L’aggressione avvenuta nel Pronto Soccorso dell’ospedale “Renzetti” ai danni di un’infermiera e di un oss, riaccende i riflettori su un fenomeno sempre più allarmante: la violenza contro gli operatori sanitari.
Un gesto brutale e ingiustificabile, espressione di una tensione sociale che finisce troppo spesso per scaricarsi su chi lavora in prima linea per garantire cure e assistenza, anche in condizioni estreme.
L’aggressore: pregiudicato della zona
Un uomo, pregiudicato, nella notte del weekend del 26 aprile scorso, si è reso responsabile di una violenta aggressione all’interno del PS dell’ospedale “Renzetti”. Un presidio in provincia di Chieti. Secondo quanto ricostruito, il nomade di origine rom, presentatosi in accettazione per cercare la moglie, fu invitato ad attendere il proprio turno. L’uomo, però, è andato in escandescenze e ha iniziato ad aggredire il personale in servizio.
Il 49enne, accusato di violenza, in quel momento dimorante in zona, e in evidente stato di alterazione, ha aggredito brutalmente un’infermiera, storcendole il braccio, e malmenato un operatore socio-sanitario, intervenuto in soccorso della collega.
All’episodio è seguito l’intervento immediato dei carabinieri del nucleo di Lanciano, allertati per difendere gli operatori. Le indagini hanno portato all’identificazione dell’indagato che, solo da qualche giorno, si trova in custodia cautelare in attesa delle indagini preliminari del tribunale competente.
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È necessaria una sentenza esemplare
Si attende quindi una sentenza esemplare, al fine di contrastare la persistente tracotanza e violenza di una determinata fascia di popolazione, probabilmente segnata da ripercussioni di carattere socio-economico, ma che per questo non può giustificare atti di aggressione verso gli operatori che ogni giorno salvano vite e si prendono cura di migliaia di pazienti, esasperando il personale sanitario in tutta Italia.
Autore: Dario Tobruk (seguimi anche su Linkedin – Facebook – Instagram – Threads)
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