Anche la sanità in sciopero generale per Gaza

Dario Tobruk 22/09/25

Mentre la crisi umanitaria a Gaza continua a peggiorare, anche l’Italia alza la voce.

Oltre 80 piazze in tutto il Paese si stanno riempiendo di cittadini, operatori sanitari e associazioni che chiedono un cessate il fuoco immediato e un intervento internazionale concreto.

Accanto al popolo palestinese, marcia anche chi ha fatto della cura, e del prendersi cura, la propria missione: medici, infermieri, oss e altri professionisti sanitari, alcuni impegnati direttamente nella missione umanitaria della Global Sumud Flotilla, altri in sciopero dai reparti per ribadire che la salute è un diritto universale, non un privilegio da negoziare nei teatri di guerra.

Sciopero generale per fermare Israele

Oggi, 22 settembre, tutte le forze lavorative, pubbliche e private, sono state chiamate ad aderire allo sciopero generale indetto dall’Unione Sindacale di Base (USB).

Le ragioni dello sciopero comprendono anche la situazione, da noi già denunciata, che stanno vivendo i cittadini di Gaza, con quello che ormai la maggior parte delle fonti internazionali definisce a tutti gli effetti “un genocidio” (ONU / Amnesty International).

Secondo l’USB, nella storia moderna non si è mai assistito a una situazione tanto orribile senza un intervento delle forze internazionali, e anzi con la connivenza di paesi come gli Stati Uniti, che attualmente coprono e giustificano il massacro di innocenti a Gaza e in Palestina.

Ma il mondo non è fatto solo di governi: le persone comuni, i cittadini, sono perfettamente in grado di distinguere ciò che è giusto da ciò che non solo è sbagliato, ma è inaccettabile.

E di riconoscere il peso morale di appartenere a un paese che non sta facendo nulla per impedire che il genocidio si concludi.

Non è una questione politica, è una questione umana. A prescindere dalle proprie sensibilità ideologiche, oggi il Paese è chiamato a bloccare lo Stato e a spingerlo a prendere posizione contro il governo di Netanyahu, ritenuto responsabile del vile attacco ai cittadini palestinesi.

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Il sostegno della sanità allo sciopero generale

Il sostegno alla popolazione palestinese si sta diffondendo in oltre 80 piazze italiane. In numerose province dello Stivale, migliaia di persone stanno marciando pacificamente al grido di pace e richiesta di intervento internazionale, in segno di solidarietà con la popolazione di Gaza e a sostegno della Global Sumud Flotilla, la missione che vede coinvolti anche medici e infermieri italiani a bordo della nave Life Support di Emergency.

Presenza che ha anche un maggiore valore (e maggiore rischio). Secondo alcune fonti, la presenza di operatori sanitari nelle zone di conflitto li espone a un rischio elevatissimo: la probabilità di essere uccisi è maggiore rispetto a quella di un civile comune.

Questo perché i sanitari rappresentano una risorsa fondamentale nel garantire la sopravvivenza e la dignità di un popolo.

La loro eliminazione potrebbe non essere solo un tragico effetto collaterale: c’è chi ipotizza che faccia parte di una vera e propria strategia militare, un modo per minare sistematicamente la possibilità stessa di cura e resistenza del popolo palestinese.

Strategie che, secondo il rapporto ONU, confermano l’intenzione dell’esercito israeliano di portare avanti un genocidio sistematico e infatti viene specificato che: “il modello di condotta delle forze israeliane fornisce prove indirette sufficienti a farne derivare come unica inferenza ragionevole l’esistenza di tale intento“.

In passato, anche noi abbiamo pianto la perdita di colleghi impegnati in contesti umanitari. In questo articoli vogliamo ricordarli e raccontare le loro storie.

Anche in Italia, ancora un luogo sicuro per chi esercita le professioni sanitarie, la risposta non si è fatta attendere.

Come è noto, medici e infermieri difficilmente aderiscono a scioperi, mossi da un codice deontologico che li spinge a tutelare il paziente anche in condizioni critiche.

Tuttavia, molte aziende sanitarie, soprattutto nel Nord Italia, hanno segnalato una significativa adesione allo sciopero indetto da USB, con migliaia di professionisti in astensione dal lavoro dall’alba di oggi fino a martedì 23 settembre.

L’obiettivo non è fermare l’assistenza, ma agire sul fronte delle liste d’attesa, che da tempo rappresentano un nervo scoperto del sistema sanitario e un punto centrale nell’agenda del Governo Meloni.

Per il personale sanitario, spiega l’USB, questa mobilitazione ha anche un valore professionale ed etico:
“La salute è un diritto universale. Negarlo equivale a una condanna a morte. Non possiamo restare in silenzio mentre si distruggono vite, ospedali, medici e bambini privati delle cure.”

A dare voce a questa indignazione è anche Alba, un’infermiera oggi in pensione, che ha deciso di scendere in piazza e racconta ai microfoni de la Repubblica: “Quando alla TV vedo tutto questo dolore, mi chiedo solo una cosa: ma come si fa a stare in silenzio? Non mi sorprenderebbe vedere oggi tanti altri ex colleghi.”

In attesa di dati ufficiali sull’adesione, si invitano i colleghi che possono a unirsi ai cortei, a manifestare la propria posizione e, se possibile, a contribuire a fermare quello che sempre più osservatori indipendenti e organizzazioni internazionali definiscono un genocidio.

Non ripetiamo gli errori del passato: un giorno potrebbe essere troppo tardi per rimpiangere di non aver fatto nulla per fermare questo massacro.

Sempre che quel giorno non sia già oggi.

Autore: Dario Tobruk  (seguimi anche su Linkedin – Facebook InstagramThreads)

Dario Tobruk

Dario Tobruk è un infermiere Wound Care Specialist, autore e medical writer italiano. Ha inoltre conseguito una specializzazione nella divulgazione scientifica attraverso un master in Giornalismo e Comunicazione della Scienza, focalizzandosi sul campo medico-assistenziale e sull…Continua a leggere

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