Zega (OPI Roma) manda una lettera aperta ai media romani per chiedere rispetto, precisione e consapevolezza nel raccontare una professione troppo spesso fraintesa: quella dell’infermiere.
La richiesta di Zega
In un momento storico in cui la sanità pubblica si confronta con sfide strutturali sempre più complesse come l’invecchiamento della popolazione, carenza cronica di personale, crescente domanda di assistenza, parlare della figura dell’infermiere non è solo un atto di categoria. È una questione culturale.
Per questo, l’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Roma, nella penna del suo presidente Zega, ha scelto di rivolgersi direttamente al mondo dell’informazione locale romana.
Con questa lettera aperta, il presidente Maurizio Zega richiama l’attenzione delle redazioni romane su un tema che, oggi più che mai, richiede un cambio di passo comunicativo: la rappresentazione corretta, dignitosa e professionale dell’infermieristica nei media.
Il messaggio è chiaro: se vogliamo una sanità più giusta, accessibile e competente, serve anche un giornalismo che sappia raccontarla con rigore. Non per dovere d’ufficio, ma per responsabilità sociale.

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Lettera aperta alle testate giornalistiche romane
Gentilissimi, buon lavoro a voi, al rientro dalle ferie. Un autunno impegnativo attende tutti, anche il mondo della sanità. Questo però non è solo un affare per infermieri e medici ma, lo sapete, è anche un fatto sociale: un fatto culturale.
Ci rivolgiamo quindi a voi con questa lettera aperta persuasi come siamo che il ruolo dell’informazione sia importante, addirittura decisivo, per chiedervi di aiutarci.
- È un fatto comunemente ammesso che c’è sempre più bisogno di infermieri: perché la popolazione invecchia, si moltiplicano i malati cronici e si deve realizzare una sanità proattiva che non aspetti il malato all’ospedale ma lo sostenga e lo curi prima, perché gli ospedali non scoppino.
- Eppure siamo sempre di meno rispetto ai numeri che sarebbero necessari. In Italia, 6,5 infermieri per mille abitanti, contro una media europea di 8,4. (dati Ocse). E, lo sapete tutti, sono anche pagati molto al di sotto della media europea: eppure sono ben formati, visto che molti laureati in Italia vanno poi a lavorare… in Europa, dove la loro professionalità è evidentemente apprezzata, e soprattutto hanno serie prospettive di carriera, quasi del tutto assenti in Italia.
- Non sono novità, è una tendenza che dura da anni: ogni anno le domande di iscrizione ai corsi di laurea in scienze infermieristiche mostrano dati deprimenti. Per l’anno accademico 2025/2026 aspettiamo gli esiti fra qualche settimana, ma non c’è da essere ottimisti.
- Che fare allora, e cosa c’entrano gli “operatori dell’informazione”? Di certo non è la stampa a determinare gli stipendi degli Infermieri.
- Eppure voi potete invece fare molto: non si tratta infatti solo di “pagarli di più”, come talvolta si legge, presentandoci in piena buona fede – e magari con l’idea di farci cosa gradita – come una categoria di lamentosi e affamati straccioni nell’ordinario, salvo poi parlare con eccessi retorici di eroismo quando scoppia una epidemia.
- Il punto è quello, invece, di una più attenta considerazione della professione per quello che essa davvero è: un lavoro intellettuale che si fonda sulla evidenza scientifica, che ha un proprio e fiorente ambito di ricerca scientifica (in costante crescita) ed una propria autonoma responsabilità professionale. Rendere più attrattiva la professione di infermiere non è solo un fatto economico, è un problema culturale.
- L’infermiere allora è, intanto, un infermiere: cioè, un professionista laureato con una propria specifica responsabilità professionale. Non quindi chiunque lavori nel campo sanitario e non sia medico. Tutti, si sa, possiamo sbagliare: ma i casi di titoli di testate giornalistiche in cui si parla di infermiere senza curarsi di accertare se la persona di cui si parla lo sia davvero sono molto, molto frequenti. Troppo frequenti, ed è un fatto deprimente.
- Quando una sciamana, che effettua in casa l’escissione della clitoride, riduce in fin di vita la sua povera vittima, si spaventa e scappa, e poi viene definita “infermiera in fuga” nei titoli dei quotidiani, cosa dobbiamo pensare? Vi domando senza polemica: qualcuno di voi avrebbe mai scritto in un caso del genere “medico in fuga”?
- Dal 2014 esiste a Roma una via pubblica dedicata a Florence Nightingale, che è la fondatrice dell’Infermieristica: eppure sulla targa c’è la scritta “medico”, ed è sbagliata pure la data di nascita. È da allora che protestiamo, e solo da qualche tempo il Comune ha avviato la procedura di correzione, ma intanto la targa è ancora lì.
Cari amici operatori dell’informazione, cosa deve pensare un giovane capace e desideroso di progredire di fronte ad una così scarsa considerazione della professione? Intanto non la sceglie; e poi magari se l’ha ugualmente scelta perché ne ha intuito la bellezza – ma sì, la bellezza – se ne va in Europa, dove la professione è ugualmente bella ma anche magari meglio pagata. Sono certo che comprendete: meglio pagata perché meglio considerata, non per altro.
Ecco come e dove potete aiutarci: e aiutando noi, credetemi, aiutate tutto il servizio sanitario nazionale: gli infermieri sono quelli che i problemi li risolvono, non quelli che li creano.
Buon lavoro a voi.
Maurizio Zega Presidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Roma
Roma, 29 agosto 2025
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