Mancano infermieri, Oss e caposala e il Nursind siciliano prepara lo sciopero della fame

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Francesco Di Masi, infermiere e segretario aziendale Asp di Catania fa luce sugli aspetti di maggiore difficoltà attinenti alla gestione della sua azienda sanitaria e alla carenza, quasi “endemica”, di infermieri.

Tra minacce di sciopero della fame e concrete possibilità di ricorrere ad altre misure forti (legarsi fisicamente alle inferriate della struttura sanitaria di Caltagirone), il declino di questo presidio come più in generale della sanità siciliana sembra ormai improcrastinabile.

Intervista al sindacalista Francesco Di Masi del Nursind Catania

Cosa ha portato il Nursind Catania ha proclamare presso l’azienda Gravina di Caltagirone lo sciopero della fame con la possibilità di incatenarvi alla struttura?

“Le radici di questo gesto, la cui concreta possibilità di realizzazione è stata solo procrastinata in attesa del risultato della convocazione presso l’assessorato siciliano, sono moltissime. Da qualche tempo abbiamo denunciato attraverso sit-in di protesta ed altre manifestazioni la grave carenza di infermieri in tutte le unità operative del nostro presidio, carenza che andrà ad acuirsi nel periodo estivo con le ferie e più in generale con i naturali pensionamenti. Una situazione ancor più grave se si tiene in mente la mancanza delle unità di supporto (OSS), che dovrebbero coadiuvare l’infermiere nell’assistenza al malato. Noi continuiamo a denunciare la quasi assoluta assenza di queste unità soprattutto in quei reparti operativi di terapia intensiva, rianimazione, cardiologia e altro. Nel nostro presidio accade inoltre che oltre la carenza quei pochi OSS in funzione alcuni di essi vengono puntualmente dislocati in due reparti contemporaneamente dando vita ad un grave pregiudizio per il lavoratore e soprattutto per i nostri utenti. Denunciamo inoltre la carenza di coordinatori, c’è da evidenziare il fatto che gran parte di questi professionisti non sono stati sostituiti dopo la pensione, per cui i loro posti vacanti sono stati presi indirettamente da semplici infermieri prestati a tali mansioni, dando vita così, nei fatti, ad un ulteriore aggravio della condizione generale in cui versano i nostri reparti.”

Quanti sono in media gli infermieri dedicati alla cura e assistenza del malato?

Le dotazioni organiche sono al minimo in tutti i reparti, ad esempio in terapia intensiva e rianimazione il rapporto dovrebbe essere di un infermiere ogni due malati, mentre da noi siamo uno ogni quattro senza unità di supporto, cosa che rende ancora più drammatica la situazione. Se poi si considera che in rianimazione non abbiamo nemmeno il caposala si può solo immaginare il motivo delle nostre recriminazioni. La nostra mission è infatti quella di erogare il migliore dei servizi al paziente, per questo in questi giorni abbiamo pensato di dare vita ad una manifestazione che prevedesse lo sciopero della fame e di incatenarci alla struttura, ma è bastato il solo aver reso pubblico il comunicato stampa e ci è pervenuta la richiesta di incontro da parte del prefetto. In contemporanea siamo stati convocati anche dall’assessorato della regione Sicilia. Questo però non basta a fermare le nostre iniziative considerato il fatto che scopo primario della nostra attività è rendere un servizio all’utente che sia decoroso.”

