Antibiotico-resistenza? Un’emergenza sanitaria che ci riguarda tutti

La resistenza agli antibiotici non è una minaccia futura: è già qui, e sta riscrivendo le regole della cura. Scopri quello che devi sapere sull’antibiotico-resistenza o guarda il video alla fine dell’articolo. È richiesta la collaborazione di tutti!

La crisi silenziosa della resistenza agli antibiotici

Sono passati due anni dalla conclusione ufficiale della pandemia Covid, eppure sembra che abbiamo già dimenticato quanto un semplice microrganismo possa cambiare le sorti del mondo.

Ci illudiamo di vivere in un’epoca dove ogni minaccia biologica sia gestibile grazie alla medicina moderna.

Ma la realtà è un’altra: oggi siamo spettatori — spesso distratti — di una crisi sanitaria ben più subdola, ma potenzialmente devastante.

Parliamo della resistenza agli antibiotici, un fenomeno che rischia di riportarci indietro di oltre un secolo, quando anche una banale ferita infetta poteva trasformarsi in una condanna a morte.

L’antibiotico-resistenza è il risultato di un processo evolutivo naturale, ma oggi risultato accelerato e diretto dell’uso improprio, massiccio e sistemico degli antibiotici, non solo in ambito clinico, ma anche zootecnico, agricolo e ambientale.

Farmaci somministrati senza indicazione, interrotti troppo presto, assunti per infezioni virali e distribuiti negli allevamenti in via preventiva: tutte pratiche che hanno selezionato batteri sempre più abili a sfuggire ai meccanismi d’azione dei farmaci.

Oggi, in ospedale, la lettura dell’antibiogramma è diventata una caccia alle “S” (sensibilità), mentre le “R” (resistenze) sembrano moltiplicarsi. E nel frattempo, aumentano i costi sanitari, la complessità clinica, le giornate di degenza. Aumenta tutto, tranne la nostra capacità di agire per tempo.

Un nemico evoluto, invisibile e inarrestabile?

I batteri, a differenza nostra, giocano su un altro piano temporale. Una generazione umana dura 25 anni. Una batterica può durare 20 minuti. Questo significa che, in meno di un secolo di uso degli antibiotici, una linea batterica può aver attraversato decine di migliaia di generazioni.

Ogni mutazione utile, ogni piccola variazione che permette di eludere un farmaco, si fissa nel patrimonio genetico con una velocità che non ha paragoni nel regno animale.

Ma non è tutto: i batteri sono organismi sociali. Si scambiano informazioni, si inviano geni di resistenza tramite plasmidi, si organizzano in colonie protette da biofilm, modificano le membrane, emettono enzimi capaci di degradare i farmaci. Hanno sviluppato pompe di efflusso per espellere ciò che li minaccia. Sono, a tutti gli effetti, sistemi intelligenti di sopravvivenza.

Nel 2019, oltre 5 milioni di decessi sono stati legati a infezioni resistenti. Di questi, almeno 1,27 milioni sono stati causati direttamente dalla resistenza antimicrobica. Le proiezioni peggiori parlano di 10 milioni di morti all’anno entro il 2050.

E se il lato umano non bastasse a farci reagire, quello economico è altrettanto allarmante: secondo la Banca Mondiale, il costo globale dell’antibiotico-resistenza potrebbe arrivare a 1000 miliardi di dollari entro il 2050. Per capirci, è come costruire 75 volte il ponte sullo stretto di Messina ogni anno, o finanziare 7 anni interi di sanità pubblica italiana.

A fronte di questo, le grandi case farmaceutiche hanno quasi abbandonato la ricerca di nuove molecole antibiotiche: troppo costosa, poco remunerativa, con trial clinici complessi e spesso fallimentari.

Un paradosso crudele: proprio mentre i batteri accelerano, noi rallentiamo.

Un problema sistemico, una risposta integrata

Le infezioni da batteri multiresistenti colpiscono tutti, ma ci sono categorie più esposte: anziani, bambini, pazienti cronici, immunodepressi, trapiantati, oncologici, lungodegenti, residenti in RSA.

Il rischio non è ipotetico, è attuale.

E le risposte all’antibiotico-resistenza non possono essere solo cliniche o farmacologiche. Serve una rivoluzione culturale e organizzativa, guidata da un paradigma ormai imprescindibile: One Health, ovvero la consapevolezza che salute umana, animale e ambientale siano legate a doppio filo.

I batteri viaggiano. Attraversano confini, oceani, specie. Si diffondono con la globalizzazione, con il turismo, con i commerci alimentari. Per questo l’azione deve essere globale, interconnessa, interdisciplinare.

Nel nostro piccolo, però, possiamo, e dobbiamo, fare la differenza.

Gli infermieri, come tanti altri professionisti sanitari, hanno un ruolo chiave nella gestione, prevenzione e sensibilizzazione contro l’uso scorretto degli antibiotici.

Il Piano Nazionale di contrasto all’Antibiotico-Resistenza (PNCAR) affida a infermieri e farmacisti il compito di guidare i cittadini verso un uso più consapevole e responsabile dei farmaci.

Educare alla aderenza terapeutica, contrastare la automedicazione, contribuire al controllo delle infezioni in ambito ospedaliero sono tutte azioni concrete. Ma, prima di tutto, serve consapevolezza. La battaglia è cominciata. E anche se i batteri sembrano avere qualche vantaggio, possiamo ancora cambiare il corso della storia.

A patto di iniziare, da subito.

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