Controllo antalgico in addominoplastica: aspetto psicologico

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Tutti ormai siamo testimoni di quanto la chirurgia estetica stia negli anni prendendo sempre più piede all’interno della nostra società. Ognuno di noi conoscerà almeno una persona che ha deciso di sottoporsi ad un intervento per modificare una o più parti del suo corpo per insoddisfazione o per il completamento di un lungo percorso di cambiamento (es: una grossa perdita di peso).

Ma quanto le caratteristiche specifiche di questo paziente possono incidere su una delle componenti più importanti delle nostre valutazioni infermieristiche? Parliamo del dolore.

Per scoprirlo abbiamo condotto un campionamento e analisi sulla rilevazione antalgica sugli interventi di addominoplastica (singola o combinata con altri interventi: mastopessi, lifting braccia eo gambe ecc…). La scelta di questo intervento è avvenuta in base alla sua elevata componente antalgica, per via del coinvolgimento dei tessuti muscolari.

Chi è il paziente della chirurgia estetica?

Sebbene parte dell’immaginario comune possa pensare che questo paziente non abbia particolari bisogni assistenziali, per via del fatto che molti interventi a cui si sottopone non hanno valenza di necessità, la componente psicologica, spesso gioca un ruolo fondamentale nell’interazione e nella comprensione di quelli che sono i bisogni assistenziali necessari.

L’insoddisfazione riguardo alla propria immagine sembra essere legata agli effetti negativi riportati dai media e dai concetti socioculturali vigenti, ma il disturbo dell’immagine corporea è altresì correlata a diversi disturbi mentali.

Sono molte le persone che si sentono a disagio con almeno una parte del loro corpo.
Pensieri e sentimenti negativi sulla propria immagine corporea vengono definiti come insoddisfazione, che viene considerata la misura globale più importante di stress correlata al corpo.

L’importanza dell’apparenza riflette l’investimento cognitivo-comportamentale nel proprio aspetto fisico come espressione dell’importanza che le persone attribuiscono alla loro immagine.

Qual è la storia della chirurgia estetica?

Dalla Prima guerra mondiale in poi, l’enorme quantità di sopravvissuti alle tragedie del campo di combattimento, pose nuovi problemi sociali. Gli uomini, infatti, non volevano solo sopravvivere, ma tornare per quanto possibile alla vita normale. È in quest’ambito che, per la prima volta, tra quelli che venivano definiti ‘i problemi sociali della chirurgia’, iniziò a prendere piede la chirurgia estetica in quanto tale.

A partire dal secondo dopoguerra confluirono nella definizione di salute sempre più numerose esigenze di diverso tipo. Nella definizione dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) la salute era concepita allo stesso tempo come assenza di malattia, salute mentale, salute sessuale, salute ambientale, equilibrio psicoaffettivo, autostima. Il ricorso alla chirurgia estetica ormai non è più solo prerogativa delle classi sociali più ricche; inoltre, esso non è più esclusivo del mondo femminile, perché è richiesto sempre più estesamente dagli uomini.

Intervista alla dott.ssa Raffaela Sangregorio e al professor Lorenzetti

La dottoressa Raffaella Sangregorio è un’anestesista che, oltre alle sue numerose esperienze professionali, ha maturato numerose collaborazioni nell’ambito della chirurgia estetica. A lei abbiamo chiesto:

Quale tipo di anestesia si pratica nell’ambito della chirurgia estetica?

“Il tipo di anestesia eseguita nella chirurgia estetica è sicuramente quella generale, per la tipologia di pazienti che si approcciano a questa branca che sono particolarmente caratterizzati da ansia e con un profilo psicologico che poco si presta all’anestesia periferica che invece richiederebbe una buona collaborazione del paziente. Questi sono interventi non necessari, con la libera volontà del paziente di affrontare un intervento chirurgico e questo nel perioperatorio aumenta e intensifica lo stato d’ansia del paziente”.

Quali sono le caratteristiche specifiche della terapia antalgica per l’intervento preso in esame in questa tesi?

La terapia antalgica prevede un’associazione tra oppioidi e fans. Gli oppioidi vengono titolati per trovare un giusto equilibrio tra una buona analgesia postoperatoria e l’assenza totale di effetti collaterali. L’effetto collaterale più temuto nella chirurgia estetica è la nausea e il vomito postoperatorio. Il PONV viene considerato forse come la conseguenza più grave (paradossalmente) rispetto ad un piano antalgico non adeguato”.

