AADI: licenziamento per giustificato motivo per chi rifiuta la visita medica

Redazione 28/11/16
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Riceviamo e pubblichiamo il commento del Direttivo AADI sul  licenziamento per giustificato motivo di un dipendente pubblico a causa di rifiuto di visita medica di idoneità

 

Rifiuto di sottoporsi a visita medica di idoneità” Licenziamento per giustificato motivo soggettivo

Sentenza Cassazione Sez. Lav. n. 22550 del 7/11/2016

Il rifiuto di sottoporsi a visita periodica di idoneità al lavoro comporta la possibilità da parte del datore di lavoro di adottare la sanzione disciplinare del licenziamento per giustificato motivo soggettivo.

È quanto ha statuito la Suprema Corte con la sentenza in oggetto, il lavoratore si era rifiutato ingiustificatamente per ben due volte di sottoporsi a visita medica periodica, tale atteggiamento ha fatto scaturire la contestazione di addebito disciplinare che si è risolta con il licenziamento con preavviso del dipendente.

Il dipendente impugna il licenziamento non tanto perché ritiene il rifiuto di sottoporsi a visita periodica legittimo, ma per l’errore commesso nella valutazione del giudice della corte territoriale non avendo tenuto conto che il datore di lavoro aveva omesso di comunicare al lavoratore di aver trasmesso gli atti e il relativo fascicolo all’UPD per le valutazioni del caso.

In merito, la Suprema Corte rigetta il ricorso, confermando le statuizioni della corte territoriale con compenso delle spese da dividersi tra l’appellante e il MIUR.

Ma veniamo ai fatti, l’appellante, proporne ricorso alla Suprema Corte contro il licenziamento perché ritenuto illegittimo e lamentando, in particolare, di non aver avuto comunicazione da parte del datore di lavoro dell’avvenuta trasmissione degli atti all’Ufficio scolastico regionale, per l’inizio del procedimento disciplinare. Gli Ermellini, respingendo il ricorso ribadiscono il seguente principio di diritto: In tema di illeciti disciplinari di maggiore gravità imputabili al pubblico dipendente, la comunicazione all’interessato della trasmissione degli atti da parte del responsabile della struttura all’UPD, prevista dal D.lgs. n. 165 del 2001, art 55 bis comma 3, ha una funzione meramente informativa, sicchè gli effetti dell’eventuale omissione di tale adempimento non si riverberano sul procedimento disciplinare e sul suo svolgimento, che prosegue regolarmente”.

L’art. 55-bis D.Lgs. n. 165/2001, per quello che riguarda gli illeciti disciplinari di maggiore gravità, come quelli che comportano il licenziamento, contiene due previsioni;

  1. Con la prima fattispecie (comma 3), è imposto al Dirigente della Struttura in cui presta servizio il dipendente la trasmissioni degli atti ritenuti di una certa gravità all’ufficio provvedimenti disciplinari entro 5 giorni dalla “notitia criminis” e la contestuale comunicazione all’interessato;

  2. La seconda fattispecie (comma 4), si prescrive all’UPD l’applicazione di un termine pari al doppio di quello stabilito nel comma 2 (ossia 40 gg) e inoltre si stabilisce che la violazione dei termini di cui alla presente comma, comportano la decadenza della procedura disciplinare,

Inoltre attraverso la ratio della succitata norma, rappresentata dalla necessità di individuare un apposito ufficio per i provvedimenti disciplinari, per i procedimenti relativi a fatti più gravi e con sanzioni più severe rispetto a quelle individuate al comma 1, onde garantire meglio il diritto di difesa del dipendente, si aggiunge la salvaguardia di mettere in correlazione funzionale e temporale le attività e le fasi del procedimento anche nei casi in cui la procedura si svolga dinanzi a due diversi organi competenti. Infatti la procedura di II grado a carico dell’UPD deve concludersi necessariamente entro e non oltre i 120 giorni facendoli decorrere non dalla assunzione della competenza dell’UPD ma dalla notitia criminis avvenuta da parte del responsabile di struttura presso cui il dipendente lavora.

Infatti gli effetti dell’eventuale omissione della “contestuale comunicazione all’interessato” non si riverberano sul procedimento stesso o nel suo svolgimento, che prosegue regolarmente in quanto la comunicazione stessa ha una funzione meramente informativa, senza alcun pregiudizio per le garanzie difensive, solo nel caso in cui il procedimento venga direttamente avviato dall’organo competente, questi deve dare la comunicazione all’interessato.

Anche per il fatto che il lavoratore ha diritto di accesso agli atti, tutti, del suo procedimento disciplinare, dal quale potrà senz’altro valutare il rispetto dei termini perentori come espressamente previsto dall’art. 55-bis, comma 5.

Risulta altresì infondato il quarto motivo di ricorso secondo cui sarebbe illegittima l’irrogazione della sanzione del licenziamento ex art. 6, D.P.R. n. 171/11 riguardo ad una adeguata motivazione in ordine agli elementi di fatto che facciano presumere l’inidoneità psico-fisica del dipendente a svolgere mansioni, come risulterebbe confermato dalla circolare MIUR n. 88/2010, ove non si prevede il licenziamento per assenza ingiustificata alla visita della Commissione medica di verifica.

A riguardo la Suprema Corte precisa che;

  1. Le circolari ministeriali non sono fonti del diritto ma semplici presupposti chiarificatori della posizione espressa dalla pubblica amm.ne su un dato oggetto o istituto, la cui inosservanza può dare luogo a vizio di eccesso di potere dell’atto amm.vo, quando ciò avvenga senza una adeguata motivazione;

  2. La circolare MIUR di cui trattasi, è stata emanata prima del D.P.R. n. 171/11, recante “Regolamento di attuazione in materia del rapporto di lavoro dei dipendenti delle amm.ni pubbliche dello stato e degli enti pubblici nazionali in caso di permanente inidoneità psicofisica, a norma dell’art. 55-octies del D.Lgs. n. 165/2001” come tale avente rango superiore.

Per cui non potendosi ravvisare nessun dubbio in merito all’applicabilità dell’art. 55-octies cit. del suindicato regolamento, specificato anche nel titolo, va sottolineato come alla lettera d) di tale articolo preveda espressamente la possibilità per le amm.ni di …risolvere il rapporto di lavoro nel caso di reiterato rifiuto di sottoporsi alla visita di idoneità”.

“ ….nel pubblico impiego contruattualizzato, la risoluzione dl rapporto di lavoro a seguito del procedimento di cui all’art. 55 bis del D.Lgs. n. 165/2001, nel caso di ingiustificato rifiuto da parte del dipenderete pubblico di sottoporsi a visita medica di idoneità, reiterato per almeno due volte, di cui al combinato disposto dell’art. 55-octies, lettera d), del D.Lgs. n. 165/2001 con l’art. 6 del D.P.R. n. 171/2011, costituisce un’autonoma ipotesi di licenziamento disciplinare, finalizzata ad assicurare il rispetto delle altre norme dettate dall’art. 55-octies cit., sempre tutelando il diritto di difesa del dipendente”.

Ecco quindi che, il rifiuto di sottoporsi a visita periodica per la certificazione di idoneità al lavoro specifico contribuisce a innescare un provvedimento disciplinare che può agevolmente culminare con un licenziamento per giustificato motivo soggettivo.

Il direttivo AADI

Redazione

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