La lettera aperta di un medico del 118 che crede negli infermieri

Redazione 26/01/20
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Da qualche giorno gira questa lettera aperta di un medico del 118, il contenuto di questa lettera rivela un’altra opinione possibile sull’argomento spinoso delle competenze infermieristiche da parte dei medici.

È anche vero che generalmente sono i medici in prima linea quelli che apprezzano di più gli infermieri e ne appoggiano le competenze avanzate, probabilmente perché è nel campo dell’urgenza-emergenza che la necessaria multidisciplinarietà è un valore aggiunto e non un sequestro di competenze e posizionamento di bandiere e paletti.

Quindi in nome di questa grande predisposizione, non potevamo che condividere con voi le sue parole e credere ancora che, lì dove la cura e l’assistenza hanno più significato, ci sono medici che credono negli infermieri.

La lettera aperta di un medico del 118 che crede negli infermieri

“Da oltre 15 anni divido i miei turni lavorativi come medico del 118 e di Pronto Soccorso, strutture che hanno come obiettivo principale il trattamento delle emergenze e delle urgenze, ovvero tutte le patologie che necessitano di interventi immediati diagnostici e terapeutici.
Il Corriere della Sera, ha riportato i dati degli accessi impropri nei Pronto Soccorso milanesi: nel primo semestre del 2019 la percentuale è stata quasi del 93%, dati simili si riscontrano anche negli invii delle ambulanze del 118.
Nella maggior parte dei casi l’intervento del medico non è necessario o al limite, differibile.

Diventa sempre più difficile reclutare medici per i settori dell’emergenza urgenza, in primo luogo per la mancanza dell’emergenza urgenza, poi per lo stress da lavoro, il sovraffollamento, la disorganizzazione… ecc.

Alcune zone italiane si sono attrezzate formando infermieri competenti sia per gli interventi in extraospedaliero (ambulanze infermieristiche), sia per gli interventi ospedalieri (percorsi See and Treat), con ottimi risultati. Per quanto riguarda le ambulanze, non si sono evidenziati particolari divari nel trattamento effettuato dal medico rispetto all’infermiere.

Quale sarebbe allora il problema?

Il problema viene posto dal pensiero medicocentrico che sebbene sia anacronistico, trova sfogo nell’inadeguato piano legislativo che non ha saputo accompagnare la crescita della competenza degli infermieri, diventati da oltre 20 anni dottori, cioè laureati.
I pochi percorsi di trasformazione, da atto medico ad atto sanitario sono passati solo attraverso la definizione di attività protocollate e validate dal Direttore del Servizio, ma è rimasto quasi invariato il rischio che gli venga imputato l’esercizio abusivo della professione medica (che in realtà non è mai praticato).
La maggior parte delle leggi sono dello scorso secolo, mentre la maggior parte degli infermieri esperti sono di questo secolo; nessuna parte politica ha avuto il coraggio di adeguare al percorso formativo, il percorso legislativo.

Non ci resta che costituire un corposo gruppo di medici e infermieri che unendo le competenze presentino un progetto di legge sempre più indispensabile a raggiungere una migliore distribuzione delle risorse.”

Guida al monitoraggio in Area Critica

Il monitoraggio è probabilmente l’attività che impegna maggiormente l’infermiere qualunque sia l’area intensiva in cui opera.Non può esistere area critica senza monitoraggio intensivo, che non serve tanto per curare quanto per fornire indicazioni necessarie ad agevolare la decisione assistenziale, clinica e diagnostico-terapeutica, perché rilevando continuamente i dati si possono ridurre rischi o complicanze cliniche.Il monitoraggio intensivo, spesso condotto con strumenti sofisticati, è una guida formidabile per infermieri e medici nella cura dei loro malati. La letteratura conferma infatti che gli eventi avversi, persino il peggiore e infausto, l’arresto cardiocircolatorio, non sono improvvisi ma solitamente vengono preannunciati dal peggioramento dei parametri vitali fin dalle 6-8 ore precedenti.Il monitoraggio è quindi l’attività “salvavita” che permette di fare la differenza nel riconoscere precocemente l’evento avverso e migliorare i risultati finali in termini di morbilità e mortalità.Riconosciuto come fondamentale, in questo contesto, il ruolo dell’infermiere, per precisione, accuratezza, abilità nell’uso della strumentazione, conoscenza e interpretazione dei parametri rilevati, questo volume è rivolto al professionista esperto, che mette alla prova nelle sue conoscenze e aggiorna nel suo lavoro quotidiano, fornendo interessanti spunti di riflessione, ma anche al “novizio”, a cui permette di comprendere e di utilizzare al meglio le modalità di monitoraggio.   A cura di:Gian Domenico Giusti, Infermiere presso Azienda Ospedaliero Universitaria di Perugia in UTI (Unità di Terapia Intensiva). Dottore Magistrale in Scienze Infermieristiche ed Ostetriche. Master I livello in Infermieristica in anestesia e terapia intensiva. Professore a contratto Università degli Studi di Perugia. Autore di numerose pubblicazioni su riviste italiane ed internazionali. Membro del Comitato Direttivo Aniarti.Maria Benetton, Infermiera presso Azienda ULSS 9 di Treviso. Tutor Corso di laurea in Infermieristica e Professore a contratto Università degli Studi di Padova. Direttore della rivista “SCENARIO. Il nursing nella sopravvivenza”. Autore di numerose pubblicazioni su riviste italiane. Membro del Comitato Direttivo Aniarti.

a cura di Gian Domenico Giusti e Maria Benetton | 2015 Maggioli Editore

15.00 €  14.25 €

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