Carenza di personale a Como: del tipo Don Chisciotte levati proprio…

Dario Tobruk 09/07/25

Mentre i concorsi continuano ad andare deserti e gli ospedali si affidano agli ultrasettantenni per tamponare l’emergenza, la dirigenza sanitaria sembra incapace di cambiare rotta. Servirebbero soluzioni strutturali, non l’ennesima toppa, ma chi deve trovare le soluzioni si nasconde dietro la legge, la burocrazie e gli organigrammi. Riassunto di una sanità italiana allo sfacelo.

Over70 richiamati dalla pensione per tornare a lavorare in sanità

Un’ottantina di medici e oltre 30 infermieri in pensione hanno risposto all’appello dell’ASST Lariana, l’azienda ospedaliera di Como, che lo scorso maggio ha pubblicato un bando per arruolare personale sanitario in pensione. L’obiettivo? Tappare, alla meno peggio, i buchi di una voragine: quella della carenza cronica di personale negli ospedali pubblici.

Tra chi ha risposto, si leggono nomi di ex primari, cardiologi, endocrinologi, psichiatri, geriatri, medici di famiglia e legali. L’età media si aggira tra i 67 e i 78 anni. I contratti? A tempo determinato, con scadenza a fine anno, rinnovabili nel 2026. Tutti in libera professione.

Il problema? Le condizioni economiche e lavorative ormai insostenibili. Turni massacranti, stipendi congelati da anni, conciliazione vita-lavoro impossibile. Non è un caso se molti scelgono la via della Svizzera o del privato. Ancora peggio va per gli infermieri: sempre nel 2022, le dimissioni sono passate da 48 (nel 2011) a 165. +250%.

A vederla così sembrerebbe una storia di dedizione. Ma basta uno sguardo ai dati per capire che il quadro è più simile a una corsa contro il tempo, fatta con le stampelle.

Nel 2022, solo nel territorio comasco, 442 lavoratori hanno lasciato il sistema sanitario pubblico. Nel 2011 erano stati 145. Parliamo di un incremento del 200%, secondo i dati della Ragioneria Generale dello Stato diffusi dalla UIL Lombardia.

E attenzione: quei numeri non includono né i pensionamenti né i trasferimenti verso altri enti. In pratica, si tratta quasi esclusivamente di dimissioni volontarie.

Carichi di lavoro insostenibili

Secondo Massimo Coppia, segretario UIL Funzione Pubblica del Lario, “i carichi di lavoro sono insostenibili, le paghe ferme da troppo tempo. Le dimissioni colpiscono soprattutto le donne, che non riescono più a reggere il peso della doppia vita. E poi c’è il caro casa: vivere a Como è diventato proibitivo per molte giovani coppie”.

A fronte di tutto ciò, la risposta istituzionale è una: si cerca personale ovunque, anche all’estero. La Regione Lombardia ha avviato trattative con paesi sudamericani per portare nuovi infermieri nei reparti, con l’aiuto di agenzie interinali. Ma non basta.

Un recente concorso bandito dal Distretto del Medio Lario per assumere 24 infermieri a tempo indeterminato ha avuto un esito surreale: 40 iscritti, 6 presenti alle prove, 1 solo accetta il posto. Quel singolo infermiere ha preso servizio a Menaggio il 16 gennaio. Gli altri posti restano vacanti.

Nel frattempo, 12 infermieri interinali sudamericani stanno per arrivare a Menaggio. L’ASST ha messo a disposizione un convitto all’interno dell’ospedale, nei locali dismessi del vecchio SPDC, per ospitare i 13 nuovi arrivi (compreso l’unico assunto).

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Dirigenti contro i mulini a vento

Abbiamo bisogno di personale e percorriamo tutte le strade che la legge ci consente”, ha dichiarato il direttore generale Luca Stucchi. “Continueremo a bandire concorsi, ma gli infermieri ci servono adesso”.

Ma qui sta il nocciolo: se i concorsi vanno deserti, se le condizioni non cambiano, se le università faticano a riempire i corsi di laurea in Infermieristica, è chiaro che il problema non si risolve con le toppe.

Una parafrasi del monito di Einstein, che di problemi e soluzioni ne ha affrontati molti, afferma che tentare di risolvere lo stesso problema con le stesse soluzioni è una pratica che può portare a risultati fallimentari, spesso aggravando la situazione iniziale.

Questo comportamento è chiamato “tentata soluzione” e si verifica quando, nonostante il fallimento di un approccio, si continua ad applicarlo nella speranza di un esito positivo, creando un circolo vizioso.

Vederlo ripetere da così tanti anni, in così tanti luoghi, ha smesso da un po’ di essere frustrante e comincia ad assumere il sapore della rassegnazione, dell’aspettativa da parte delle dirigenze sanitarie che, per accidia o per timore, continuano a nascondersi dietro la legge, la burocrazia, gli organigrammi.

Bypassando completamente il ruolo che è stato loro affidato e in cui la sanità investe anche economicamente: quello di essere motore d’innovazione.

Servono investimenti strutturali, contratti rinnovati, incentivi, welfare. E, soprattutto, serve rispetto per una professione che ogni giorno tiene in piedi la salute pubblica di questo Paese.

Ma per ora, il pronto soccorso è affidato agli ultrasettantenni. E anche l’ennesima toppa è stata messa.

Attendiamo la prossima, con la curiosità di un pubblico ormai pronto ad accettare qualsiasi espediente da parte di una dirigenza donchisciottesca che combatte contro i mulini a vento, e che deve, per continuare a trovarsi un posto nel mondo, far finta che quelli siano veri draghi. O, altrimenti rischiare di dover riconoscere una volta per tutte che, armature e titoli cavallereschi, non hanno alcun valore, deporre le armi e riconoscere di aver perso la battaglia. Contro i mulini a vento, certo.

Autore: Dario Tobruk  (seguimi anche su Linkedin – Facebook InstagramThreads)

Dario Tobruk

Dario Tobruk è un infermiere Wound Care Specialist, autore e medical writer italiano. Ha inoltre conseguito una specializzazione nella divulgazione scientifica attraverso un master in Giornalismo e Comunicazione della Scienza, focalizzandosi sul campo medico-assistenziale e sull…Continua a leggere

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