Da “eroi” a ultime ruote del carro da prendere a insulti, a schiaffi, a calci, addirittura a coltellate. Con uno stipendio da fame e con zero possibilità reali di carriera. Sfruttati e demansionati in nome della perpetua carenza di personale e del “bene del paziente”. Nuovamente ignorati dalla politica (al momento sono ricominciate solo le promesse, VEDI) e consapevoli che forse, anche stavolta, non cambierà proprio nulla.
È per questo che moltissimi infermieri italiani non ce la fanno proprio più e, alla prima vera occasione, mollano la professione per dedicarsi a qualcos’altro. Cancellandosi dal proprio Albo.
Stavolta, l’allarme arriva da Remo Galaverna, infermiere coordinatore dei due Day hospital (oncologico e medico) dell’ospedale di Cuneo e presidente dell’OPI del capoluogo piemontese.
Secondo i dati dell’Ordine aggiornati al 2022, infatti, in un anno si sarebbero cancellati dall’Albo ben 109 infermieri (su 4764 iscritti), gruppo composto per la maggior parte da ex infermieri che hanno scelto di lasciare la professione.
E se a ciò aggiungiamo il fatto che nell’anno in corso le iscrizioni al corso di laurea in Infermieristica sono calate del 7%, gli scenari preannunciati dal Censis (un futuro senza infermieri, VEDI) sembrano sempre più reali e vicini.
E questo “nonostante la grande visibilità della nostra professione, in particolare con l’esplosione del Covid” sottolinea Galaverna. Che ricorda, altresì, come i problemi della professione siano tanti, uno su tutti: lo stipendio, il secondo più basso d’Europa, a fronte di responsabilità da professione vera e da un carico lavorativo, umano ed emotivo oggi insostenibile.
Per il presidente gli altri nodi da sciogliere per risollevare l’Infermieristica sono sempre gli stessi: quello del “vincolo di esclusività per chi lavora nelle aziende pubbliche” e una formazione post-laurea che quasi sempre conviene solo ed esclusivamente a chi la eroga (…).
Ma non solo. Per Galaverna c’è anche un altro lavoro da fare: “Ancora adesso, in molti non sanno che gli infermieri sono dei laureati. E’ anche su questa percezione che l’Ordine sta lavorando, a livello nazionale e locale. La popolazione sta invecchiando, gli infermieri sono e saranno figure sempre più strategiche e importanti. Serve formazione ma serve anche che questa sia riconosciuta”.
Nessuna parola sul demansionamento, ovviamente, che in moltissime realtà relega quelli che dovrebbero essere dei professionisti dotati di scienza e di coscienza al ruolo di inservienti o poco più (VEDI), cosa che non aiuta affatto la già scarsa attrattività professionale e che a 28 anni dal decreto 739/94 non migliora minimamente l’immagine che i cittadini (giornalisti, dirigenti aziendali e politici inclusi) hanno degli infermieri, ma… A questo siamo abituati oramai da tempo.
