Rientrato al lavoro dopo le ferie, Mattia, un infermiere vittima di omofobia, ha trovato sul proprio armadietto un insulto omofobo. Ma il collega ha le spalle larghe e ha saputo ribaltare magistralmente l’insulto contro i suoi autori con un post su Facebook, ricordandoci che, quell’infamia parla molto di più su chi lo ha scritto che non su chi ne era il bersaglio.
L’odio sconsiderato contro un collega
Grave episodio di omofobia nei confronti dell’infermiere Mattia Montanari che, rientrato dalle ferie, ha trovato un insulto irripetibile sul suo armadietto: “Fr*c** del ca**o”.
Originario di Forlì e in servizio a Cesena, dove vive felicemente sposato con il suo compagno da più di tre anni, Mattia non si aspettava certo di rientrare al lavoro e essere accolto da un’offesa tanto infame.
Come lui stesso racconta in un lungo post sul suo feed di Facebook, che condivide con orgoglio e con l’intento di denunciare tanta cattiveria, si dice allibito da tanto odio: “Senza un perché. Senza una ragione“.
Tre parole d’odio scritte su un armadietto per essere lette da chiunque, con lo scopo ignobile di ferire quanto più possibile un collega che, per qualche insensato motivo, deve essere etichettato per caratteristiche che non riguardano nessun altro che lui e che non si comprende come debbano far parte delle considerazioni, soprattutto così cattive, di altri.
Nel 2025 si pensa, o si spera, che certe dinamiche desuete siano state superate, ma alla fine, come spesso accade, c’è sempre qualcuno pronto a stupire… in negativo.
Dietro a un gesto simile non c’è solo cattiveria, ma una profonda ignoranza. Un buco nero logico per cui, come scrive lo stesso Mattia, “Non c’è niente da ragionare, non c’è niente da comprendere. Il tuo odio non è frutto di un’opinione. È feccia, è degrado, è livore. È pura cattiveria, frutto del tuo non saper vivere, del non conoscere le basi del rispetto, della convivenza civile, della tolleranza, dell’amore“.
Condividiamo pienamente.
Solo un’anima priva di amore e colma di odio può arrivare a generare e diffondere tanta sofferenza inutile.

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Le spalle larghe di Mattia
Ma Mattia, buon per lui, ha “spalle larghe” ed è in grado di sostenere il suo sorriso oltre questi attacchi puerili. Come supponiamo sia ormai ovvio, e come ricorda il collega, senza alcun dubbio: “Siete voi che siete sbagliati. E lo dico ancora, siete sbagliati.”
E il pensiero va subito a chi, a differenza di Mattia, non ha spalle così “larghissime” da riuscire a sostenere tanto odio. Denunciando direttamente gli autori del gesto, l’accusa è profonda: “Non vi interessa della sofferenza che create.“
Perché non è solo una questione deontologica (un collega sanitario capace di certi pensieri andrebbe radiato immediatamente) o legale. È una questione umana, di condivisione della stessa esistenza, dove già bastano guerre, pandemie e crisi economiche a renderci la vita difficile: che senso ha crearne altra, in modo così sterile, in un contesto simile?
E ancora un ultimo pensiero per chi sta soffrendo: “E se invece leggi, chiunque tu sia, e stai combattendo, stai guarendo, tieni a mente che non sei tu quell* che deve vergognarsi e chiedere scusa, che non sei sbagliato, che non sei sol*, che sei dalla parte giusta della storia. Queste persone non meritano la tua sofferenza.“.
Anche qui, condividiamo pienamente. E ci auguriamo che simili cattiverie siano sempre più viste come deprecabili, irripetibili, e fuori da ogni logica condivisibile.
Pertanto, auguriamo al collega che le sue spalle possano continuare a essere così larghe, ma che non abbia più bisogno di usarle per difendersi dal fuoco incrociato.
Siamo certi che Mattia sia un eccellente collega: le sue spalle servono a sorreggere il peso della sua professione, a beneficio di tutti i suoi pazienti.
Solo chi ama davvero può capirlo. E Mattia ama, chi ha scritto quello che ha scritto, invece no.
Autore: Dario Tobruk (seguimi anche su Linkedin – Facebook – Instagram – Threads)
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