Oggi 27 ottobre 2025, alle ore 14, verrà firmato il nuovo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per il comparto Sanità (2022-2024), che coinvolge circa 581.000 lavoratori: infermieri, ostetriche, OSS, tecnici sanitari e personale amministrativo. Forte delle prime note della Manovra 2026, gli infermieri sperano ancora in un reale cambiamento.
Una firma attesa da mesi e che porta piccole liete notizie, ma anche strani giochi di illusionismo sul futuro della professione infermieristica in Italia.
Aumenti forse, ma il banco vince sempre
Nel dettaglio, il nuovo contratto prevede un aumento medio di 172 euro lordi al mese, già visibile in busta paga da novembre.
Di questi, 145 euro derivano dall’incremento dello stipendio tabellare, mentre il resto è distribuito tra indennità di specificità, pronto soccorso e tutela del malato.
Gli arretrati per il 2024 e parte del 2025 ammonteranno fino a 1.270 euro lordi per i professionisti sanitari, meno per il personale di supporto.
Possiamo parlare di cifre sostanziale? Quasi no. Soprattutto se li guardiamo astrattamente, solo sulla carta.
In un sistema in cui la retribuzione netta viene continuamente depauperata, e pertanto resta lontana dagli standard europei, il carico di lavoro invece è cresciuto in modo esponenziale, il rischio è che questi aumenti diventino una foglia di fico utile a coprire una realtà più scomoda: l’incapacità politica di contrastare una profonda disaffezione verso una professione sempre più difficile da sostenere, economicamente e psicologicamente.
Può esistere sanità senza infermieri?
Entro il 2030, le proiezioni denunciano che mancheranno almeno 60.000 infermieri per garantire un’assistenza di base.
Una cifra che potrebbe crescere fino a 100.000 nel tipico scenario peggiore.
Il rischio non è solo per chi lavora, ma anche per chi ha bisogno di cure: l’accesso ai servizi pubblici è sempre più difficile, e l’alternativa privata resta fuori dalla portata di milioni di persone.
Nel frattempo, la spesa sanitaria out-of-pocket (cioè quella a carico diretto dei cittadini) ha raggiunto i 41 miliardi di euro l’anno, mentre 5,8 milioni di italiani rinunciano del tutto a prestazioni sanitarie essenziali. In Lombardia, terra promessa della tanto glorificata ‘sanità efficiente’ si citano cifre scandalose (alcune fonti si riferiscono fino ad 1 milione di cittadini all’anno) di persone che ha rinunciato almeno una volta a curarsi per l’inefficienza del sistema pubblico o per motivi economici.
Non c’è da stupirsi, allora, se la qualità dell’assistenza si stia erodendo giorno dopo giorno.
Manovra 2026 Infermieri: piccole vittorie e grossi dubbi
Tra le modifiche contrattuali figurano alcuni provvedimenti interessanti: limitazioni ai turni notturni per gli over 60, possibilità di donare giorni di ferie ad altri colleghi e rimborsi spese legali per chi subisce aggressioni sul lavoro.
Sono misure basilari di civiltà più che grandi conquiste. Il minimo sindacale per una categoria esposta a continuo stress, violenza e sovraccarico assistenziale cronico.
Nelle intenzioni del Governo Meloni, il 2026 dovrebbe essere l’anno della svolta, con nuovi fondi e assunzioni nella sanità.
Ma la Legge di Bilancio in discussione è già stata criticata dalla Fondazione Gimbe, in quanto la Manovra, rischia di trasformare le promesse in un’illusione contabile.
Il presidente Cartabellotta lo dichiara fortemente tramite comunicato stampa, le risorse messe sul piatto “sono briciole”, insufficienti a invertire la rotta la crisi della sanità pubblica. Il problema, infatti, è strutturale.
In Italia lavorano appena 5,8 infermieri ogni 1.000 abitanti, contro una media europea di 8,4. Il personale è vecchio e mal pagato.
Il ricambio generazionale è di fatto bloccato da condizioni poco attrattive per i giovani. E non si può sperare di continuare a importare (‘derubare‘ NdR) infermieri dall’estero quando i Paesi concorrenti offrono stipendi migliori e minori barriere linguistiche.
La firma del contratto
Il contratto si firma, gli stipendi aumentano un po’, ma il quadro complessivo resta critico. La sanità pubblica perde terreno, mentre il personale sanitario, e in particolare gli infermieri, continua a lottare, sempre meno strenuamente e con strumenti spuntati, contro una crisi sistemica.
Il rischio non è solo l’insoddisfazione individuale, ma il collasso di un intero modello di cura.
A questo punto, la vera domanda è: il contratto ha rappresentato davvero un passo avanti o è solo un temporaneo gioco delle tre carte, un gioco di illusione ben congegnato ma facile da redimere?
Lo scopriremo a novembre, quando il facile entusiasmo sull’aumento si scontrerà con una realtà inflazionata dagli aumenti dei costi dei beni, e il continuo aumento del carico di lavoro. Allora lì scopriremo quanto costa, a noi, il nostro stipendio, e i suoi piccoli aumenti.
Strumenti per tutelarti dalle aggressioni
Un’arma di cui disponiamo contro le aggressioni è la conoscenza: dei nostri diritti, delle modalità di tutela e delle misure di sicurezza a disposizione degli infermieri e degli altri professionisti sanitari.
Per questa ragione vi invitiamo a consultare il testo La tutela contro le aggressioni agli operatori sanitari dell’Avvocato penalista Fabio Piccioni, che ci introduce, con estrema chiarezza e competenza, nel mondo delle disposizioni normative a tutela della nostra salute e integrità, sia fisica che mentale.
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L’informazione è potere, e questo testo ne fornisce in abbondanza.
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La tutela contro le aggressioni agli operatori sanitari
Oggi i giornali, le tv, il web e tutti i media li chiamano “i nuovi eroi”.Eppure, da tempo è nota a livello mondiale una nuova emergenza sociale: la violenza contro di loro, la violenza nei confronti degli operatori sanitari.Ogni giorno, sono dati forniti dall’Inail, in Italia si verificano infatti ben 3 episodi di violenza contro gli operatori sanitari, comprensivi di intimidazioni e molestie.I principali fattori di rischio si rinvengono negli atteggiamenti negativi dei pazienti nei confronti degli operatori, nelle aspettative dei familiari, e nei lunghi tempi di attesa nelle zone di emergenza.Varata in piena pandemia da Covid-19, la legge 14 agosto 2020, n. 113, “Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni”, tenta di rispondere all’esigenza di sicurezza avvertita dal personale medico-sanitario, e contiene varie misure sia a livello sanzionatorio sia a livello educativo e preventivo.Viene inoltre introdotta un’ipotesi speciale del delitto di lesioni personali, una nuova circostanza aggravante comune, in presenza della quale i reati di lesioni e percosse diventano procedibili d’ufficio, e una sanzione amministrativa.Per rispondere, nell’immediatezza, alle esigenze innanzitutto di praticità degli operatori, il volume presenta un primo commentario e una dettagliata e accurata analisi della legge n. 113/2020, e tenta altresì di prefigurare le ricadute derivanti dall’impatto delle nuove disposizioni nel tessuto normativo del sistema.Fabio PiccioniAvvocato del Foro di Firenze, Patrocinante in Cassazione. LLB presso University College of London, è Docente di Diritto penale alla Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali della Facoltà di Giurisprudenza, Coordinatore e Docente di master universitari e corsi di formazione. Giornalista pubblicista, è autore di pubblicazioni e monografie in materia di Diritto penale e amministrativo sanzionatorio.
Fabio Piccioni | Maggioli Editore 2021
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