità. Serve sicurezza sul lavoro. Servono investimenti nella formazione e in nuove assunzioni. Serve, in poche parole, un piano serio per salvare la professione infermieristica.
Perché senza infermieri, il Servizio Sanitario Nazionale non regge.
E senza un servizio sanitario pubblico efficace, a pagarne il prezzo non saranno solo i professionisti. Ma tutti noi.
Fonte: Comunicato stampa UILFPL
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