Intervista all’infermiera di PS: “Siamo tutti in burnout. Mi pento”

redazione 22/07/25

Una collega di PS racconta senza filtri la fatica di credere ancora in una professione che sembra aver perso la bussola. Diffondiamo gli stralci di un’intervista che dà voce a una disillusione sempre più condivisa: quella di chi ha scelto di curare, ma oggi si ritrova a resistere.

La stanchezza degli infermieri è ormai mainstream

Riportiamo un estratto dell’intervista della collega Viola Di Lembo, infermiera al Pronto Soccorso del Sant’Orsola e delegata regionale Nursind, che si racconta in un lungo colloquio con la redazione bolognese del Corriere della Sera.

Un’intervista intensa, in cui emerge tutto il suo senso di delusione per una professione che, giorno dopo giorno, sembra svuotarsi di significato agli occhi di chi la esercita per dare spazio a sempre più burnout e fatica.

Che il dolore degli infermieri diventi finalmente tema di opinione pubblica è un segnale importante. Dopo anni di generale indifferenza, qualcosa si muove. Il velo di rassegnazione inizia a sollevarsi, e il malessere della categoria si fa spazio nel dibattito collettivo.

Non si tratta solo di spingere la politica a intervenire, anche se resta un nodo essenziale, ma di legittimare la scelta di migliaia di professionisti che ogni anno lasciano il lavoro, emigrano all’estero o, più silenziosamente, si ritirano nel cosiddetto quiet quitting.

Un fenomeno che spesso segue il burnout e si traduce in un disimpegno progressivo, in cui il lavoratore limita la propria attività allo stretto indispensabile, restando nei confini dell’orario minimo e delle mansioni contrattuali.

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L’intervista all’infermiera Di Lembo

Alcune domande estratte dall’intervista integrale offrono molti spunti di riflessione. La condivisione delle difficoltà vissute dagli infermieri è, a nostro avviso, sempre utile per mettere a fuoco le emergenze, le criticità e le priorità della professione.

Perché avere un problema è già complesso, ma non sapere esattamente quale sia rende tutto ancora più difficile. Per questo è fondamentale dare voce al maggior numero possibile di colleghi…

Ha visto e vede molti colleghi in burnout?
Secondo me lo siamo un po’ tutti, me compresa. È un lavoro che logora molto presto, ma questo non viene mai considerato. Quello che lascia più perplessi e amareggia è che in questo momento storico le aziende chiedono di annullare la propria vita personale a favore di un bene superiore che è la salute dei cittadini, ma anche noi dobbiamo tutelare la nostra“.

Ha sempre fatto l’infermiera?
Faccio questo lavoro da 10 anni, dopo aver fatto triennale e magistrale e aver scelto Bologna per la sua tradizione infermieristica. Prima lavoravo sulle barche a vela e ho anche lavorato per una società di charter, ma a un certo punto ho sentito il bisogno di fare un lavoro con un valore sociale. L’ho fatto davvero credendoci molto questo lavoro e sono partita super entusiasta“.

E adesso?
Mi pento. Inizio a sentire la fatica. Una fatica poco riconosciuta. Vorrei più tempo per la mia vita privata. Senza un contraltare adeguato questa professione è poco attrattiva, non consente di organizzare la propria vita, al di là dei soldi che per una città come Bologna sono comunque molto pochi. Se si riuscisse a farlo come dovrebbe essere fatto, il nostro è un lavoro molto bello, ma quello che ti dà è meno di quello che ti prende ormai. Quindi uno alla fine fa le sue valutazioni“.

Leggi l’intervista completa sul sito del Corriere della Sera – Sez. Bologna

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Redazione di Dimensione Infermiere
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