Abbiamo fatto una piacevole chiacchierata al telefono, parlato di crescita professionale e ruoli in sanità. Ne è nata un’intervista che vogliamo condividere con i lettori di Dimensione Infermiere.
Abbiamo una nuova consapevolezza: medici, infermieri, OSS e tutti gli altri professionisti sanitari devono combattere per la stessa causa e insieme, perché il riconoscimento di ognuno è il riconoscimento di tutti. Anche dei nostri compagni di avventure (e di sventure!), i nostri alleati di ogni giorno, gli operatori socio sanitari.
Se volete conoscerlo meglio, il suo profilo facebook!
Intervista ad Alessandro Salerno
Ciao Alessandro, come molti colleghi (anch’io del resto), hai lavorato in lungo e in largo in Italia: pensi che questo continuo cambiare contesto ti abbia arricchito, o pensi che la mancanza di buone opportunità nelle proprie regioni e territori sia un fenomeno da combattere?
Beh come dico spesso, sono uno di quei tanti meridionali che nella sfortuna di aver dovuto abbandonare la sua amata terra per via del lavoro, ha avuto allo stesso tempo la fortuna di conoscere posti e dinamiche diverse, traendone un arricchimento sia dal lato umano che dal lato professionale, d’altra parte penso che l’immobilità uccida e non permetta né di crescere né di evolvere.
Ed è proprio l’immobilità del sistema sanitario del Sud che dagli inizi del 2000 ha portato via dai nostri ospedali migliaia di professionisti del settore sanitario, giovani ben formati che hanno efficientato le amministrazioni altrui, a causa di una politica locale incapace di gestire la cosa pubblica e di un sistema centrale sempre più legato a logiche di razionalizzazione demagogiche e populiste, basterebbe pensare al federalismo sanitario che ha comportato un sempre minor flusso di finanziamenti statali proprio a scapito delle regioni del Sud, con la conseguente incapacità da parte delle stesse, di assumere personale e di ottimizzare i propri servizi, ma questo è un discorso ben più complesso.
Di sicuro non è più pensabile nel 2021, vedere ancora tante valigie in fila ai varchi ferroviari pronte per partire, valigie piene di competenze e capacità che vanno a spogliare i nostri territori di tante risorse. Occorre pretendere dalla politica la formulazione di prospettive nuove che consentano ai giovani di credere e di crescere nel proprio territorio.
Come hai riscontrato, nella tua professione ogni regione presenta profili, mansioni e competenze diverse. La senatrice Guidolin, operatrice socio sanitaria anche lei, vuole uniformarne le competenze a livello nazionale, alzare la qualità di formazione, riformare il profilo fermo da ormai vent’anni. Sei d’accordo con questo obiettivo?
Seguo con interesse la Senatrice Guidolin e trovo che sia una grossa fortuna per la nostra categoria, avere nelle istituzioni una personalità di grande professionalità e spessore come lei che possa in qualche modo salvaguardare la nostra figura. Vorrei dire alla senatrice però che il tempo perso sino ad oggi è stato troppo, occorre cambiare marcia e spingere forte sull’acceleratore, anche se in questo momento le questioni politiche in Italia sono ben più diverse a causa della crisi di governo.
Una cosa è certa, non è più tempo di promesse ne abbiamo avute fin troppe, occorre fare i fatti e gli unici che possono fare i fatti portandoci al cambiamento, sono coloro che si trovano nella stanza dei bottoni.
Non è più pensabile lasciare la formazione di un operatore, che lavora negli ospedali a contatto con gli ammalati, alle scuole che al mattino fanno i corsi per pizzaioli e al pomeriggio insegnano come rapportarsi al paziente, bisognerebbe prendere ad esempio paesi quali la Germania o la Francia dove “assistente di cura” lo diventi solo se hai il diploma di scuola superiore e dopo aver frequentato un corso che dura circa 2 anni, acquisendo in questo modo delle competenze specifiche intese a costruire un mansionario omogeneo su tutto il territorio nazionale, cosa che purtroppo non accade nel nostro paese, dove la formazione affidata alle regioni, viene stabilita in base alle proprie necessità e al proprio fabbisogno, ritrovandoci di conseguenza operatori con competenze e mansioni diverse, elemento che va solo e unicamente ad accentuare il divario tra un sistema e un altro.
I gruppi professionali sono fatti da persone: persone diverse, motivazioni opposte. Tra gli OSS, così come tra gli infermieri e i medici. Pensi sia necessario motivare i tuoi colleghi, e se si, come pensi sia necessario farlo?
