Meloni promette agli infermieri aumenti e assunzioni ma la realtà è diversa

Nonostante gli annunci del Governo su assunzioni e aumenti per gli infermieri, i sindacati denunciano promesse ridimensionate, risorse insufficienti e una crisi che resta drammaticamente visibile nei reparti.

L’esorbitante entusiasmo del Governo

Dai 30.000 infermieri annunciati, si è scesi prima a 10.000, per poi arrivare rapidamente a 6.300 assunzioni programmate. Nel frattempo, i conti sugli aumenti promessi non tornano.

Il Governo continua a fare promesse difficili da mantenere e, tra speranze e diffidenza, i sindacati smorzano l’entusiasmo con un’iniezione di realtà.

Le risorse stanziate per la sanità, circa 2,3 miliardi di euro, dovrebbero servire a “rafforzare in generale il comparto sanitario assumere circa 6300 infermieri e ulteriori mille medici, e aumentare le buste paga degli infermieri con un aumento stimato nel 2026 di 1630 €“.

Almeno, così ha dichiarato la premier Giorgia Meloni durante la conferenza stampa che ha seguito il Consiglio dei Ministri, al termine dell’approvazione della manovra finanziaria.

Ma proprio su quell’aumento di 1.630 euro annui si addensano i primi dubbi: secondo i sindacati, la cifra include anche gli incrementi già previsti dalla legge di bilancio 2025, rendendo l’entusiasmo governativo più retorico che concreto.

Sul fronte delle assunzioni, la questione si complica ulteriormente: dove trovare 6.000 infermieri pronti all’assunzione entro un anno? A porre la domanda è Marco Ceccarelli, segretario del sindacato Coina, che sottolinea il problema strutturale della carenza di personale: “Dove troveremo 6mila infermieri da assumere subito da qui a un anno?“.

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La dura realtà emerge dai sindacati

Secondo il sindacato delle professioni sanitarie Coina, gli interventi del Governo non sono sufficienti a garantire quel cambio di passo promesso, a più riprese, dalla premier Giorgia Meloni.

Non possiamo nascondere la testa sotto la sabbia – dichiara Marco Ceccarelli, segretario nazionale –. Gli stipendi degli infermieri e delle professioni sanitarie non mediche devono essere adeguati agli standard europei e al mutato costo della vita. In Germania o in Francia un infermiere guadagna il doppio, anche di più. In Italia, dopo anni di sacrifici e il peso della pandemia, restiamo ai margini: precari, sottopagati e costretti a turni massacranti.

Le indennità promesse non bastano a colmare la perdita del potere d’acquisto causata dalla recente inflazione, né a compensare gli aumenti solo parzialmente indicizzati. E intanto resta aperta una domanda: da dove si pensa di attingere per trovare il personale mancante, se già oggi mancano migliaia di infermieri nelle strutture pubbliche e private?

A certificare questa crisi c’è anche uno studio del Nursind, secondo cui il progressivo passaggio da livelli a categorie, e infine ad aree, ha eroso gli stipendi in modo significativo.

Dal 1990 a oggi, un infermiere con anzianità media ha perso circa 2.500 euro (1.135 euro sullo stipendio base e 1.320 su altre voci). Con 40 anni di carriera, la perdita supera gli 8.500 euro.

La soluzione di recuperarli all’estero non può che essere una toppa malmessa e rischia che la soluzione a breve termine possa essere peggio del problema a medio-lungo termine, con un calo della sicurezza e dell’integrità professionale degli infermieri con ovvi rimbalzi indietro in termini di attrattività, professionalità e sicurezza.

“Il cittadino rinuncia alle cure e l’infermiere alla vita familiare – denuncia –. La crisi non è astratta: è nei pronto soccorso, nelle corsie, nei reparti senza personale.”
Ma la contestazione non riguarda solo le assunzioni. Anche la narrazione sugli aumenti appare poco convincente.

I 195 milioni stanziati per gli aumenti, divisi per i circa 285.000 infermieri del SSN, portano a meno di 700 euro l’anno per ciascuno, circa 40 euro netti al mese. Una cifra ben lontana dai 1.630 euro promessi.

Se davvero è così – sottolinea Antonio De Palma di Nursing Up – allora i 1.630 euro non derivano tutti da questa manovra, ma anche da aumenti già previsti e non ancora applicati. Si rischia di spacciare come nuova conquista ciò che era già in bilancio. Insomma se arriviamo a poco meno di 90 euro netti di aumento per gli infermieri, è davvero perché una metà di questi erano quelli che già ci toccavano?

Infine, anche sul fronte delle assunzioni, si evidenzia un dietrofront:

Si era parlato di 10.000 nuove assunzioni nel 2026, con l’obiettivo di arrivare a 25-30.000 entro il 2028 “Ora invece si scende a soli 6.000,” prosegue De Palma“Con meno di 40 euro netti in più al mese non si trattiene nessuno, né si restituisce dignità a chi tiene in piedi ospedali e territori.”

Redazione Dimensione Infermiere

Redazione di Dimensione Infermiere
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