L’ondata di aggressioni che, da nord a sud dell’Italia, sta colpendo senza pietà i medici e soprattutto gli infermieri non accenna a placarsi. E dopo i gravissimi fatti di qualche giorno fa, quando gli operatori sanitari sono stati costretti a barricarsi in una stanza per non essere linciati da una folla inferocita (VEDI), c’è ancora l’ospedale di Foggia nell’occhio del ciclone.
Nel pomeriggio di ieri, infatti, come raccontato dall’Ansa, il figlio di un paziente che era in attesa presso il pronto soccorso a un certo punto si è scagliato contro due infermieri e un vigilante, malmenandoli col suo braccio ingessato.
E non è finita qui: di notte, in pronto soccorso, un 18enne in preda all’ansia ha ben pensato di sferrare calci e pugni a tre infermieri, prima di essere fermato dai carabinieri che lo hanno arrestato e portato in carcere con le accuse di lesioni a personale esercente la professione sanitaria e resistenza a pubblico ufficiale.
Il direttore generale del policlinico Riuniti, Giuseppe Pasqualone, ha condannato gli episodi (VEDI Ansa): «Disapproviamo con fermezza queste reazioni. Senza medici e personale sanitario non avremo più la possibilità di farci curare».
Secondo Francesco Balducci, segretario regionale Nursind Puglia, «il problema delle aggressioni non può essere affrontato senza intervenire sull’aumento delle dotazioni organiche» e sul «riconoscimento dei disagi vissuti dagli operatori sanitari, mediante un sistema di incentivi anche economici, come già avviene in altre regioni».
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