Sviluppo della professione infermieristica e ostacoli alla crescita

Sara Isopi 08/01/20
Lo sviluppo della professione infermieristica è ostacolato da numerose barriere. Allo stesso tempo il demansionamento è un fenomeno tristemente diffuso nell’infermieristica italiana. La professione ha visto una lenta e costante evoluzione negli ultimi decenni. Siamo, tuttavia, lontani dai traguardi raggiunti dai colleghi europei ed americani. Ci sono degli ostacoli che rallentano l’emancipazione della categoria infermieristica e conoscerli (e riconoscerli) è importante.

La studiosa americana Meleis propone una lucida visione di quelle che sono le barriere allo sviluppo della professione infermieristica americana. La stessa analisi si adatta bene anche al contesto italiano.

Barriere allo sviluppo della professione infermieristica

Ci sono delle barriere che ostacolano lo sviluppo della professione infermieristica. Queste alimentano, di conseguenza, il demansionamento infermieristico. L’autrice americana ha identificato le seguenti barriere:

  • Umane
  • Di conoscenza
  • Concettuali

Vediamo di cosa si tratta in questo articolo. La loro comprensione permette di identificare quelle risorse, che potrebbero aiutare la professione a fare quel balzo in avanti a cui si prepara da tempo.

Gli studenti di infermieristica

Il tipo di studenti che si approccia alla professione e il tipo di formazione che ricevono è uno dei primi ostacoli da analizzare. Ciò è necessario se si vuole comprendere perché lo sviluppo della professione infermieristica procede così lentamente.

Questo è importante soprattutto in luce delle recenti polemiche riguardanti le competenze avanzate. Infatti, molti vorrebbero negarle agli infermieri, nonostante rappresentino la naturale evoluzione della nostra categoria professionale.

Ad oggi gli studenti infermieri sono attratti, in America, dalle potenzialità finanziarie, dalle opportunità di carriera e dall’opportunità di fare la differenza nella società. Tali aspetti sono presenti anche nella realtà italiana. In questo senso occorre pensare non tanto all′inadeguatezza degli stipendi italiani. Si deve, piuttosto, avere in mente la possibilità, che per anni c′è stata, di poter essere subito assorbiti dal mercato del lavoro.

Nel passato chi si avvicinava a questo mestiere era soprattutto una donna, con un forte orientamento al servizio. Oggi la professione infermieristica attira, da un lato, sempre più uomini, dall’altro molti laureati provenienti da altre discipline. Inoltre, sempre più professionisti infermieri decidono di continuare la propria professione infermieristica. Questi professionisti spaziano dai corsi di formazione avanzata alle altre discipline.

Da questo punto di vista, la tipologia di studenti che al giorno d’oggi si avvicina alla professione, rappresenta un sicuro punto di forza per lo sviluppo della professione infermieristica.

Le donne nell’infermieristica

Se si guarda alla storia, l’infermieristica è sempre stata una professione femminile. Questo ha fatto sì che gli si attribuissero ruoli stereotipati di accudimento e di assistenza, da sempre attribuiti a mogli e madri.

Facciamo un salto nel tempo, agli albori della nascita dell’infermieristica moderna. Ritroviamo una Nightingale intenta a reclutare solo donne per recarsi in Crimea. Così facendo, l’immagine dell’infermiere si è fusa con l’immagine altruista della donna e con l’idea stessa del sacrificio.

A complicare la situazione c’è l’innegabile fatto che in molte società del passato e del presente la donna è relegata in una posizione di netta inferiorità. Il fatto che l’infermieristica sia stata considerata professione femminile per un periodo così lungo non giova, quindi, al suo sviluppo.

Il retaggio della vecchia formazione

Per anni la formazione infermieristica si è svolta negli ospedali. Solo in tempi recenti si è iniziata a svolgere all′interno degli atenei universitari. Ancora oggi si assiste a uno scarso sviluppo della teoria infermieristica italiana, se non a un completo e palese rifiuto della sua natura teoretica.

Lo sviluppo della professione infermieristica è ostacolato da questi due aspetti inerenti la formazione riservata agli infermieri.

Ci sono voluti anni per vedere i primi laureati fare il loro ingresso nelle corsie ospedaliere italiane. Per anni agli allievi infermieri è stato imposto di soffocare la propria curiosità e di conformarsi alle regole che gli venivano dettate, di attenersi, piuttosto, a un mansionario. È stato loro vietato di porsi delle domande o di mettere in dubbio gli ordini che provenivano dal medico. Per decenni la formazione infermieristica ha imposto agli infermieri un modello educativo consono a renderli esecutori degli ordini dei medici e della politica ospedaliera.