Quali sono le caratteristiche specifiche del paziente di chirurgia estetica?

I pazienti possiamo dividerli facilmente fra quelli specifici della chirurgia estetica pura e quelli propri della chirurgia plastica funzionale (come, per esempio, la chirurgia post-bariatrica). Nel primo caso ci sono pazienti che affrontano un intervento non necessario per libera scelta e sono pazienti fragili, poco sicuri che vogliono migliorare il proprio aspetto fisico; nel secondo caso i pazienti arrivano da un percorso lungo come il post-dimagrimento e la chirurgia plastica è l’ultimo step, per ricostruire un equilibrio del proprio corpo come, Sono pazienti molto motivati che hanno superato la del cambiamento sostanziale di vita e la loro forza motivazionale li aiuta sicuramente in un recupero più ottimale”.

Di che tipo di intervento stiamo parlando, dal punto di vista chirurgico?

Il professor Lorenzetti, specialista in Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica, presso la Clinica Parioli di Roma, risponde così alla domanda: “In cosa consiste l’addominoplastica?”

“E’ un intervento chirurgico attraverso il quale si asporta l’eccesso di grasso e di pelle della parete addominale che, molto spesso si associa ad una plicatura dei muscoli retti dell’addome, cioè si corregge la diastasi dei muscoli retti, quindi al loro allargamento consequenziale ad aumenti di peso significativi o a gravidanze, specie se multiple.”

Ci sono delle complicanze legate a questo intervento?

Ogni intervento chirurgico ha complicanze. Le più frequenti, ad esempio, consistono in ematoma o piccole deiscenze della ferita, piccole irregolarità, ma vi sono altre complicanze descritte molto significative e, per fortuna molto rare come eventi trombotici ed embolici”.

Quali sono le caratteristiche proprie del paziente che si approccia alla chirurgia plastica?

E’ un paziente che si presenta con caratteristiche diverse. C’è una fascia estremamente motivata e convinta che si presenta per correggere tramite interventi chirurgici difetti reali che possono essere congeniti, quindi presenti fin dalla nascita o acquisiti (per esempio una donna che partorisce ha chiaramente un seno e una pancia meno florida di quando era ragazza o una donna che supera i cinquant’anni e ha un viso che non è più lo stesso, cosa che riguarda anche altri distretti corporei).

Poi ci sono persone che impongono aspettative eccessive nella chirurgia plastica che non potranno quindi mai essere esaudite e in questo caso potrebbero essere pazienti in grado di creare problemi. Per questo motivo è essenziale in questo ambito, creare un rapporto medico-paziente efficace per fare in modo che il medico parli chiaramente con il paziente, evidenziando in maniera chiara ciò che si può e non si può ottenere.”

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Analisi di 30 valutazioni antalgiche nei pazienti di addominoplastica

Per ogni paziente, abbiamo rilevato:

  • dati antropometrici (età peso, sesso, altezza etc.);
  • anamnesi clinica;
  • dati anestesiologici (ASA, mallampati, cormack);
  • autovalutazione riguardo alla propria soglia del dolore;
  • tipo di intervento (durata; tipologia di terapia antalgica eseguita nel peri operatorio).

I pazienti sono stati seguiti per tutto il percorso di degenza (pre-peri-postoperatorio) e gli abbiamo sottoposto un questionario di valutazione antalgica, utilizzando due scale:

Wonk Faces Scales

Wonk Faces Scales
Wonk-Faces-Scales

Nrs Scale

NRS scale
NRS-scale

Per la terapia antalgica peri-operatoria sono stati somministrati oppiodi (morfina; fentanest; remifentanil), paracetamolo e fans. Per la terapia antalgica post-operatoria invece: paracetamolo e infusor (fans; antiemetici)

La morfina è stata impiegata per il controllo del dolore intraoperatorio e postoperatorio, seguendo una adeguata titolazione preventiva per ogni singolo caso:

  • Dose minima ev 4 mg; dose massima ev10mg;
  • dose minima SC 2mg; dose massima SC 10 mg

La rilevazione antalgica è stata eseguita ad intervalli regolari su due giorni:

