Lettera di una Studentessa Irlandese: Infermiere? Non Fatelo!

Dario Tobruk 07/10/16
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Diventare Infermiere? Non Fatelo! Questo è il succo di questo urlo di dolore. Qualche anno fa una studentessa infermiera, ormai alla fine del suo percorso formativo ha fatto i conti con se stessa e le sue scelte professionali. Le risposte che si è data, non le sono proprio piaciute.

Forse il contesto lavorativo e personale hanno influito negativamente sulla propria percezione del lavoro ma comunque il risultato è drammatico: una lettera di disperazione (piena di dolore interiore e sintomi di stress) postata su facebook, un messaggio in bottiglia consegnato al mare nella speranza che fosse letta da qualcuno.

Bottiglia colta dall’HuffingtonPost che ha pregevolmente tradotto per il pubblico italiano la lettera. Noi di DimensioneInfermiere.it invece ci occuperemo di diffonderla con più attenzione tra gli infermieri italiani.

Che sia il caso di parlare di burnout? Il lavoro ha peggiorato il suo vissuto personale, o la sua vita ha peggiorato il lavoro?

Diventare infermiere è alla portata di tutti? Quanto è sostenibile una professione perennemente esposta alla malattia e alla sofferenza, sottostimata e poco pagata, ad altissima responsabilità, ai turni, allo sovraccarico lavorativo e assistenziale?

 


 

Dalla lettera si deduce che la studentessa è anche una madre single con molti problemi economici e pratica in un reparto di Salute Mentale senza averne l’esperienza.

La lettera tradotta dalla redazione di HP (grassetti nostri):

“Oggi, cosi come tanti altri giorni, sono scoppiata in lacrime, chiedendomi per quale folle motivo abbia deciso di volermi laureare in infermieristica. Sono una studentessa del quarto anno, nel dipartimento di salute mentale. Sono al quarto anno, nel mio anno di inserimento nel lavoro nel dipartimento di salute mentale.

Questa mattina mi sono svegliata ammalata, con la gola in fiamme, la sinusite, forti mal di testa e, per non farmi mancare nulla, vertigini. Ho preso in considerazione di prendermi un giorno di malattia, ma in ospedale sono già a corto di personale e surclassati dal lavoro. Hanno bisogno di me. Mi sono messa alla guida, ho portato mia figlia a scuola di corsa (sono una madre single) con una macchina che non posso permettermi, chiedendomi come sarei riuscita a pagare la benzina avendo il serbatoio quasi vuoto, DI NUOVO. In più, come farò a pagare da mangiare per me e mia figlia questa settimana visto che ho solo 25 euro e ho bisogno di fare benzina?

Quando sono arrivata al lavoro, ho ricevuto una telefonata dall’altra infermiera che doveva prestare servizio, che mi ha detto di essere a casa malata con la febbre. Sono stata assegnata al day hospital solo con 3 giorni di preavviso, e mi era stato detto che mi avrebbero lasciato la piena responsabilità di oltre 20 pazienti malati di diversi tipi di disturbi mentali. Alcuni sono messi davvero male. Ho una conoscenza minima su come gestire situazioni di questo tipo, diciamo pure che non ne ho affatto, e credo che un carico tale di responsabilità non debba essere affidato ad una studentessa che non è mai stata in day hospital. Stavo per chiamare tutti i pazienti per dire che a causa di carenza di personale, gli appuntamenti sarebbero stati cancellati. Ma mi sembrava davvero ingiusto. Le cure date in day hospital sono estremamente importanti per riprendersi completamente. L’eccellente lavoro che fanno qui le infermiere è importantissimo per loro.

Non sono mai riuscita a fare colazione o un pranzo decente, men che meno ad andare in bagno ogni volta che ne avevo necessità. Sono riuscita a ingoiare qualche cracker (sono l’unica cosa che posso permettermi) tra le diverse telefonate che dovevo gestire, che consistevano in persone che volevano farsi del male, persone che erano in pericolo, persone che avevano bisogno di supporto. Persone che avevano bisogno di attenzioni adeguate, migliori di quelle che poteva dare una studentessa che non riesce a gestire una frenetica giornata al day hospital mentre è malata, stanca,affamata e in disperato bisogno di andare in bagno.

