Un infermiere dai superpoteri o un investigatore? Quando il medico sbaglia…

Redazione 05/07/19
Scarica PDF Stampa

Un infermiere dai superpoteri o un investigatore?

Per lavorare al meglio è richiesto un totale controllo, anche su cosa ci prescrive il medico.
Quando il medico sbaglia il dosaggio di un farmaco, trascina con sé l’infermiere che lo ha somministrato nel vortice del concorso di reato.

di Giovanni Trianni – Infermiere Legale Forense – Lecce


 

Non ci fermiamo mai

Quanta energia, quanto movimento nelle nostre azioni quotidiane. Non ci fermiamo mai, neanche per un sospiro di sollievo, quelli poi veramente pochi nell’arco di un turno. Quasi a significare con un sospiro, che il sollievo arrivi come premio per una risoluzione positiva di un percorso di un paziente, una guarigione o miglioramento di diagnosi a questo o a quel poveretto che gravitava con un piede nella fossa, o una dimissione dalla terapia intensiva per un “miracolo” insperato e costruito in equipe.

Di corsa e sempre in affanno solchiamo gli interminabili corridoi, imperturbabili con gli occhi aperti ed anche spalancando quelli alieni cresciutici dietro la testa, in allarme come gli “indiavolati” monitor che ci fanno sobbalzare il cuore al solo primo rintocco di quella odiosa campanella incorporata.

Attenti alla fine della flebo, alla sostituzione con l’altra, a non scannulare quella vena sopravvissuta, a calcolare le gocce al minuto, a non confondere le terapie ed i legittimi “proprietari”.

L’infermiere passa il tempo lavorativo…

L’infermiere passa il tempo lavorativo impegnato a vegliare e a controllare per non commettere errori nella propria pratica professionale; ore ed ore profondamente imbardato con un paraocchi obbligatorio, in quanto l’eventuale inezia di una sbadataggine porterebbe al disastro di un’azione deleteria sulla salute del malato e sulla propria.

Dal semplice e continuo controllo del turno giornaliero che varia come le nuvole del cielo in base agli spostamenti logistici, alle malattie, ai congedi, agli articoli straordinari, alla tacca sulla sacca dell’urina, alla data di scadenza dei farmaci, a scrivere tutto e bene, la nostra attenzione è rapita continuamente e quasi raggiunge un fatidico Nirvana quando la magnifica sensazione ci conduce per mano all’apice della sicurezza insperata: abbiamo tutto sotto controllo, ci sembra che la giornata stia per finire e la corona di alloro (solo sognata) sembra arrivare impersonata dal famoso sospiro di sollievo.

Ma un nuvolone cupo si fa strada e sospinto da un vento legislativo, ben presto guadagna corridoio e di soprassalto prima o poi ci assalira’ per scaricare un diluvio di responsabilità nuova, dato che ci mancava. Dunque arriveremo a controllare anche l’operato del Medico? Ebbene ci siamo ormai dentro con tutti i sandali, calzari compresi!

Lo scorso Maggio

Infatti un non ultimo giudizio dello scorso Maggio (1) , ha visto la Suprema Corte rimarcare un fatto che si sta consolidando nella sfera della responsabilità dell’atto infermieristico: la correità (concorso in reato di più persone) in una procedura essenziale nell’equipe sanitaria con caratteristica di “duplicità univoca”, cioè la prescrizione e la somministrazione.

Nella sentenza in questione la Cassazione si pronuncia con fermezza per l’ennesima volta e sentenzia che se l’infermiere il quale somministra un farmaco si rende conto che il dosaggio è sbagliato, non può eseguire acriticamente ciò che è scritto sulla ricetta, ma deve interpellare il medico facendogli notare l’errore, e soprattutto il medico in questione deve per forza di cose essere uno strutturato, in possesso cioè di tutte le informazioni necessarie a comprendere e in caso correggere la terapia.

L’errore fu eseguire un semplice “copia incolla” senza chiedersi il come e perchè, venne trascritto cioè 90 mg di Vinblastina, anziché 9 mg, per una paziente affetta da Linfoma di Hodgkin.

Questo naturalmente, se si rendesse conto dell’errore. Un pronto arginamento scaturirebbe immediato da una corretta professionalità di conoscenza dell’ambito di azione, e conoscenza del paziente innanzitutto, con le dovute tutele da mettere in atto.

Quali sono le responsabilità dell’infermiere?

Ma se non ci si accorge dell’errore?

Ma se non ci si accorge dell’errore? Cosa si può fare? Una consapevolezza proattiva della questione non può essere trascurata e si richiama continuamente. Una reiterata e mirata consapevolezza dell’agire necessita in misura eguale come per il medico, quello che dice la Cassazione: “…di tutte le informazioni necessarie a comprendere e in caso correggere la terapia..”. Si intuisce benissimo come “tutte le informazioni necessarie” devono di buon grado essere possedute dall’infermiere che pratica la terapia.

Altro caso analogo richiamò già tale principio nel 2016 (2), in cui avvenne la morte di un paziente al quale era stata somministrata una dose eccessiva di cloruro di potassio.

L’infermiera non si accorse dell’errore medico in cui era stato prescritto un certo dosaggio del farmaco, senza ulteriori indicazioni. La stessa infatti, non diluì il potassio ma lo infuse direttamente in vena provocando la morte del paziente.

Se il giudizio di primo grado assolve l’infermiera accogliendo di buon grado il parere difensivo, riconoscendole cioè un ruolo marginale al processo di prescrizione-somministrazione, nel secondo la Corte d’Appello di Genova (come confermato poi in Cassazione), riconosce anche la responsabilità dell’infermiera: “..Doveva appartenere al bagaglio professionale dell’infermiera stessa, all’esito di un percorso formativo che comprendeva 30 ore di farmacologia e 140+190 ore di tecniche infermieristiche, ..la conoscenza della portata letale di una iniezione di cloruro di potassio non diluito“.

Si riconosce in capo alla collega “possibilità di delibazione”sulla “prescrizione medica di per sè stessa erronea o incompleta”: avrebbe dovuto adeguare la procedura ai protocolli vigenti, traendone la sostanza della prescrizione, inoltre integrandola, procedendo cioè alla diluizione anche se non indicata dal medico.

Allora quali panni vestire? Supereroe o investigatore?

Allora quali panni vestire? Di supereroe, di investigatore? La risoluzione forse sarà data innanzitutto dalla presa di coscienza di essere parte integrante, essenziale, autonoma del processo di cura della salute. La consapevolezza della rilevanza all’interno dell’equipe si consolida con un giusto peso responsabile delle azioni distintive e fondanti la nostra essenza intellettuale, e non per coercizione derivante da obblighi di legge scaturenti da antefatti giudiziari.

Servirebbe veramente un superinfermiere? No basterebbe fare il proprio lavoro nell’unico modo possibile, e cioè bene. Ma soprattutto conoscere ciò che si fa, e poi ancora conoscere, conoscere, conoscere.

D’altronde qual è il punto interessante e focalizzante dell’essere supereroi, se non quello di fare un lavoro, molto, ma molto bene.
….e senza errori.

Giovanni Trianni – Infermiere Legale Forense

Leggi anche:

https://www.dimensioneinfermiere.it/infermiere-la-documentazione-clinica-foresta-impervia/

Redazione

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento