Carenza di personale infermieristico nel Ssn: 2788 unità in meno.

E’ un Ssn ormai in declino, e non si può parlare altrimenti. Il personale sanitario scarseggia (soprattutto carenza di personale infermieristico) langue il ricambio generazionale ed emigrare all’estero è diventato l’unico rimedio alla mancanza atavica di opportunità.

Mancano all’appello 10.444 professionisti sanitari.

Facciamo un po’ il resoconto, sono i numeri a disegnare un panorama arido, oltre il quale, sarà difficile scorgere un esito positivo. Il decadimento è certificato dalla mancanza sul territorio nazionale di almeno 10.444 unità fra medici e infermieri, il dato si riferisce al 2015, con stipendi praticamente bloccati (l’aumento di 7,7€ al mese per questi ultimi è da ritenere insignificante se paragonato alla inflazione generale), ma l’analisi dell’attuale realtà non si ferma certo a queste valutazioni.

La situazione è ancora più allarmante se si prendono in considerazione le singole regioni, nelle otto in piano di rientro (Abruzzo, Calabria, Campania, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia e Sicilia) che già vivono la condizione difficilissima di essere costantemente al di sotto dell’organico minimo per dare vita ad un livello di assistenza accettabile, si registra il 70% circa delle perdite totali di personale.

Sempre più vecchi

L’indagine, che fa riferimento al 2015 mostra, inoltre, come dal paragone con l’anno precedente, risulti palese l’aumento dell’età media di ogni singolo infermiere che si attesta ai 47.5 contro il 47 del 2014. Aumentano infine anche i precari, che passano dai 10.942 del 2014 ai 12.136, in pratica quasi 1200 in più.

 

Il fatto gravissimo della perdita di infermieri.

Stiamo dando vita ad un Ssn più vecchio, con  la perdita di 2.788 infermieri dal 2014 al 2015, stiamo inoltre disegnando un paese dove l’età media dei lavoratori sale vertiginosamente, in presenza di retribuzioni praticamente bloccate e con situazioni di disagio dettate dalla crescente precarietà. Il tutto a danno, in primo luogo dell’utenza, sì perché non va dimenticato che il tutto ricade su chi deve fare affidamento sugli infermieri, che saranno sempre più oberati di lavoro, costretti a turni di lavoro infiniti, demotivati da condizioni economiche non all’altezza della mansione svolta e sempre più vecchi.

La prassi del mancato rispetto delle regole ue.

Fanno riflettere le parole della presidente della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi Barbara Mangiacavalli, secondo la quale: ” E’ da tempo ormai che abbiamo formalizzato una carenza minima di almeno 47mila infermieri di cui 18mila sarebbero necessari solo per rispettare le regole Ue sugli orari di lavoro che, invece, ancora sembra siano in alto mare”.

E già, perché se entriamo nell’ambito di quelli che sono gli standard europei, allora il gap diviene enorme e a tutto svantaggio delle condizioni di salute non solo del paziente , ma del professionista stesso. Continua, infatti, la presidente Ipasvi: “vogliamo ribadire e ricordare solo alcuni dati elaborati a livello internazionale. Secondo un recente studio inglese, il tasso di mortalità risulta del 20% inferiore quando ogni infermiere ha in carico un numero di pazienti pari a 6 o meno, rispetto a quei contesti dove ogni singolo infermiere ha in carico 10 o più pazienti e in Italia lo scorso anno, con più professionisti, la media era di 12 pazienti. Un altro studio ha sottolineato che il rischio di morte aumenta con l’esposizione a turni con ore di presenza infermieristica inferiori di almeno 8 ore rispetto al monte-ore programmato o nei quali il turnover dei pazienti è molto elevato. Il rischio aumenta del 2% per ogni turno con presenze di professionisti al di sotto del monte ore e del 4% per ogni turno con elevato turnover dei pazienti. Un brutto segnale visto che meno personale si traduce in più straordinario e turni necessariamente più lunghi”.

Senza quindi fare ricorso a banali allarmismi, ritengo necessario, un intervento da parte delle istituzioni, che segni un’inversione di tendenza, rispetto ad un trend pericolosamente vicino alla rovina di un Ssn non più in grado di tutelare i propri stessi cittadini, siano essi pazienti o personale sanitario.

Martino Vitaliano Di Caudo

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