Professione infermiere: alle soglie del XXI secolo

La maggior parte dei libri di storia infermieristica si ferma alla prima metà del ventesimo secolo, trascurando di fatto situazioni, avvenimenti ed episodi accaduti in tempi a noi più vicini; si tratta di una lacuna da colmare perché proprio nel passaggio al nuovo millennio la professione infermieristica italiana ha vissuto una fase cruciale della sua evoluzione, documentata da un’intensa produzione normativa.  Infatti, l’evoluzione storica dell’infermieristica in Italia ha subìto un’improvvisa e importante accelerazione a partire dagli anni 90: il passaggio dell’istruzione all’università, l’approvazione del profilo professionale e l’abolizione del mansionario sono soltanto alcuni dei processi e degli avvenimenti che hanno rapidamente cambiato il volto della professione. Ma come si è arrivati a tali risultati? Gli autori sono convinti che per capire la storia non basta interpretare leggi e ordinamenti e per questa ragione hanno voluto esplorare le esperienze di coloro che hanno avuto un ruolo significativo per lo sviluppo della professione infermieristica nel periodo esaminato: rappresentanti di organismi istituzionali e di associazioni, formatori, studiosi di storia della professione, infermieri manager. Il filo conduttore del libro è lo sviluppo del processo di professionalizzazione dell’infermiere. Alcune domande importanti sono gli stessi autori a sollevarle nelle conclusioni. Tra queste, spicca il problema dell’autonomia professionale: essa è sancita sul terreno giuridico dalle norme emanate nel periodo considerato, ma in che misura e in quali forme si realizza nei luoghi di lavoro, nella pratica dei professionisti? E, inoltre, come si riflettono i cambiamenti, di cui gli infermieri sono stati protagonisti, sul sistema sanitario del Paese? Il libro testimonia che la professione è cambiata ed è cresciuta, ma che c’è ancora molto lavoro da fare. Coltivare questa crescita è una responsabilità delle nuove generazioni. Le voci del libro: Odilia D’Avella, Emma Carli, Annalisa Silvestro, Gennaro Roc- co, Stefania Gastaldi, Maria Grazia De Marinis, Paola Binetti, Rosaria Alvaro, Luisa Saiani, Paolo Chiari, Edoardo Manzoni, Paolo Carlo Motta, Duilio Fiorenzo Manara, Barbara Man- giacavalli, Cleopatra Ferri, Daniele Rodriguez, Giannantonio Barbieri, Patrizia Taddia, Teresa Petrangolini, Maria Santina Bonardi, Elio Drigo, Maria Gabriella De Togni, Carla Collicelli, Mario Schiavon, Roberta Mazzoni, Grazia Monti, Maristella Mencucci, Maria Piro, Antonella Santullo. Gli Autori Caterina Galletti, infermiere e pedagogista, corso di laurea magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.Loredana Gamberoni, infermiere, coordinatore del corso di laurea specialistica/ magistrale dal 2004 al 2012 presso l’Università di Ferrara, sociologo dirigente della formazione aziendale dell’Aou di Ferrara fino al 2010. Attualmente professore a contratto di Sociologia delle reti di comunità all’Università di Ferrara.Giuseppe Marmo, infermiere, coordinatore didattico del corso di laurea specialistica/ magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede formativa Ospedale Cottolengo di Torino fino al 2016.Emma Martellotti, giornalista, capo Ufficio stampa e comunicazione della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi dal 1992 al 2014.

Caterina Galletti, Loredana Gamberoni, Giuseppe Marmo, Emma Martellotti | 2017 Maggioli Editore

32.00 €  30.40 €

 

Qual è l’età media degli operatori sanitari nel vostro presidio?

“Noi parliamo di personale che per il 75% è ultracinquantenne, per cui la problematica della carenza delle dotazioni organiche è strutturale. Non possiamo garantire un livello di assistenza elevato con un organico sempre più ridotto, senza unità di supporto e senza coordinatori, peraltro con una età media degli infermieri elevatissima.”

Quali sono i prossimi sviluppi di questa protesta?

“Per il momento abbiamo sospeso lo stato di agitazione in attesa delle risposte degli enti preposti, ma continuiamo a monitorare gli sviluppi della vicenda. Una sospensione questa che è solo momentanea e che perdurerà fino al 20 maggio, qualora le nostre istanze non dovessero trovare pieno accoglimento inizieremo nuovamente con gli strumenti di protesta di cui sopra.” 

Martino Di Caudo

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