È successo di nuovo, anche Sgarbi cade sull’infermiere!

Dario Tobruk 31/01/18
È successo di nuovo. Da qualche anno a questa parte la figura dell’infermiere, nella prospettiva dell’intellighenzia italiana, è passata da crocerossina dal passato ambiguo con annessi risvolti sexy alla definizione archetipica del parassita ebete de-professionalizzato che vaga alla ricerca di un lavoro sicuro.

Grandi pensieri per grandi personaggi

Non è passato molto tempo da quando Cesare Cremonini ha ammonito i suoi colleghi, sfornati a serie dai talent, di fare di tutto pur di non comportarsi come infermieri della discografia con l’intento, nel migliore dei casi, di definirci come smidollati che inseguono per forza un posto fisso, senza alcuna ambizione particolare se non la sicurezza di un lavoro intoccabile.

Ma quando Sgarbi sfodera il colpo grosso in piena campagna elettorale e tenta di sminuire il principale avversario politico Di Maio ( candidato premier pentastellato) tentando di sminuirlo davanti agli elettori italiani additandolo capace di fare “al massimo l’infermiere” come il collega Alessio Biondino ha ieri fatto presente sulla testata Nursetimes, allora è ovvio che esiste una considerazione pessima di noi.

Lo stigma duro da cancellare

Al pari dei classici stereotipi del carabiniere, anche l’infermiere subisce uno stigma importante, incancellabile, che spinge senza alcuna remora personaggi politici e dello spettacolo ad usarci come metro comportamentale negativo, come l’esempio da non seguire.

Purtroppo per loro gli infermieri votano

Tempi duri per convincere gli infermieri a votare una coalizione piuttosto che l’altra. Da una parte il Governo del PD e lo stato di agitazione promosso dai sindacati di rappresentanza infermieristica, innescato al limite di un contratto “peggiorativo” delle già precarie e debilitanti condizioni dei sanitari. Dall’altra la coalizione di centro destra con il commento abituale di un onorevole distributore di insulti e giudizi, che alle volte fa il critico d’arte e che per la maggior parte fa l’opinionista in talk di dubbia moralità.

Facciamoci una cultura!

Professione infermiere: alle soglie del XXI secolo

La maggior parte dei libri di storia infermieristica si ferma alla prima metà del ventesimo secolo, trascurando di fatto situazioni, avvenimenti ed episodi accaduti in tempi a noi più vicini; si tratta di una lacuna da colmare perché proprio nel passaggio al nuovo millennio la professione infermieristica italiana ha vissuto una fase cruciale della sua evoluzione, documentata da un’intensa produzione normativa.  Infatti, l’evoluzione storica dell’infermieristica in Italia ha subìto un’improvvisa e importante accelerazione a partire dagli anni 90: il passaggio dell’istruzione all’università, l’approvazione del profilo professionale e l’abolizione del mansionario sono soltanto alcuni dei processi e degli avvenimenti che hanno rapidamente cambiato il volto della professione. Ma come si è arrivati a tali risultati? Gli autori sono convinti che per capire la storia non basta interpretare leggi e ordinamenti e per questa ragione hanno voluto esplorare le esperienze di coloro che hanno avuto un ruolo significativo per lo sviluppo della professione infermieristica nel periodo esaminato: rappresentanti di organismi istituzionali e di associazioni, formatori, studiosi di storia della professione, infermieri manager. Il filo conduttore del libro è lo sviluppo del processo di professionalizzazione dell’infermiere. Alcune domande importanti sono gli stessi autori a sollevarle nelle conclusioni. Tra queste, spicca il problema dell’autonomia professionale: essa è sancita sul terreno giuridico dalle norme emanate nel periodo considerato, ma in che misura e in quali forme si realizza nei luoghi di lavoro, nella pratica dei professionisti? E, inoltre, come si riflettono i cambiamenti, di cui gli infermieri sono stati protagonisti, sul sistema sanitario del Paese? Il libro testimonia che la professione è cambiata ed è cresciuta, ma che c’è ancora molto lavoro da fare. Coltivare questa crescita è una responsabilità delle nuove generazioni. Le voci del libro: Odilia D’Avella, Emma Carli, Annalisa Silvestro, Gennaro Roc- co, Stefania Gastaldi, Maria Grazia De Marinis, Paola Binetti, Rosaria Alvaro, Luisa Saiani, Paolo Chiari, Edoardo Manzoni, Paolo Carlo Motta, Duilio Fiorenzo Manara, Barbara Man- giacavalli, Cleopatra Ferri, Daniele Rodriguez, Giannantonio Barbieri, Patrizia Taddia, Teresa Petrangolini, Maria Santina Bonardi, Elio Drigo, Maria Gabriella De Togni, Carla Collicelli, Mario Schiavon, Roberta Mazzoni, Grazia Monti, Maristella Mencucci, Maria Piro, Antonella Santullo. Gli Autori Caterina Galletti, infermiere e pedagogista, corso di laurea magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.Loredana Gamberoni, infermiere, coordinatore del corso di laurea specialistica/ magistrale dal 2004 al 2012 presso l’Università di Ferrara, sociologo dirigente della formazione aziendale dell’Aou di Ferrara fino al 2010. Attualmente professore a contratto di Sociologia delle reti di comunità all’Università di Ferrara.Giuseppe Marmo, infermiere, coordinatore didattico del corso di laurea specialistica/ magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede formativa Ospedale Cottolengo di Torino fino al 2016.Emma Martellotti, giornalista, capo Ufficio stampa e comunicazione della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi dal 1992 al 2014.

Caterina Galletti, Loredana Gamberoni, Giuseppe Marmo, Emma Martellotti | 2017 Maggioli Editore

32.00 €  30.40 €

Non so voi,  ma noi siamo stanchi di certe cadute di stile (stronzate è il nome giusto!). Stanchi di aspettarci un riconoscimento sociale da una classe dirigente che ci ritiene degli ebeti professionali e non riconosce il duro lavoro, la passione, l’intelligenza e le capacità necessarie per fare un lavoro che salva più vite di quanto ne allieti un critico d’arte con una vita di supercazzole!

Un’ultima cosa, data l’ignoranza, per fare il critico d’arte non è necessaria una laurea, non è necessaria nemmeno per fare il premier, ma non provate a millantarvi infermieri senza il titolo, è un reato, si chiama abuso di professione. Per fare l’infermiere ci vuole la laurea.

Un infermiere che vota.

Dario Tobruk

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