Innanzitutto attraverso una maggiore integrazione all’interno del gruppo di lavoro, sembra poco ma invece ognuno di noi, al di là del proprio ruolo o della propria funzione, ha bisogno di sentirsi parte di un progetto comune, ha bisogno di sentire il senso di appartenenza, di sentirsi parte integrante di quel processo assistenziale finalizzato a garantire il benessere dell’utenza, cosa che purtroppo non esiste nel nostro sistema perché non ti viene riconosciuto nessun ruolo, sei in pratica un manovale dimenticando che la tua manualità è quella che permette a tanti ammalati di potersi lavare, vestire, camminare e quindi non si può pensare, quando si tratta di prendersi cura degli altri, che vi siano professionisti di serie A e di serie B, dovremmo essere tutti anelli della stessa catena e insieme far camminare la macchina, aggiungendo alle nostre ancora altre competenze attraverso corsi di aggiornamento, formazione, piani e progetti di lavoro che puntino al miglioramento del professionista e di conseguenza del servizio.
Questo è un punto su cui dovrebbero riflettere coordinatori e dirigenti delle professioni sanitarie, i quali potrebbero mettere in atto politiche di integrazione finalizzate alla funzionalità di quella tanto citata “equipe multiprofessionale”, che purtroppo a mio modesto parere non esiste ancora.
Nel tuo libro “L’O.S.S. l’evoluzione necessaria per garantire la salute di tutti”, del resto persegui questo grande scopo. Puoi parlarcene? Come è nata l’idea di scriverlo, qual è l’obiettivo che vorresti raggiungere, chi dovrebbe leggerlo e chi vorresti ispirare?
L’idea è nata durante la prima ondata della pandemia da Covid.
Ogni giorno al telegiornale sentivo parlare di eroi, missionari, ma soprattutto puntualmente dagli uomini di governo fino a quelli di chiesa, i migliori ringraziamenti arrivavano solo ed esclusivamente ad alcune categorie: medici e infermieri.
Questo, attenzione, non è un senso di invidia o di gelosia verso coloro che rappresentano i pilastri del mondo sanitario, ma più semplicemente mi ha fatto capire una cosa, ovvero che nessuno ci conosce, né l’opinione pubblica né le istituzioni stesse. Quanti colleghi OSS in giro per l’Italia da Marzo del 2020 ad oggi hanno perso la vita, quanti se ne sono ammalati lavorando nei “covid-center” o comunque all’interno dei reparti ospedalieri? Eppure, mai un attimo di attenzione per costoro.
Dunque, ho pensato che fosse l’occasione giusta per far conoscere la nostra realtà, la verità di un operatore presente ad ogni livello ormai, sia nel contesto ospedaliero che in altri, un operatore del quale ormai non se ne può fare più a meno ma che ahi me, non ha avuto ancora il suo giusto riconoscimento professionale.
Proprio per queste motivazioni, vorrei che lo leggessero tutti, dagli operatori del settore fino alla gente comune, per far conoscere meglio l’attività di questi operatori che ogni giorno si prodigano per il benessere dell’ ammalato e di cui purtroppo nessuno sa realmente l’esistenza, un lavoratore lasciato ai margini anche in questo periodo, a combattere contro lo sfruttamento del privato, contro l’emarginazione del sistema organizzativo pubblico, sempre più propenso a disegnarlo e a costruirlo secondo le proprie necessità, producendo alla fine operatori diversi da regione a regione e aumentando il divario tra regioni del nord e regioni del sud.
Vorrei ispirare infine, tutta la categoria affinché potesse prendere ad esempio i nostri infermieri, quelli che attraverso le lotte sindacali e la capacità di fare associazionismo, hanno avuto modo di costruire una categoria professionale che ormai ci invidia tutto il mondo. Solo unendo le nostre forze possiamo giungere all’ evoluzione di cui parlo in questo libro, solo credendo realmente in quello che è il nostro lavoro potremmo riuscire a prenderci il giusto riconoscimento che ci spetta.
“L’O.S.S. l’evoluzione necessaria per garantire la salute di tutti”, il libro di Alessandro Salerno:
Alessandro Salerno, il suo profilo facebook!
Grazie Alessandro, è stato un piacere. Spero che riuscirai nel tuo intento e che questo sia il primo di una serie sconfinata di volumi sull’argomento!
Grazie a Dimensioneinfermiere.it per questa possibilità e soprattutto per aver voluto accendere i riflettori sulla categoria, spero di poter collaborare ancora altre volte con voi, colgo l’occasione per salutare tutti i vostri lettori.
A presto.
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