Muore per aneurisma in PS: triagista rischia un anno di reclusione per imprudenza
Per il decesso di un paziente di sessantasei anni, avvenuta nel gennaio del 2019 al San Luigi Gonzaga di Orbassano, l‘infermiere triagista a processo rischia un anno di reclusione. Questo è quanto richiesto dalla procura per l’accusa di omicidio colposo.
In sintesi: all’uomo deceduto poche ore dopo l’arrivo in pronto soccorso, a causa di un aneurisma dell’aorta addominale, era stato assegnato un codice verde dall’infermiere triagista. Secondo il pm Caspani “L’imputato è stato imprudente” e non ha effettuato una corretta valutazione dell’urgenza.
I fatti avvenuti
Il paziente si presenta in PS lamentando acuto dolore inguinale. L’infermiere preposto al triage gli assegna un codice verde, confermando il codice anche nelle ore successive, in quanto, secondo la sua valutazione il paziente era stazionario. Questo fino alla sera, quando dopo un controllo, l’uomo fu trasferito in un reparto di chirurgia vascolare.
Secondo gli inquirenti, il paziente non è stato valutato in tempo da un medico e quando sono stati eseguiti accertamenti e trattamenti, questi erano già tardivi per l’incolumità del paziente.
“L’uomo sembra avesse informato l’infermiere di essere stato sottoposto a un precedente intervento di chirurgia vascolare – ha confermato il pm – E se anche così non fosse stato, il cambiamento della sua situazione psicofisica avrebbe dovuto convincerlo ad assegnarli un codice giallo. L’assegnazione del codice d’urgenza, infatti, determina anche gli orari con cui le condizioni del paziente vengono rivalutate“.
L’infermiere triagista dovrà difendersi in sede processuale ma la procura sembra avere le idee chiare, un comportamento imprudente e negligente sembra il nesso di causalità che potrebbe costare al collega un anno di reclusione per omicidio colposo.
Le procedure disciplinari delle professioni sanitarie
Quest’opera è stata realizzata per offrire alle professioni sanitarie un utile strumento di conoscenza e, quindi, di difesa. Per comprendere pienamente le regole del sistema così da poterlo gestire in maniera produttiva e, comunque, nel senso della verità e della giustizia. La conoscenza del diritto impedirà una strumentalizzazione della procedura disciplinare affinché non diventi un momento di ritorsione e di punizione per fatti estranei alle accuse.
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