Gli infermieri psichiatrici e le aggressioni quotidiane: “Abbiamo paura, siamo abbandonati a noi stessi”

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Hanno paura, gli infermieri psichiatrici italiani. Perché le aggressioni fisiche sono all’ordine del giorno e sembra che niente sia in grado di arginare efficacemente il problema. A denunciarlo è Marco Ceccarelli, Segretario Nazionale del Coina (Coordinamento Infermieristico Autonomo): «Non solo pronto soccorsi trasformati in vere e proprie polveriere, con gli infermieri (professionisti sanitari) che arrivano a subire, come di recente, anche calci in pieno volto, azioni inspiegabili simbolo di aggressioni a dir poco disumane. 

Ci sono anche le ambulanze del 118 che diventano triste palcoscenico di brutali violenze consumate da parte di pazienti in preda a inspiegabili raptus di rabbia, addirittura mentre la professionista di turno, come spesso accade le vittime sono le donne, cerca di prestare con il massimo zelo tutte le cure del caso.


La cronaca recente, però, ci racconta che, al terzo posto assoluto, come potenziale rischio di vessazioni fisiche e psicologiche negli ospedali, ci sono i nostri reparti di psichiatria. Attenzione a dare per scontato che tutto questo debba essere per forza ampiamente previsto dal momento che si tratta di soggetti affetti da patologie psichiche. Non è giustificabile in alcun modo che una infermiera, lasciata inspiegabilmente sola con “pazienti difficili”, si veda addirittura aggredire con le mani alla gola in un palese tentativo di strangolamento.

Noi del Coina abbiamo voluto riassumere i fatti di cronaca più recenti e abbiamo anche ripreso una recente indagine degli psichiatri italiani, le vittime per eccellenza delle aggressioni da parte di pazienti affetti da disturbi mentali, accanto naturalmente agli infermieri e in particolare, neanche a dirlo, come detto, alle nostre donne della sanità.


4 Gennaio 2024 Reggio Emilia, grido di allarme degli infermieri del reparto psichiatrico dell’ospedale di Correggio dopo l’ennesima giornata difficile alle prese con i pazienti affetti da malattie psichiche. Ci sentiamo soli e abbandonati, dicono i professionisti, qui molto spesso, al nostro fianco, non c’è nemmeno un vigilantes e i ricoverati spesso sono fuori controllo.

18 febbraio 2024, Modena. Paziente ricoverato nel reparto psichiatrico dell’ospedale di Baggiovara stacca una porta e comincia a usarla come un ariete. Semina il panico, costringe infermieri a barricarsi in uno stanzino.


19 febbraio 2024. Grosseto. Reparto psichiatrico ospedale Misericordia, paziente tenta addirittura di strangolare una infermiera, lasciandole evidenti segni sul collo. Non è la prima volta che accade nel medesimo ospedale.

Cosa succede negli ospedali italiani? Fino a che punto, in reparti oltre tutto dove la vigilanza dovrebbe essere raddoppiata rispetto agli altri, per la presenza di persone con problemi psichiatrici, i nostri professionisti vengono abbandonati a se stessi? Dove sono gli agenti? Possibile non ci sia nemmeno un vigilantes?


Nello specifico sono numeri davvero ‘pesanti’ anche quelli che vengono alla luce nella triste quotidianità dei reparti psichiatrici, continua Ceccarelli. Su 2600 professionisti della salute mentale, di cui 1400 psichiatri, il 49% ha subito violenza (dalla semplice spinta all’aggressione vera e propria) durante il lavoro nel corso degli ultimi due anni (il 27% più di una volta), il 74% ha subito minacce verbali da parte di pazienti durante il lavoro nel corso degli ultimi tre mesi (il 52% più di una volta), il 57% degli psichiatri sente a rischio la propria incolumità sul lavoro. Solo il 7% sostiene di avere fiducia nelle aziende sanitarie e rileva un’adeguata tutela per la propria sicurezza.

Noi del Coina ci chiediamo ancora una volta che fine hanno fatto i protocolli di sicurezza e ci domandiamo legittimamente a che punto di efficacia è giunto il piano del Viminale, che un anno fa prevedeva maggiore presenza delle forze dell’ordine per tutelare i professionisti che lavorano nei reparti notoriamente a rischio.


Infermieri soli, infermieri abbandonati, infermieri destinati a subire quasi ogni giorno calci, pugni e addirittura tentativi di strangolamento. E’ davvero questa la triste realtà a cui dobbiamo abituarci per sempre?».

burnout infermieristico

Alessio Biondino

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