Lettera aperta a infermieri e FNOPI dopo invito alla comprensione

Dario Tobruk 19/04/21
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La FNOPI si è esposta con un comunicato social (vedi) in cui, nonostante comprenda il malcontento di questi giorni, invita la comunità infermieristica a moderare i toni e a percepire la situazione nel suo insieme: lo status di emergenza richiede interventi emergenziali (mali estremi, estremi rimedi) ed è necessario dare la possibilità a diverse professioni sanitarie, lontane anni luce dal proprio corpus formativo, di somministrare il vaccino.

Lettera aperta agli Infermieri tutti e alla FNOPI dopo l’invito alla comprensione di quest’ultimo

di Dario Tobruk – Dimensione Infermiere

Per uscire da questa pandemia è necessario vaccinare fino a 500mila cittadini al giorno, obiettivo che non è stato individuato nel solo impiego degli infermieri italiani e questa è una responsabilità politica, non della Federazione.

Noi, in redazione, ci siamo astenuti dal commentare le critiche feroci fatte alla FNOPI, o addirittura promuovere, come alcune testate di informazione infermieristica in questi giorni, le dimissioni della riconfermata Mangiacavalli.

Non senza dolore, abbiamo nascosto il nostro disagio nel vedere la professione attaccata da ogni lato, squartata dei nostri piccoli gesti “soltanto tecnici“, delle nostre competenze archetipiche e delle nostre hard skills. Per quanto la somministrazione dei farmaci non faccia dell’infermiere un infermiere, egli non fa che somministrare farmaci durante la maggior parte delle sue giornate lavorative.

Donare agli altri, dopo più di un anno di sacrifici, persino questa parte della propria identità non poteva avvenire senza contraccolpi e questo la Federazione avrebbe dovuto prevederlo.

Anche noi abbiamo dovuto mandare giù il boccone amaro della delusione perché abbiamo compreso che da un quadro più ampio della situazione, le dinamiche che guidano le politiche sanitarie sfuggono al controllo della FNOPI stessa. Forse molti colleghi sopravalutano il potere politico di una professione mal rappresentata in politica.

Di questo è l’infermiere stesso a doversi incolpare. L’esame di coscienza collettivo sia spunto di riflessione per le nuove strade del futuro e non motivo per inveire sui social, senza manifestare alcuna risposta alternativa, alcuna possibile soluzione realistica in tempi brevi.

Noi, in redazione, guardiamo questo strappo identitario come un investimento morale, un debito da riscuotere nel futuro: ora che sappiamo che si può, in situazione di emergenza (vedasi il caso super-OSS e il caso “tutti vaccinatori“), affidare le proprie competenze ad altre figure, più o meno pronte ad accoglierle, verrà il giorno in cui la carenza della figura medica imporrà di riportare le carte in tavola, e riconoscere che le competenze specialistiche si possono conquistare. È possibile conquistare, davvero, l’infermiere di famiglia, il cardiac sonographer, l’infermiere nel PICC team, l’infermiere di pratica avanzata, ecc…