Questo aspetto della nostra storia non può neanche sorprendere se si pensa che gli infermieri venivano formati, appunto, in ambito ospedaliero. All’interno degli ospedali vennero introdotti proprio per essere intellettualmente subordinati, affinché l’ospedale potesse offrire un servizio il più possibile autonomo, possibilmente risparmiando denaro. Per anni si è posto l’accento su tecniche e abilità, piuttosto che su capacità di problem solving. Si è loro insegnata la subordinazione intellettuale e, per lunghi periodi, l’orientamento al compito. Si è in loro premiato un atteggiamento servile, non critico. Allo stesso tempo, i ritmi stessi del lavoro non hanno loro concesso il tempo di pensare o riflettere.

L’eredità di questa formazione, il paternalismo del personale medico, pesano sulla categoria infermieristica. I colleghi che lottano ogni giorno per la propria emancipazione professionale e culturale, si ritrovano ancora oggi a vivere pesanti fenomeni di demansionamento infermieristico.

Il modello patriarcale del secolo scorso

Il modello patriarcale in voga negli ospedali del secolo scorso ha visto nell’infermiere il ruolo, subordinato, di una donna o di una madre di famiglia.

Al medico, invece, è stato assegnato il ruolo del padre, del capo famiglia. A questo è stato assegnato il compito di pensare , prendere le decisioni ed, eventualmente, metterle in discussione.

Alla prima sono state richieste e attribuite altre qualità: sottomissione, sacrificio, altruismo e, attualissimo nel contesto italiano, il ruolo di pacificatore sottomesso, che tutto ripara.

È così che non ci stupiamo di vedere infermieri tuttofare, intenti a svolgere mille funzioni, la maggior parte non inerenti ai loro compiti. Questi infermieri disposti a sacrificarsi per il benessere del paziente, forse non si rendono conto di minare la qualità dell’assistenza sanitaria. Nell’affaccendarsi in mille compiti che non rientrano nelle loro competenze, danno via quel tempo che dovrebbero impiegare per eseguire il loro lavoro di infermieri. Così facendo si rendono, inconsapevolmente, essi stessi complici del loro demansionamento professionale.

Professione infermiere: alle soglie del XXI secolo

La maggior parte dei libri di storia infermieristica si ferma alla prima metà del ventesimo secolo, trascurando di fatto situazioni, avvenimenti ed episodi accaduti in tempi a noi più vicini; si tratta di una lacuna da colmare perché proprio nel passaggio al nuovo millennio la professione infermieristica italiana ha vissuto una fase cruciale della sua evoluzione, documentata da un’intensa produzione normativa.  Infatti, l’evoluzione storica dell’infermieristica in Italia ha subìto un’improvvisa e importante accelerazione a partire dagli anni 90: il passaggio dell’istruzione all’università, l’approvazione del profilo professionale e l’abolizione del mansionario sono soltanto alcuni dei processi e degli avvenimenti che hanno rapidamente cambiato il volto della professione. Ma come si è arrivati a tali risultati? Gli autori sono convinti che per capire la storia non basta interpretare leggi e ordinamenti e per questa ragione hanno voluto esplorare le esperienze di coloro che hanno avuto un ruolo significativo per lo sviluppo della professione infermieristica nel periodo esaminato: rappresentanti di organismi istituzionali e di associazioni, formatori, studiosi di storia della professione, infermieri manager. Il filo conduttore del libro è lo sviluppo del processo di professionalizzazione dell’infermiere. Alcune domande importanti sono gli stessi autori a sollevarle nelle conclusioni. Tra queste, spicca il problema dell’autonomia professionale: essa è sancita sul terreno giuridico dalle norme emanate nel periodo considerato, ma in che misura e in quali forme si realizza nei luoghi di lavoro, nella pratica dei professionisti? E, inoltre, come si riflettono i cambiamenti, di cui gli infermieri sono stati protagonisti, sul sistema sanitario del Paese? Il libro testimonia che la professione è cambiata ed è cresciuta, ma che c’è ancora molto lavoro da fare. Coltivare questa crescita è una responsabilità delle nuove generazioni. Le voci del libro: Odilia D’Avella, Emma Carli, Annalisa Silvestro, Gennaro Roc- co, Stefania Gastaldi, Maria Grazia De Marinis, Paola Binetti, Rosaria Alvaro, Luisa Saiani, Paolo Chiari, Edoardo Manzoni, Paolo Carlo Motta, Duilio Fiorenzo Manara, Barbara Man- giacavalli, Cleopatra Ferri, Daniele Rodriguez, Giannantonio Barbieri, Patrizia Taddia, Teresa Petrangolini, Maria Santina Bonardi, Elio Drigo, Maria Gabriella De Togni, Carla Collicelli, Mario Schiavon, Roberta Mazzoni, Grazia Monti, Maristella Mencucci, Maria Piro, Antonella Santullo. Gli Autori Caterina Galletti, infermiere e pedagogista, corso di laurea magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.Loredana Gamberoni, infermiere, coordinatore del corso di laurea specialistica/ magistrale dal 2004 al 2012 presso l’Università di Ferrara, sociologo dirigente della formazione aziendale dell’Aou di Ferrara fino al 2010. Attualmente professore a contratto di Sociologia delle reti di comunità all’Università di Ferrara.Giuseppe Marmo, infermiere, coordinatore didattico del corso di laurea specialistica/ magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede formativa Ospedale Cottolengo di Torino fino al 2016.Emma Martellotti, giornalista, capo Ufficio stampa e comunicazione della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi dal 1992 al 2014.

