la Malainformazione italiana: l’assistente sanitaria che non era un’infermiera nel caso delle mancate vaccinazioni

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La categoria infermieristica continua a subire il grave difetto d’informazione che costringe gli operatori sanitari a vedere la loro professionalità equiparata a quella di coloro i quali non sono infermieri. E’ accaduto di nuovo, questa volta il caso riguarda l’assistente sanitaria che a Treviso si rifiutava di vaccinare i pazienti, gettando di volta in volta i vaccini nella pattumiera.

L’ennesima infermiera che non era infermiera

Un episodio grave che ha innescato una serie di reazioni a catena, risposte critiche lecite, lontane però dal valutare con attenzione i soggetti e le categorie cui riferire la singola responsabilità per l’accaduto. Ecco ad esempio gli strafalcioni di alcune testate nazionali, il titolo è della Repubblica:

Treviso, infermiera fingeva vaccino bimbi e gettava fiale: Asl richiama 500 pazienti

Mentre il Secolo XIX parla indistintamente nello stesso articolo di infermiera e assistente sanitaria, attribuendo la dicitura alla stessa persona: “l’azienda sanitaria… ha trasferito l’infermiera presso altra struttura sanitaria” continuando in seguito nello stesso testo “ trasferita l’assistente sanitaria ad altro incarico al manifestarsi dei sospetti nelle colleghe“.

Evidentemente la confusione regna sovrana tra i giornalisti nostrani, i quali forse per leggerezza, forse perché allo scuro delle differenze tra le  categorie mescolano figure professionali ben distinte.

Ma ciò che veramente risalta a chi del lavoro infermieristico conosce gli aspetti più delicati, è l’accostamento continuo a figure professionali che per Formazione, Competenze e quant’altro sono distanti da quelle degli infermieri. Precisando che l’intento precipuo che muove la presente stesura non è quello di sminuire altre professioni, ma solo quello di consentire e far conoscere a chi fosse veramente interessato la vera natura delle differenze sottese nelle varie categorie.

l’assistente sanitaria non è un’infermiera

Riferirsi ad un assistente sanitario come ad un infermiere è cosa errata, discorso ben diverso e risalto mediatico maggiore si sarebbe avuto se il paragone fosse stato fatto con un medico. Questo a riprova di quanto sia ancora presente in Italia una scarsa informazione sul carattere proprio e sul ruolo dell’infermiere.

Entrando nel vivo della vicenda e proprio nel rispetto della vera funzione infermieristica si riportano di seguito due articoli del codice deontologico infermieristico del 2016, questo si pone quale punto di riferimento per chi vuole svolgere al meglio la professione e per chi sopratutto vuole fare del proprio impegno una forma assoluta di garanzia per le scelte del paziente e per la sua salute. Il caso dell’assistente sanitaria che avrebbe volutamente mancato di somministrare i vaccini prescritti, rappresenta un’azione grave sulla quale dover riflettere, che nulla ha a che fare con il lavoro degli infermieri e con il rispetto delle linee guida di riferimento di quest’ultimi.

2. L’infermiere persegue l’ideale di servizio orientando il suo agire al bene della persona, della famiglia e della collettività. Le sue azioni si realizzano e si sviluppano nell’ ambito dell’assistenza, dell’organizzazione, dell’educazione e della ricerca.

3. L’infermiere cura e si prende cura, nel rispetto della dignità, della libertà, dell’uguaglianza della persona assistita, delle sue scelte di vita e della sua concezione di salute e di benessere.

Il richiamo esplicito agli articoli del codice deontologico è stato fatto per ricordare il principio unico che muove il lavoro infermieristico, il fatto cioè che l’infermiere debba perseguire l’ideale di servizio e deve farlo nel rispetto delle scelte di vita del paziente e della sua concezione di salute, sempre che tutto ciò avviene entro il quadro normativo di riferimento, senza quindi che si addivenga a soluzioni contra legem.