  • tempo 0; 2-6-12 ore post-operatorie nella prima giornata
  • ore 8 – 12 e nella predimissione nella seconda giornata di degenza
1. Comparazione Morfina- NRS (Media delle rilevazioni antalgiche (scala NRS) su 2 giorni, comparata con la somministrazione morfinica Intraop. e SC) Primo giorno.
figura 1
figura 1
Giorno 1
  • Dose morfina stimata in base alle caratteristiche del paziente e al tipo di intervento
  • Dose minima ev 4 mg; dose minima SC 2mg
  • Dose massima ev 10 mg; dose minima SC 10 mg
  • I pazienti 2-3-5-19 hanno subito un intervento maggiore multiplo
  • I pazienti 6-8-22 hanno subito un intervento maggiore ordinario
  • Gli effetti collaterali tipici dell’anestesia sono stati ben controllati durante tutta la durata della degenza.
figura 2
figura 2

Giorno 2: Tutti i pazienti hanno conseguito una terapia antalgica oraria postoperatoria a base di paracetamolo (ogni 6h dalla fine dell’intervento. La terapia è in combinazione con un infusor (60 ml2mlh) con FANS+ antiemetici (metocoplamide+ zofran).

2. Trend analysis su rilevazione antalgica in scala NRS (Comparazione della media giornaliera di rilevazione antalgica fra D1 e D2, 5 rilevazioni al giorno sottoposte al paziente)
figura 3
figura 3
  • Picco massimo raggiunto nella rilevazione del primo giorno => 6.5 (dolore di media entità secondo la scala NRS)
  • Picco massimo raggiunto nella rilevazione del secondo giorno => 4.5 (dolore di lieve entità secondo la scala NRS)
3.Comparazione fra rilevazione antalgica e autovalutazione del paziente (Comparazione fra media di rilevazione antalgica post-operatoria sui due giorni D1+D2 e autovalutazione pre-operatoria del paziente sulla propria soglia del dolore (scala 1-3).figura 4 Rispetto all’autovalutazione richiesta al paziente stesso, non sempre ciò che si comunica coincide con gli effettivi riscontri postoperatori (paura? Inconsapevolezza dell’intervento a cui si va incontro?).
4. Rapporto durata intervento e media antalgica su due giorni (Comparazione fra media di rilevazione antalgica post-operatoria sui due giorni D1+D2 e durata dell’intervento chirurgico)
figura 5
figura 5

Non sembra esserci una stretta correlazione tra la durata dell’intervento e la media antalgica rilevata nelle due giornate, sebbene i pazienti 5-6-22 hanno dichiarato una bassa soglia del dolore mentre il paziente 19 una media soglia.

5. Test di correlazione fra rilevazione antalgica, sesso del paziente e BMI
  1. Test di correlazione fra Sesso del paziente, durata dell’intervento e rilevazioni antalgiche rilevati sui due giorni.
  2. Test di correlazione fra rilevazioni antalgiche sui due giorni (medie) e indici BMI
figura 6
figura 6
  • Tra la comparazione dei sessi si evidenzia una lieve superiorità nella soglia antalgica maschile nel primo giorno rispetto al sesso femminile con una lieve inversione in seconda giornata.
  • Nella nostra esperienza non abbiamo osservato una correlazione significativa tra BMI ed NRS benché alcuni pazienti presentassero pluricomorbidità come: OSAS, ipertensione, cardiomiopatia dilatativa primaria…

Conclusioni:

Il paziente di chirurgia plastica risulta avere tipologie e caratteristiche particolari soprattutto sotto il profilo psicologico per i quali necessita particolare assistenza.

La titolazione morfinica in combinazione con la terapia antalgica intra e postoperatoria ha condotto a buoni risultati per quanto riguarda il controllo antalgico e il contenimento degli effetti collaterali della morfina.

Rispetto all’autovalutazione richiesta al paziente stesso, non sempre ciò che comunica coincide con gli effettivi riscontri postoperatori (paura? Inconsapevolezza dell’intervento a cui si va incontro?)

Il miglioramento del controllo antalgico potrebbe essere raggiunto attraverso blocchi locali eseguiti a fine intervento (impedimento raggiunto soprattutto da diversi punti di vista tra chirurgo e anestesista).

La stretta collaborazione tra reparto e sala operatoria risulta essere la chiave principale per un corretto controllo sia antalgico che di eventuali effetti collaterali.

AutriceMartina Urracci – Tecnico di anestesia presso “Clinica Parioli”

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Martina Urracci

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