«Infermiere? Papà le voleva solo giovani e carine, abbiamo fatto dei casting»

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Si avvicina la giornata internazionale dell’Infermiere 2023 (venerdì 12 maggio), che qui da noi sarà all’insegna del “talento” dei professionisti e addirittura dell’infermieristica descritta ai cittadini come “arte e scienza in evoluzione” (VEDI).

Il tutto per far conoscere agli utenti chi sono davvero (o chi dovrebbero essere) i professionisti infermieri, cosa fanno (o cosa dovrebbero fare) e in qualche modo per convincere i giovani che scegliere di intraprendere un percorso universitario per diventare infermiere sia qualcosa di meraviglioso, in grado di dare chissà quali soddisfazioni.


Ma in un periodo dove la palese crisi della categoria (fatta di scarso riconoscimento sociale, di turni massacranti, di sfruttamento selvaggio e di stipendi ridicoli che non sono minimamente commisurati alle responsabilità) non sembra allentare la morsa che sta uccidendo la sua attrattività professionale, ecco che si continuano a divulgare più o meno consapevolmente stereotipi, vecchiume e situazioni che con la professione infermieristica hanno ben poco a che fare (VEDI Delirio a Uomini e Donne: «L’infermiere lava e igienizza i sanitari sporchi») e che, di fatto, non aiutano minimamente a risolvere i problemi della nostra sanità.


Stavolta ci ha pensato un’intervista realizzata da Il Corriere della Sera (VEDI) alla figlia di Gianni Boncompagni, Barbara. Nell’articolo, che vuole raccontare la vita e la morte del conduttore radiofonico, paroliere, autore televisivo, compositore e regista televisivo italiano, alla fine viene dato spazio a qualcosa di decisamente evitabile. Che vuole sì enfatizzare la voglia di vivere dell’ideatore di diversi programmi TV, ma che purtroppo lo fa ai danni dell’infermieristica italiana: «Gli abbiamo messo vicino delle infermiere giovani e carine. Abbiamo fatto proprio i casting. La volta che arrivò una sostituta anziana, col rosario in mano, lui disse: state scherzando, vero? E giuro che dovemmo mandarla via».


Ed ecco che, ancora una volta, il concetto dell’infermiera “velina” e ben lontana dall’essere una professionista laureata dotata di scienza e coscienza è servito su un piatto d’argento all’inconsapevole volgo. Ed ecco che parlare di “talento”, di “arte” e di “scienza” il 12 maggio quando per tutto il resto dell’anno vengono sparate a caso informazioni confondenti e sbagliate, non sembra servire a granché.

Certo, se poi ci si mette anche la politica, quando interviene ai convegni degli ordini professionali, a peggiorare la situazione (VEDI «Quale uomo non ha ‘amato’ un’infermiera?», la perla dell’assessore al convegno Opi) con uscite tanto imbarazzanti quanto emblematiche e fuori luogo, la strada verso una crescita vera non può non apparire sempre più in salita.

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Alessio Biondino