Aggressioni e minacce, il lavoro “in trincea” di infermieri e medici

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La risposta è ovviamente nella maggiore formazione, istruzione e sensibilità collettiva, ma di certo il problema delle aggressioni e minacce al personale sanitario, necessita di maggiore risposta fin da subito. Al centro del fuoco incrociato di pazienti insoddisfatti, medici e infermieri sono costretti a lavorare in un continuo stato di agitazione ed ansia.  In questo pericoloso quanto irreale Far West rappresentato dalle corsie di ospedale uno dei rimedi proposti per ovviare al problema è quello di dar vita al: “Protocollo di rilevazione degli atti di violenza a danno degli operatori sanitari e sindrome da Burnout correlata”.

Le parole del Ministro della Salute Beatrice Lorenzin spiegano la ratio di questa iniziativa:   «Questo protocollo è una delle risposte che vanno date di fronte a terribili fatti di cronaca che hanno colpito anche la Sicilia: abbiamo la necessità di ricostruire un clima di sicurezza per gli operatori sanitari».

Un progetto che vede unite l’associazione scientifica «Hospital & clinical risk managers», l’Ordine dei medici della provincia, il Policlinico «Paolo Giaccone», in collaborazione con diverse Aziende sanitarie regionali e l’università La Sapienza di Roma.

Nasce quindi a Palermo una iniziativa volta a far intendere la vera mission delle professioni sanitarie. Arginare le violenze negli ospedali significa, infatti, poter creare condizioni di lavoro più agevoli per tutti, consentendo così di sviluppare il senso profondo di ogni singolo ruolo sanitario. Ovviamente, affinché questo si verifichi, è necessaria la partecipazione attiva di medici e infermieri che devono iniziare a rompere il muro di silenzio dietro questi episodi. 

Ecco la particolare analisi del fenomeno delle aggressioni ad infermieri e medici seconda l’attenta analisi del presidente degli ordini dei medici Toti Amato:«Generalmente tali episodi si sviluppano secondo una precisa progressione. Nella maggior parte dei casi, un gesto estremo di violenza inizia con espressioni verbali aggressive, che devono essere valutate e gestite sul nascere. Conoscere tale progressione consente di comprendere e valutare subito quanto sta accadendo ed interrompere il corso degli eventi. Sono previsti moduli formativi declinati alle varie figure professionali, per il management, per i medici, per gli operatori sanitari e per il personale di sicurezza».

Secondo le rilevazioni dell’Associazione «Hospital & Clinical Risk Managers», le aggressioni cresceranno. Tra le cause, l’aumento di pazienti con disturbi psichiatrici dimessi dalle strutture ospedaliere e residenziali, abuso di alcol e droga, accesso senza restrizione di visitatori negli ospedali e nelle strutture ambulatoriali, lunghe attese nelle zone di emergenza e nelle aree cliniche.

«Si lavora in trincea – aggiunge Franco Gargano, presidente del collegio degli infermieri Ipavsi-Palermo, serve personale di vigilanza che non sia solo un’interfaccia». «Deve passare il concetto di tolleranza zero – avverte Fabrizio De Nicola, commissario del Policlinico, ente capofila del progetto -. Alcuni episodi non vengono neanche denunciati e questo è un errore».

 

Fonte Giornale di Sicilia

Martino Di Caudo

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