Caterina Galletti, Loredana Gamberoni, Giuseppe Marmo, Emma Martellotti | 2017 Maggioli Editore

32.00 €  30.40 €

La teoria nel mondo infermieristico

Abbiamo già accennato allo scarso sviluppo, se non all’aperto rifiuto, della teoretica infermieristica.

Al suo ingresso negli atenei italiani, la disciplina infermieristica ha dovuto competere con altre discipline più mature, per dimostrare di appartenere al mondo accademico.

Il divario tra teoria e pratica infermieristica, da allora, non si è ancora colmato. Le teorie appaiono troppo lontane, troppo astruse agli infermieri che si occupano dell’assistenza diretta al paziente.

Al termine del percorso universitario i neo-laureati rimangono soli in corsia, senza gli strumenti per interpretare la propria storia. A questo punto è facile vederli perdere le basi teoriche per applicare ragionamento critico e problem solvingAnche i neo-infermieri più motivati vengono facilmente inglobati in un sistema che ancora oggi è alla ricerca di soluzioni a basso costo e alimentato da ideali di profitto.  Concetti che poco si sposano con l’ideale di un’assistenza di qualità centrata sull’identità dell’assistito.

Non si è assistito a uno sforzo per agevolare la comprensione della teoria, veicolata da parola complesse, difficilmente recepite dalla moltitudine che restava, in prima linea, a dimenarsi tra le esigenze di produttività e le costanti mancanze organiche e strutturali delle realtà ospedaliere italiane.

La conoscenza infermieristica

Un ultimo aspetto merita di essere brevemente analizzato per capire gli ostacoli allo sviluppo della professione infermieristica. Si è assistito negli anni a un fenomeno che ha portato gli infermieri a screditare gli altri infermieri. Infatti, si sono introdotti esperti provenienti da altre discipline ed è stato loro affidato il ruolo di spiegare cosa sia l’infermieristica. O, peggio ancora, è stato chiesto loro di spiegare agli infermieri come fare cose che erano già state fatte da esperti di infermieristica.

Ci si trova così ad assistere a un uso di conoscenze provenienti da altre discipline, che di per sé non è sbagliato, ma è purtroppo spesso fatto in modo acritico. É come se ciò che venisse importato dall’esterno fosse di miglior qualità e possedesse un valore intrinseco maggiore rispetto a ciò che viene auto-prodotto.

Manca sicuramente alla realtà italiana un uso consapevole delle teorie infermieristiche e, probabilmente, la percezione delle loro potenzialità. Eppure una maggiore consapevolezza della storia e della filosofia del nursing, così come degli stereotipi culturali e sociali che l’hanno accompagnata, si rendono necessari al compimento di quel salto di qualità necessario per un ulteriore sviluppo in avanti della professione infermieristica.

BIBLIOGRAFIA

A.I. Meleis. Teoretica Infermieristica – Sviluppo e progresso della filosofia e delle teorie infermieristiche. Casa Editrice Ambrosiana. 2013.

Sara Isopi

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