Professione infermiere: alle soglie del XXI secolo

La maggior parte dei libri di storia infermieristica si ferma alla prima metà del ventesimo secolo, trascurando di fatto situazioni, avvenimenti ed episodi accaduti in tempi a noi più vicini; si tratta di una lacuna da colmare perché proprio nel passaggio al nuovo millennio la professione infermieristica italiana ha vissuto una fase cruciale della sua evoluzione, documentata da un’intensa produzione normativa.  Infatti, l’evoluzione storica dell’infermieristica in Italia ha subìto un’improvvisa e importante accelerazione a partire dagli anni 90: il passaggio dell’istruzione all’università, l’approvazione del profilo professionale e l’abolizione del mansionario sono soltanto alcuni dei processi e degli avvenimenti che hanno rapidamente cambiato il volto della professione. Ma come si è arrivati a tali risultati? Gli autori sono convinti che per capire la storia non basta interpretare leggi e ordinamenti e per questa ragione hanno voluto esplorare le esperienze di coloro che hanno avuto un ruolo significativo per lo sviluppo della professione infermieristica nel periodo esaminato: rappresentanti di organismi istituzionali e di associazioni, formatori, studiosi di storia della professione, infermieri manager. Il filo conduttore del libro è lo sviluppo del processo di professionalizzazione dell’infermiere. Alcune domande importanti sono gli stessi autori a sollevarle nelle conclusioni. Tra queste, spicca il problema dell’autonomia professionale: essa è sancita sul terreno giuridico dalle norme emanate nel periodo considerato, ma in che misura e in quali forme si realizza nei luoghi di lavoro, nella pratica dei professionisti? E, inoltre, come si riflettono i cambiamenti, di cui gli infermieri sono stati protagonisti, sul sistema sanitario del Paese? Il libro testimonia che la professione è cambiata ed è cresciuta, ma che c’è ancora molto lavoro da fare. Coltivare questa crescita è una responsabilità delle nuove generazioni. Le voci del libro: Odilia D’Avella, Emma Carli, Annalisa Silvestro, Gennaro Roc- co, Stefania Gastaldi, Maria Grazia De Marinis, Paola Binetti, Rosaria Alvaro, Luisa Saiani, Paolo Chiari, Edoardo Manzoni, Paolo Carlo Motta, Duilio Fiorenzo Manara, Barbara Man- giacavalli, Cleopatra Ferri, Daniele Rodriguez, Giannantonio Barbieri, Patrizia Taddia, Teresa Petrangolini, Maria Santina Bonardi, Elio Drigo, Maria Gabriella De Togni, Carla Collicelli, Mario Schiavon, Roberta Mazzoni, Grazia Monti, Maristella Mencucci, Maria Piro, Antonella Santullo. Gli Autori Caterina Galletti, infermiere e pedagogista, corso di laurea magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.Loredana Gamberoni, infermiere, coordinatore del corso di laurea specialistica/ magistrale dal 2004 al 2012 presso l’Università di Ferrara, sociologo dirigente della formazione aziendale dell’Aou di Ferrara fino al 2010. Attualmente professore a contratto di Sociologia delle reti di comunità all’Università di Ferrara.Giuseppe Marmo, infermiere, coordinatore didattico del corso di laurea specialistica/ magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede formativa Ospedale Cottolengo di Torino fino al 2016.Emma Martellotti, giornalista, capo Ufficio stampa e comunicazione della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi dal 1992 al 2014.

Caterina Galletti, Loredana Gamberoni, Giuseppe Marmo, Emma Martellotti | 2017 Maggioli Editore

32.00 €  30.40 €

A prescindere quindi da valutazioni sul valore o meno dei vaccini, sulle ricerche e su smentite più o meno veritiere sulla loro efficacia, il dato su cui riflettere è quello attinente al vero ruolo infermieristico e al suo impegno all’interno della società e del settore sanitario, che non può essere scambiato con altre figure.

Non ci si può dimenticare che chi va in ospedale con l’intento di farsi vaccinare sta palesando un proprio esplicito desiderio che diviene esso stesso diritto perché supportato dal nostro patrimonio costituzionale che lo tutela nella parte in cui sancisce:  “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.” Cost. art. 32

 

Martino Di Caudo

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