Medico e infermiera gettano farmaci israeliani: è polemica

Un gesto simbolico, nato con intenti pacifisti, si trasforma in un caso mediatico capace di scuotere l’opinione pubblica e mettere sotto i riflettori due operatrici sanitarie, un medico e un’infermiera.

Un video girato a fine turno – in cui vengono gettati nel cestino dei campioni di farmaci israeliani – ha scatenato reazioni furiose sui social e richieste di chiarimenti ufficiali. Ma cosa è successo davvero? E dove si colloca il confine tra espressione personale e responsabilità professionale, quando a compiere il gesto è chi lavora in sanità?

Gettano farmaci prodotti in Israele per protesta

Una breve clip condivisa sui social e un gesto simbolico: tanto è bastato per accendere polemiche e tensioni. Due professioniste sanitarie del Casentino, Giulia e Rita – rispettivamente medico e infermiera in servizio presso la Casa della Salute di Pratovecchio Stia, in provincia di Arezzo – sono finite al centro di una controversia mediatica dopo aver postato un video in cui gettano nel cestino dei farmaci provenienti da Israele.

L’intento, spiegano, era pacifista: un atto simbolico contro la guerra in corso a Gaza. Ma il gesto, travisato, è stato interpretato da molti come un’offesa diretta, scatenando reazioni indignate e richieste di provvedimenti.

Nel filmato, le due donne compiono un’azione che ha tutta l’aria di una protesta improvvisata: mostrano le confezioni e le gettano nel cestino. Il messaggio sembrava chiaro, almeno nelle loro intenzioni. Ma il contesto, un ambiente sanitario pubblico, ha amplificato la portata dell’azione.

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Non sempre è necessario essere formalmente accusati di reati o gravi inadempienze per ritrovarsi nei guai. Sempre più spesso, gli infermieri devono difendersi non solo dal rischio di controversie legali, ma anche di entrare in conflitto con la Direzione, sempre più in difficoltà nella corretta gestione delle risorse umane, del personale infermieristico e sanitario in generale.

Pertanto, è fondamentale restare aggiornati su come tutelarsi in caso di procedure disciplinari all’interno delle aziende sanitarie e scontri con la Direzione.

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Le procedure disciplinari delle professioni sanitarie

La giurisprudenza ha voluto spiegare la relazione umana e contrattuale che lega l’operatore al paziente e viceversa, coniando un nuovo termine: contatto sociale. Le professioni sanitarie consistono in attività delicate, che purtroppo, ora più frequentemente, incidono nella sfera personale del paziente e soprattutto nei suoi interessi primari, come è appunto la salute. L’attrito che ne può derivare, al di là delle capacità di gestione del professionista, finisce spesso nel contenzioso, che dapprima viene affrontato dalla stessa Azienda sanitaria, alla quale interessa primariamente la soddisfazione dell’utente. Per questo motivo, il professionista si trova ad affrontare delle accuse di negligenza, di imperizia o di imprudenza che si sviluppano in molti modi ma che potrebbero incidere anche definitivamente sul suo futuro professionale. Lo stress, il senso di abbandono e di disarmo che investono l’operatore innocente durante le fasi disciplinari sono perlopiù prodotti dal timore di veder macchiata la propria reputazione con effetti deleteri sull’autostima e sull’eterostima. Inoltre, l’ignoranza del diritto disciplinare è un catalizzante della paura che impedisce al lavoratore di difendersi pienamente dalle accuse perché paralizza ogni possibilità di reazione. Quest’opera è stata realizzata per offrire alle professioni sanitarie un utile strumento di conoscenza e, quindi, di difesa. per comprendere pienamente le regole del sistema così da poterlo gestire in maniera produttiva e, comunque, nel senso della verità e della giustizia. La conoscenza del diritto impedirà una strumentalizzazione della procedura disciplinare affinché non diventi un momento di ritorsione e di punizione per fatti estranei alle accuse. Mauro Di Fresco Insegna Diritto Sanitario ai master infermieristici di I e II livello della Prima Facoltà di Medicina e Chirurgia di Roma. Alla Seconda Facoltà (Ospedale Sant’Andrea) insegna Diritto del Lavoro Sanitario al Corso di Laurea Magistrale in Infermieristica. È relatore di diversi corsi ECM di carattere nazionale, responsabile del link Diritto Sanitario nella rivistaLa Previdenzae scrive anche su Studio Cataldi, Diritto e Diritti, Infoius.it. È consulente legale nazionale di diversi sindacati che operano nel comparto Sanità e nella Dirigenza Medica oltre che in 52 Associazioni di pazienti.

 

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Video virale ma con effetti negativi

Subito dopo la diffusione, il video è diventato virale. E con la viralità, sono arrivate le accuse: mancanza di professionalità, utilizzo improprio degli spazi pubblici, strumentalizzazione della divisa. C’è chi ha chiesto provvedimenti disciplinari, chi si è appellato al codice deontologico, e chi ha letto nel gesto un attacco politico inopportuno.

Le due operatrici, travolte dalle critiche, hanno pubblicato un secondo video per chiarire. Come ricostruisce anche Fanpage, le loro parole puntano a ricostruire il contesto: “Non si trattava di farmaci destinati ai pazienti erano solo campioni gratuiti, come salviettine e integratori di sodio e potassio. E no, non li abbiamo buttati davvero: li abbiamo simbolicamente scarabocchiati, filmati, e poi rimessi a posto“.

Non un gesto distruttivo, dicono, ma una forma visiva di dissenso.

Nella seconda clip, più riflessiva, c’è anche spazio per le scuse: “Non volevamo offendere nessuno. Ci dispiace per il fraintendimento e ci scusiamo con l’Azienda sanitaria, i colleghi e i cittadini. Non era nostra intenzione coinvolgere il nostro luogo di lavoro o mancare di rispetto al nostro ruolo”.

Probabili provvedimenti da parte dell’ASL Toscana Sud Est

L’Azienda USL Toscana Sud Est ha preso posizione: le riprese, chiarisce, non erano state autorizzate. Specifica anche la posizione lavorativa delle due protagoniste – una libera professionista, l’altra dipendente di una cooperativa – e ribadisce che l’uso degli spazi pubblici, così come dei dispositivi sanitari, deve rispondere a criteri di correttezza, trasparenza e rispetto istituzionale.

È molto probabile che l’azienda per difendere il proprio prestigio potrebbe prendere provvedimenti contro il medico e l’infermiera che hanno gettato farmaci israeliani.

Il caso, al di là delle responsabilità specifiche, apre una riflessione più ampia su ciò che può o non può essere fatto da chi indossa una divisa sanitaria. Cosa accade quando il personale sanitario esprime opinioni personali durante o dopo il servizio? Dove si ferma la libertà di espressione e dove comincia la responsabilità istituzionale?

Redazione Dimensione Infermiere

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