Assolta da false accuse di peculato: infermiera fuori dall’incubo

redazione 15/07/25

Accusata di peculato per la presunta sottrazione di farmaci in pronto soccorso, un’infermiera è stata assolta con formula piena. Una vicenda iniziata con una denuncia anonima e proseguita per anni tra indagini, udienze e testimonianze, che si è infine conclusa con il riconoscimento della totale infondatezza delle accuse.

Un caso esemplare di quanto possa pesare, nella vita di un professionista sanitario, l’ombra di un sospetto infondato.

A processo per pochi campioni da smaltire

Si è concluso con piena assoluzione, per insussistenza del fatto, il processo che vedeva imputata un’infermiera del pronto soccorso dell’ospedale “Murri” di Fermo, accusata di peculato. La sentenza è stata pronunciata dal Collegio penale del tribunale di Fermo, presieduto dalla giudice Mila Bondi Ciutti.

L’inchiesta era partita circa quattro anni fa, a seguito di una segnalazione anonima che denunciava presunti ammanchi di farmaci e dispositivi medici all’interno del pronto soccorso, indicando l’infermiera come responsabile.

Da lì, l’avvio di un procedimento giudiziario lungo e complesso, durante il quale sono stati ascoltati ex pazienti e colleghi dell’imputata.

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Non sempre è necessario essere formalmente accusati di reati o gravi inadempienze per ritrovarsi nei guai. Sempre più spesso, gli infermieri devono difendersi non solo dal rischio di controversie legali, ma anche di entrare in conflitto con la Direzione, sempre più in difficoltà nella corretta gestione delle risorse umane, del personale infermieristico e sanitario in generale.

Pertanto, è fondamentale restare aggiornati su come tutelarsi in caso di procedure disciplinari all’interno delle aziende sanitarie e scontri con la Direzione.

Il manuale di Mauro Di Fresco, infermiere, docente e avvocato dal titolo “Le procedure disciplinari delle professioni sanitarie” Edizione Maggioli, offre una guida completa per conoscere e difendere i propri diritti professionali di fronte alla dirigenza.

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Le procedure disciplinari delle professioni sanitarie

La giurisprudenza ha voluto spiegare la relazione umana e contrattuale che lega l’operatore al paziente e viceversa, coniando un nuovo termine: contatto sociale. Le professioni sanitarie consistono in attività delicate, che purtroppo, ora più frequentemente, incidono nella sfera personale del paziente e soprattutto nei suoi interessi primari, come è appunto la salute. L’attrito che ne può derivare, al di là delle capacità di gestione del professionista, finisce spesso nel contenzioso, che dapprima viene affrontato dalla stessa Azienda sanitaria, alla quale interessa primariamente la soddisfazione dell’utente. Per questo motivo, il professionista si trova ad affrontare delle accuse di negligenza, di imperizia o di imprudenza che si sviluppano in molti modi ma che potrebbero incidere anche definitivamente sul suo futuro professionale. Lo stress, il senso di abbandono e di disarmo che investono l’operatore innocente durante le fasi disciplinari sono perlopiù prodotti dal timore di veder macchiata la propria reputazione con effetti deleteri sull’autostima e sull’eterostima. Inoltre, l’ignoranza del diritto disciplinare è un catalizzante della paura che impedisce al lavoratore di difendersi pienamente dalle accuse perché paralizza ogni possibilità di reazione. Quest’opera è stata realizzata per offrire alle professioni sanitarie un utile strumento di conoscenza e, quindi, di difesa. per comprendere pienamente le regole del sistema così da poterlo gestire in maniera produttiva e, comunque, nel senso della verità e della giustizia. La conoscenza del diritto impedirà una strumentalizzazione della procedura disciplinare affinché non diventi un momento di ritorsione e di punizione per fatti estranei alle accuse. Mauro Di Fresco Insegna Diritto Sanitario ai master infermieristici di I e II livello della Prima Facoltà di Medicina e Chirurgia di Roma. Alla Seconda Facoltà (Ospedale Sant’Andrea) insegna Diritto del Lavoro Sanitario al Corso di Laurea Magistrale in Infermieristica. È relatore di diversi corsi ECM di carattere nazionale, responsabile del link Diritto Sanitario nella rivistaLa Previdenzae scrive anche su Studio Cataldi, Diritto e Diritti, Infoius.it. È consulente legale nazionale di diversi sindacati che operano nel comparto Sanità e nella Dirigenza Medica oltre che in 52 Associazioni di pazienti.

 

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Fuori dall’incubo giudiziario

Al termine delle indagini e del processo, è emerso che i pochi farmaci rinvenuti presso l’abitazione dell’infermiera avevano una provenienza del tutto lecita.

Alcuni erano campioni residui rimasti in possesso dei pazienti dopo somministrazioni ospedaliere che sarebbero dovuti essere gettati; altri erano stati consegnati spontaneamente da familiari di pazienti deceduti, che li avevano ricevuti nell’ambito dell’assistenza domiciliare e non sapevano come smaltirli.

Una vicenda delicata che si chiude con una sentenza netta, e con un forte sollievo per la professionista coinvolta. Un vero e proprio risveglio da un incubo.

All’uscita dall’aula, l’avvocato difensore dell’infermiera, ha espresso soddisfazione per l’esito del processo, definendo il verdetto “giusto e doveroso”. Per la collega si chiude così una pagina dolorosa, segnata da accuse infondate e anni di incertezza professionale e personale, raccontate da Giostra, l’avvocato che ha assistito l’infermiera:

Abbiamo sempre sostenuto la totale estraneità dell’imputata alle gravi contestazioni che le venivano mosse cercando di dimostrare come la sua condotta professionale sia stata sempre specchiata e come i farmaci non avessero alcuna provenienza illecita. Il verdetto assolutorio ci ha dato piena ragione e ne esce difeso e rafforzato anche il buon nome dell’ospedale ’Murri’ e del posto di primo intervento dove, nonostante le difficoltà e la carenza di personale, si presta un servizio attento e scrupoloso, nel pieno rispetto delle regole, della salute e della dignità dei pazienti. Certo, è una vicenda che, al di là dell’epilogo positivo, lascia l’amaro in bocca se si pensa, per un verso, alla condizione di ansia, frustrazione e preoccupazione con cui ha dovuto convivere a lungo la mia assistita, per altro verso alle risorse materiali e strumentali che si sarebbero potute risparmiare se non vi fosse stato questo esposto calunnioso“.

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Redazione di Dimensione Infermiere
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