Tutto quello che ci manca per festeggiare la Giornata dell’Infermiere

Dario Tobruk 12/05/21
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La candidatura al premio Nobel per gli infermieri italiani è senza dubbio un riconoscimento importante per la categoria. Il coronamento di un percorso che ha reso gli infermieri, in Italia e nel resto del mondo, spina dorsale del sistema sanitario, e con esso, del paese intero.

Certo, un aumento contrattuale e condizioni di lavoro idonee al rispetto dei diritti umani dei lavoratori sarebbe fin troppo (sono ironico!), e per il momento potremmo farci bastare l’improbabile sogno di vincere il Nobel per la pace.

Sicuramente oggi, 12 maggio, giorno in cui si festeggia la Giornata Internazionale dell’Infermiere, possiamo concederci il lusso di credere che è ancora possibile, essere riconosciuti per il nostro valore, non uno o l’altro ma entrambi, un pieno riconoscimento sia economico sia sociale: Nobel e rinnovo contrattuale pure, tutto nel 2021. Perché no?!

Professione infermiere: alle soglie del XXI secolo

La maggior parte dei libri di storia infermieristica si ferma alla prima metà del ventesimo secolo, trascurando di fatto situazioni, avvenimenti ed episodi accaduti in tempi a noi più vicini; si tratta di una lacuna da colmare perché proprio nel passaggio al nuovo millennio la professione infermieristica italiana ha vissuto una fase cruciale della sua evoluzione, documentata da un’intensa produzione normativa.  Infatti, l’evoluzione storica dell’infermieristica in Italia ha subìto un’improvvisa e importante accelerazione a partire dagli anni 90: il passaggio dell’istruzione all’università, l’approvazione del profilo professionale e l’abolizione del mansionario sono soltanto alcuni dei processi e degli avvenimenti che hanno rapidamente cambiato il volto della professione. Ma come si è arrivati a tali risultati? Gli autori sono convinti che per capire la storia non basta interpretare leggi e ordinamenti e per questa ragione hanno voluto esplorare le esperienze di coloro che hanno avuto un ruolo significativo per lo sviluppo della professione infermieristica nel periodo esaminato: rappresentanti di organismi istituzionali e di associazioni, formatori, studiosi di storia della professione, infermieri manager. Il filo conduttore del libro è lo sviluppo del processo di professionalizzazione dell’infermiere. Alcune domande importanti sono gli stessi autori a sollevarle nelle conclusioni. Tra queste, spicca il problema dell’autonomia professionale: essa è sancita sul terreno giuridico dalle norme emanate nel periodo considerato, ma in che misura e in quali forme si realizza nei luoghi di lavoro, nella pratica dei professionisti? E, inoltre, come si riflettono i cambiamenti, di cui gli infermieri sono stati protagonisti, sul sistema sanitario del Paese? Il libro testimonia che la professione è cambiata ed è cresciuta, ma che c’è ancora molto lavoro da fare. Coltivare questa crescita è una responsabilità delle nuove generazioni. Le voci del libro: Odilia D’Avella, Emma Carli, Annalisa Silvestro, Gennaro Roc- co, Stefania Gastaldi, Maria Grazia De Marinis, Paola Binetti, Rosaria Alvaro, Luisa Saiani, Paolo Chiari, Edoardo Manzoni, Paolo Carlo Motta, Duilio Fiorenzo Manara, Barbara Man- giacavalli, Cleopatra Ferri, Daniele Rodriguez, Giannantonio Barbieri, Patrizia Taddia, Teresa Petrangolini, Maria Santina Bonardi, Elio Drigo, Maria Gabriella De Togni, Carla Collicelli, Mario Schiavon, Roberta Mazzoni, Grazia Monti, Maristella Mencucci, Maria Piro, Antonella Santullo. Gli Autori Caterina Galletti, infermiere e pedagogista, corso di laurea magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.Loredana Gamberoni, infermiere, coordinatore del corso di laurea specialistica/ magistrale dal 2004 al 2012 presso l’Università di Ferrara, sociologo dirigente della formazione aziendale dell’Aou di Ferrara fino al 2010. Attualmente professore a contratto di Sociologia delle reti di comunità all’Università di Ferrara.Giuseppe Marmo, infermiere, coordinatore didattico del corso di laurea specialistica/ magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede formativa Ospedale Cottolengo di Torino fino al 2016.Emma Martellotti, giornalista, capo Ufficio stampa e comunicazione della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi dal 1992 al 2014.

