18.000 infermieri scappati all’estero in 3 anni, ma “c’è una grande motivazione a questo lavoro”

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Sono ben 17.809 gli infermieri che, negli ultimi tre anni, stanchi di stipendi ridicoli, promesse da marinaio e condizioni di lavoro al limite della follia, sono scappati all’estero. A dirlo, dati alla mano, nel corso della seconda giornata del Congresso nazionale dei Caposala-Coordinatori in svolgimento al Palazzo del Turismo di Jesolo, è stato il presidente dell’Istituto europeo Neurosistemica e docente all’Università di Genova, Marco Rotondi.


«Oggi stiamo vivendo una situazione che ci preoccupa moltissimo, il costante abbandono delle professioni sanitarie, tanti infermieri vanno all’estero a lavorare e il paradosso è che la sanità italiana va a cercare nuovi infermieri all’estero. Io credo che bisognerebbe pensare in primo luogo ad evitare questa fuga: costerebbe meno fatica e molto probabilmente anche meno risorse economiche».

Eppure… La politica, oltre a reperire professionisti (o pseudo tali) nei paesi del terzo mondo e a inventarsi nuove figure “con funzioni infermieristiche”, sembra brancolare nel buio. E il 77% dei professionisti, visto l’andazzo, è convinto che in futuro la situazione non migliorerà affatto.


Cosa fare, quindi, per invertire questa terribile tendenza che porta i nostri professionisti a darsela a gambe levate? Per la presidente del Coordinamento nazionale dei caposala (Cnc) del Veneto, Lorena Zanin, è necessario prima di tutto migliorare  la gestione delle risorse umane: «I coordinatori, in generale gli infermieri, sono lo scheletro portante delle nostre aziende sanitarie e quindi vanno trattati di conseguenza, riconoscendo loro uno spazio di autonomia professionale, chiedendo il loro parere, ascoltandoli, lasciandoli lavorare come sanno fare e non limitandoli in attività che rischia di far perdere il senso del proprio lavoro. Durante la pandemia la motivazione dell’infermiere invece di diminuire, per le difficoltà e i pericoli, è aumentata, questo significa che il senso di lavoro c’è ed è reale, così come c’è una grande motivazione a questo lavoro».


Con la motivazione, però, non si arriva a fine mese. E di fronte a certe organizzazioni del lavoro, fatte di svilimenti professionali continui e per certi versi istituzionalizzati, oltre all’inevitabile stress causato dalla cronica carenza di personale, anche la più ferrea motivazione è destinata a crollare.

«Ci sono un sacco di vincoli ministeriali– spiega Rotondi – che andrebbero rimossi perché producono barriere inutili, però già il singolo direttore generale di un’azienda sanitaria può fare la differenza. Infatti guardando al territorio nazionale, notiamo che c’è una buona parte di coordinatori ed infermieri che si sposta dall’azienda sanitaria in cui le risorse umane sono mal gestite ad aziende sanitarie che iniziano a gestire meglio le risorse umane».


Al Congresso di cui sopra, di cui l’ultima sessione è in programma per oggi, interverranno anche la presidente della Federazione degli Ordini delle Professioni Infermieristiche (FNOPI) Barbara Mangiacavalli e il direttore generale di Agenas, Domenico Mantoan.

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Alessio Biondino

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