Professione infermiere: alle soglie del XXI secolo

La maggior parte dei libri di storia infermieristica si ferma alla prima metà del ventesimo secolo, trascurando di fatto situazioni, avvenimenti ed episodi accaduti in tempi a noi più vicini; si tratta di una lacuna da colmare perché proprio nel passaggio al nuovo millennio la professione infermieristica italiana ha vissuto una fase cruciale della sua evoluzione, documentata da un’intensa produzione normativa.  Infatti, l’evoluzione storica dell’infermieristica in Italia ha subìto un’improvvisa e importante accelerazione a partire dagli anni 90: il passaggio dell’istruzione all’università, l’approvazione del profilo professionale e l’abolizione del mansionario sono soltanto alcuni dei processi e degli avvenimenti che hanno rapidamente cambiato il volto della professione. Ma come si è arrivati a tali risultati? Gli autori sono convinti che per capire la storia non basta interpretare leggi e ordinamenti e per questa ragione hanno voluto esplorare le esperienze di coloro che hanno avuto un ruolo significativo per lo sviluppo della professione infermieristica nel periodo esaminato: rappresentanti di organismi istituzionali e di associazioni, formatori, studiosi di storia della professione, infermieri manager. Il filo conduttore del libro è lo sviluppo del processo di professionalizzazione dell’infermiere. Alcune domande importanti sono gli stessi autori a sollevarle nelle conclusioni. Tra queste, spicca il problema dell’autonomia professionale: essa è sancita sul terreno giuridico dalle norme emanate nel periodo considerato, ma in che misura e in quali forme si realizza nei luoghi di lavoro, nella pratica dei professionisti? E, inoltre, come si riflettono i cambiamenti, di cui gli infermieri sono stati protagonisti, sul sistema sanitario del Paese? Il libro testimonia che la professione è cambiata ed è cresciuta, ma che c’è ancora molto lavoro da fare. Coltivare questa crescita è una responsabilità delle nuove generazioni. Le voci del libro: Odilia D’Avella, Emma Carli, Annalisa Silvestro, Gennaro Roc- co, Stefania Gastaldi, Maria Grazia De Marinis, Paola Binetti, Rosaria Alvaro, Luisa Saiani, Paolo Chiari, Edoardo Manzoni, Paolo Carlo Motta, Duilio Fiorenzo Manara, Barbara Man- giacavalli, Cleopatra Ferri, Daniele Rodriguez, Giannantonio Barbieri, Patrizia Taddia, Teresa Petrangolini, Maria Santina Bonardi, Elio Drigo, Maria Gabriella De Togni, Carla Collicelli, Mario Schiavon, Roberta Mazzoni, Grazia Monti, Maristella Mencucci, Maria Piro, Antonella Santullo. Gli Autori Caterina Galletti, infermiere e pedagogista, corso di laurea magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.Loredana Gamberoni, infermiere, coordinatore del corso di laurea specialistica/ magistrale dal 2004 al 2012 presso l’Università di Ferrara, sociologo dirigente della formazione aziendale dell’Aou di Ferrara fino al 2010. Attualmente professore a contratto di Sociologia delle reti di comunità all’Università di Ferrara.Giuseppe Marmo, infermiere, coordinatore didattico del corso di laurea specialistica/ magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede formativa Ospedale Cottolengo di Torino fino al 2016.Emma Martellotti, giornalista, capo Ufficio stampa e comunicazione della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi dal 1992 al 2014.

Caterina Galletti, Loredana Gamberoni, Giuseppe Marmo, Emma Martellotti | 2017 Maggioli Editore

32.00 €  30.40 €

Perché se è andato bene per l’operatore socio-sanitario eseguire un elettrocardiogramma, se va bene per il tecnico di radiologia somministrare un vaccino, dovrà andare bene anche per l’infermiere del futuro, il depositario eletto delle pratiche avanzate di assistenza sanitaria.

Allora nessuno sarà più in grado di arroccarsi nei propri “corporativismi“, la frittata è fatta, il precedente c’è. E chi pensate dovrà portare avanti questa battaglia? Esatto la FNOPI, perché è suo compito spingere la professione avanti verso il suo futuro promesso.

Ed è lì che non saremo per nulla transigenti, la professione ha bisogno di essere guidata verso il futuro: competenze specialistiche, vincolo di esclusività, riconoscimento socio-economico e molto altro ancora. Ed è questo l’impegno che dobbiamo chiedere alla nostra Federazione e a tutta la sua attuale amministrazione.

Per quanto possa fare male guardare la nostra professione depredata dei propri gesti, che per quanto “tecnici“, ci rappresentano ma senza necessariamente identificarci, è nel futuro che dobbiamo credere. L’infermiere è destinato a grandi cose, se solo non ci limitassimo ad aggrapparci ad un passato confortevole e nostalgico privo di possibilità.

Possiamo ancora perdere qualcosa oggi per avere tutto domani. E lo chiediamo alla FNOPI: una visione, una promessa, un impegno.

Gli insulti sui social e le richieste di dimissioni li lasciamo a chi ha interessi diversi. Noi vogliamo un infermiere nuovo, l’infermiere del futuro.

19/04/21

 Cordialmente, Dario Tobruk

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Dario Tobruk

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