Caterina Galletti, Loredana Gamberoni, Giuseppe Marmo, Emma Martellotti | 2017 Maggioli Editore

32.00 €  30.40 €

L’infermiere deve pretendere il riconoscimento che gli spetta

I riflettori si sono spenti fin troppo velocemente per il numero di morti che la categoria ha dovuto piangere. Gli elogi e i riconoscimenti flebili e stanchi di questa fine terza ondata, assomigliano ormai a gesti di cortesia e convenevoli, piuttosto che sinceri ringraziamenti di cuore.

Lo avevamo già ripetuto in molti, l’infermiere eroe sarebbe stato presto dimenticato se non che, proprio oggi, cade la Giornata dell’Infermiere e quindi ci spetta una riflessione importante su noi stessi. Riflettendo su tutto quello che ci è mancato, quello che ci manca e quello che ci mancherà.

Quello che ci è mancato

L’emergenza che ha coinvolto il paese, noi la stavamo vivendo da anni, carenze di personale, ferie saltate, diritti negati, salti di riposo, straordinario. Noi eravamo già in emergenza. L’emergenza pandemica si è solo affiancata alla vita ai limiti di tutti i giorni. È mancato il rispetto dei diritti fondamentali di qualsiasi lavoratore: ferie e riposo adeguati al recupero psico-fisico. La pandemia poi ha fatto il resto.

Quello che ci manca

La misura è colma. Migliaia di infermieri si stanno, si sono o si licenzieranno, possibilmente cambiando lavoro. Non è possibile essere lasciati al fronte di una guerra contro un nemico invisibile al netto di uno stipendio appena superiore alla media italiana, quando l’errore di qualsiasi altro lavoratore viene redarguito con uno scappellotto mentre l’infermiere rischia il carcere. Non conviene. Non conviene rischiare l’infarto a causa dello stress dei turni e del reparto. Non conviene, quando con qualche rinuncia in più, qualsiasi altro lavoratore vive una vita meno stressante e con meno rischi per la salute propria e altrui.

Quello che ci mancherà

I colleghi, mancheranno ancora i colleghi. Le istituzioni parlano di un incremento di infermieri entro il 2027. Grazie al rilancio dell’Italia in seguito al Piano Nazionale, il numero di infermieri potrebbe aumentare del 21%.

Ma si sa, è sbagliato fare i conti senza l’oste. Dove troveremo migliaia di giovani che vogliano investire in una professione così bistrattata, quando con molto meno sforzo possono investire la loro vita in un qualsiasi altro mestiere senza che la loro vita ne sia distrutta e sacrificata?

Molti credono che l’esposizione mediatica dell’infermiere durante la pandemia attirerà molti giovani, io penso che al contrario, ne rimarranno bene alla larga visto l’enorme sacrificio che è stato richiesto proprio in ragione della pandemia. In quanti si andranno a cacciare in una professione dove rischi di morire, o di ammazzare costantemente qualcuno per pochi spicci e tanti mal di pancia?

La Giornata Internazionale dell’Infermiere 2021

Ma quest’anno poi, spero che condividiate, la Giornata Internazionale dell’Infermiere ha tutto un altro sapore: l’infermiere è oggi più che mai consapevole di sé e del proprio posto in quel calderone confuso chiamato sanità. È sicuramente arrabbiato e deluso, e si acquieterà soltanto quando avrà ottenuto tutto quello che merita: reddito idoneo alla professione, buone condizioni di lavoro, possibilità di evoluzione professionale.

E visto che non si tornerà indietro da tutto ciò, perché le consapevolezze arrivano per restare, è fondamentale ripartire da quello che abbiamo conquistato: il diritto ad essere, per una buona volta, riconosciuti secondo il nostro merito. Il destino di una nazione è indissolubilmente legato a quello dei suoi infermieri, e noi, come sempre, ve lo abbiamo ricordato ancora una volta.

Autore: Dario Tobruk (Profilo Linkedin)

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Dario Tobruk

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