Ad un certo punto mi sono sentita svenire. Le parole non bastano per esprimere quanto mi sentissi disperata e triste oggi cosi come tante altre volte in passato. Se qualcuno mi chiedesse un consiglio sull’intraprendere una carriera come infermiera, glielo sconsiglierei vivamente. È stata decisamente la decisione peggiore che abbia mai preso. Il Dipartimento di Salute Mentale è incredibilmente a carenza di personale e con troppo lavoro.

È davvero irritante pensare che l’autista di un autobus, con una preparazione di 4-6 settimane, venga pagato più di un’infermiera che ha faticato per 4 anni. Siamo sottostimati in un modo inconcepibile e facciamo fatica ad avere i numeri sufficienti per scioperare perché la carenza di personale potrebbe far morire delle persone lasciate senza cure. Chi diavolo si occuperà di quei pazienti se noi stiamo scioperando????

Non sono stata pagata un soldo per il lavoro che ho fatto oggi, perché non è considerato una stage. Persino quando sarò qualificata, riceverò un pugno di mosche per il mio lavoro, così come tutte le altre infermiere qualificate.

Posso a malapena dar da mangiare a mia figlia e non posso pagare né l’assicurazione né la tassa sulla mia macchina, cosi come l’elettricità a casa. Spesso durante l’inverno rimaniamo al freddo perché non posso permettermi di accendere il riscaldamento. Non mi compro nessun vestito, i miei calzini sono tutti bucati (non sto scherzando), non ho una vita sociale perché semplicemente non posso permettermi di andare da nessuna parte (no, non sto esagerando).
Devo pagare 270 euro per i libri scolastici di mia figlia e non ce li ho neanche per sogno! Non riesco a dormire decentemente la notte perché sono preoccupata per i soldi, e per il lavoro, e perché sono cosi arrabbiata per aver scelto una carriera con cosi basse prospettive.

In questo momento sono depressa, demotivata e davvero, davvero arrabbiata. Ho pianto per tutto il tragitto in macchina oggi, cosi tanto da riuscire a vedere a malapena la strada. Mia figlia non dovrebbe accogliermi a casa consolandomi, dovrei essere io a confortarla ogni volta che ne ha bisogno. Mi ha preparato un tè in una tazza-lavagna, dove mi ha scritto “si sistemerà tutto, ti voglio bene”.

Sto piangendo persino mentre scrivo questa lettera. Mi ha vista in questo stato così tante volte. E ne ho abbastanza.

La cosa peggiore?
Anche quando sarò laureata, non cambierà nulla. Non è giusto che l’unica possibilità che abbiamo io e mia figlia di vivere la vita che vogliamo e meritiamo sia lasciare questo paese. Non ha assolutamente nessun senso. Mi fa ribollire il sangue nelle vene. Se resto qui, sarà la mia salute mentale a saltare e non sarò in grado di aiutare nessuno. Se me ne andassi, dovrei lasciare la mia famiglia, i miei amici, la mia casa, la mia cultura e allontanare mia figlia dalla sua scuola, dai suoi amici, dalla sua vita e da tute le cose che ama.

Sono davvero al limite. Sono senza un soldo, sconfitta, sgonfiata e con l’anima distrutta. Sono l’ombra della me stessa felice, brillante e socievole. Sono completamente persa.

Come ci si aspetta dalle infermiere che si prendano cura degli altri se a malapena possono badare a loro stesse? Perché al governo non importa nulla di noi? perché veniamo cosi sottovalutati?

Firmato: una studentessa sfinita sul punto di mollare tutto.”


 

Potremmo parlare di burnout precoce. Si sa la professione non è per tutti, ma nessuno dovrebbe mai essere lasciato indietro. Quindi comprendiamo la studentessa e il suo dolore.

E in Italia, quali prospettive, quali differenze si notano? Non c’è un quarto anno…è un inizio quantomeno!

 

Dario Tobruk

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