Nei tempi in cui l’attacco israeliano sembra soffocare ogni speranza, la voce dell’assistenza infermieristica non può restare in silenzio. Ogni giorno, in contesti di estrema emergenza, colleghi e colleghe si trovano a curare ferite che non sono solo fisiche, ma anche morali e sociali.
Abbiamo raccolto video e testimonianze dell’orrore che ha colpito l’ospedale Nasser e che sta colpendo il territorio palestinese, e l’eroico sacrificio delle nostre colleghe che nonostante mettano in rischio la loro stessa incolumità, continuano imperterrite a prendersi cura dei più fragili, ovunque si trovino.
Indice
L’attacco in diretta all’ospedale palestinese Nasser
Le prove dell’attacco indiscriminato di Israele a Gaza sono ormai sotto gli occhi di tutti: media e testimonianze lo documentano chiaramente.
Eppure, nonostante lo sterminio crudele di un’intera popolazione e l’evidente disprezzo per la vita dei civili da parte dell’esercito israeliano, i governi e le istituzioni occidentali faticano ancora a prendere una posizione forte contro quello che continuano a definire uno “scomodo alleato”.
La copertura politica degli Stati Uniti guidati da Trump mette fine ai giochi di equilibrio geopolitico e concede a Netanyahu lo spazio per compiere qualsiasi azione, in cambio della promessa di un accesso privilegiato al Mediterraneo.
Il prezzo di questi scambi politici sono centinaia di migliaia di vittime innocenti.
Pochi giorni fa è arrivato l’attacco definitivo all’ospedale Nasser, uno dei pochi punti di riferimento rimasti in piedi per l’assistenza ai palestinesi.
Attacchi mirati hanno colpito numerosi infermieri e medici, e le prove sono evidenti: tra queste, il filmato (sconsigliato alle persone sensibili) che mostra un medico dell’ospedale con in mano un camice intriso del sangue di un’infermiera ferita nel primo dei due raid israeliani.
Mentre parla, un ennesimo attacco colpisce in diretta la struttura. Israele, come di consueto, dichiara di aver avviato un’indagine. Netanyahu, nonostante l’evidente intenzionalità, ha definito l’accaduto un “tragico incidente”.
La testimonianza di Anneliese, infermiera americana
Anneliese Stephenson-Wenn è un’infermiera americana volontaria presso l’ospedale Nasser, una delle ultime strutture ancora funzionanti nella Striscia di Gaza. L’ospedale continua ad accogliere pazienti, ma è sempre più in difficoltà nel garantire assistenza medica e infermieristica.
Le sue parole sono particolarmente dure: denuncia infatti che il sistema sanitario è ormai paralizzato a causa del blocco israeliano degli aiuti umanitari.
In un’intervista, ha dichiarato senza esitazioni: “Credo che sia intenzionale“.
Durante l’ultimo attacco israeliano al Nasser, Stephenson-Wenn si trovava negli Stati Uniti per un periodo di formazione, ma confessa che il suo unico pensiero era sapere quale dei suoi colleghi fosse stato ucciso.
Nell’intervista colpiscono le sue risposte alla narrazione del premier israeliano, che continua a definire questi raid come “tragici incidenti”.
L’infermiera ribadisce che l’attacco all’ospedale era chiaramente mirato ai lavoratori sanitari e che due colpi consecutivi, a pochi minuti di distanza, non possono essere considerati casuali. “Per un esercito che si definisce il più avanzato al mondo – afferma la collega americana – si tratta di un numero impressionante di incidenti e di vittime“.
Stephenson-Wenn denuncia anche la carestia che sta devastando Gaza, colpendo soprattutto i bambini: “Possiamo contare le costole dei nostri pazienti, sentire ogni vertebra quando li giriamo. Questi sono bambini che non potranno mai crescere come dovrebbero“.
Agghiacciante la sua testimonianza sui cecchini israeliani, che trasformerebbero i luoghi di distribuzione del cibo in trappole mortali, colpendo persino persone già a terra e disarmate: “Abbiamo ferite che partono dalla spalla e attraversano l’addome, segno che la vittima era sdraiata quando è stata colpita“.
Secondo l’infermiera, Israele sta sistematicamente paralizzando il sistema sanitario palestinese, con conseguenze devastanti: “Non ci sono abbastanza infermieri. Lavorano senza sosta, senza stipendio da due anni, spesso senza cibo. E il divieto di ingresso per altri operatori sanitari contribuisce ad aumentare il numero dei pazienti che muoiono: morti del tutto evitabili”.
Persino le forniture più basilari vengono bloccate, come il sapone e le garze. “Se sopravvivono all’esplosione, muoiono di sepsi perché non possiamo pulire le ferite né coprirle in modo adeguato. Non riusciamo a tenerli abbastanza puliti da evitare infezioni”.
Qui l’intervista originale.
Un gesto di aiuto per i colleghi impegnati in missione umanitaria
La situazione continua a deteriorarsi da diversi mesi, a partire da una condizione in cui l’assistenza sanitaria di base era già destinata a essere smantellata rapidamente, con il risultato di provocare la grave emergenza umanitaria attualmente in corso.
Noi di DimensioneInfermiere.it, nel nostro piccolo, continueremo a sostenere ogni iniziativa che abbia come obiettivo la riduzione della sofferenza umana, indipendentemente da dove provenga, nello spirito umanitario che da sempre contraddistingue la professione infermieristica.
Abbiamo scelto di appoggiare i colleghi di Emergency, realtà umanitaria italiana che in Palestina si impegna quotidianamente ad assistere centinaia di profughi e pazienti. A sostegno delle attività dei colleghi di Emergency è possibile fare una donazione mensile o una donazione singola. Per consultare le pagine scegli uno di questi due link qui sotto.
Siamo convinti che anche un piccolo gesto possa fare una grande differenza. E che la somma di tanti piccoli aiuti possa trasformarsi in un cambiamento ancora più significativo.
Testimonianza di Ananda, infermiera americana di origine palestinesi in missione umanitaria
Amanda Nasser, infermiera di origini palestinesi e che negli USA è una Nurse Practitioner (infermiera con competenze cliniche avanzate) impegnata come volontaria al pronto soccorso dell’ospedale Nasser di Gaza, è rimasta coinvolta indirettamente in un attentato che ha provocato almeno venti vittime, tra cui un’amica giornalista conosciuta nei primi giorni del suo incarico.
Nasser, che già da luglio raccoglieva aiuti e medicinali per la missione, aveva documentato sui social la drammatica carenza di risorse e l’ondata di sofferenza che travolgeva l’ospedale. Dopo l’attacco, i familiari hanno vissuto momenti di angoscia nel tentativo di contattarla, fino a ricevere un suo messaggio: “Sto bene, ma sono emotivamente distrutta”.
La vicenda ha suscitato grande preoccupazione per la sicurezza dei volontari, pur di fronte alla determinazione dell’infermiera Amanda Nasser a portare avanti la sua missione fino a settembre.
La collega che aveva previsto il rientro negli USA per settembre ha deciso di proseguire la sua missione fino a data da destinarsi, pronta a fare tutto per chi soffre di più, anche a costo di correre rischi personali.
L’attacco all’ospedale di Nasser nel ferire numerosi sanitari e ucciso cinque giornalisti, ha scosso anche la comunità internazionale: eppure l’ufficio stampa di Netanyahu continua a parlare di “tragico incidente”, annunciando un’indagine che sappiamo già come andrà a finire.
Autore: Dario Tobruk (seguimi anche su Linkedin – Facebook – Instagram – Threads)
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