Un infermiere di pronto soccorso: “Siamo costretti a tenere i pazienti in corridoio e lì può succedere di tutto”

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A seguito della presunta violenza sessuale avvenuta in corsia la notte dello scorso 28 maggio (VEDI) G.M., infermiere di pronto soccorso, ha raccontato a Fanpage cosa si vive nei Dipartimenti di Emergenza e Accettazione milanesi.

«Ne ho viste di ogni, e praticamente tutte sono avvenute di notte» ha raccontato. Per poi scendere nei dettagli: «Il carico di lavoro in realtà è sempre uguale. Nelle ore notturne, però, non c’è la stessa presenza di personale, che già è poco e difficile da reperire: i pochi che ci sono, soprattutto infermieri, scappano via per le condizioni di lavoro che si trovano qui in Italia. Senza contare che ovviamente alcune realtà, come quella milanese, con il buio accolgono persone socialmente pericolose, che hanno abusato di alcol e sostanze stupefacenti o che arrivano dalla strada dopo accoltellamenti, risse».


E ancora: «Ci sono pazienti non dimissibili che attendono il ricovero per una, due notti e nel frattempo stazionano sulla barella in area d’osservazione. Lì può succedere di tutto, si dorme alla mercé di chiunque. I furti, ad esempio, sono all’ordine del giorno. È un luogo di passaggio».

E quando si è costretti a “parcheggiare” pazienti psichiatrici in corridoio, tutto rischia di complicarsi: «Cerchiamo di tutelarli il più possibile, compatibilmente con quello che è il carico di lavoro e la struttura organizzativa: di notte e nel fine settimana, soprattutto, capitano quattro, cinque, sei o più persone in queste condizioni e magari le stanze sono già occupate. Così siamo spesso costretti a metterli in corridoio, con tutti i rischi che questo comporta».


G,M. è piuttosto chiaro: «Il Pronto soccorso dovrebbe occuparsi unicamente della gestione delle emergenze, sgravandosi di quello che urgente non è». Eppure «il 70 per cento di quelli che vengono è composto da persone che non sono riuscite a prendere appuntamento con il medico di base».

Tornando poi alla questione iniziale, ovvero i rischi per i pazienti che stazionano nei corridoi senza alcun controllo (non spetta di certo a medici e infermieri), l’infermiere sottolinea: «Ci sono dei vigilanti, pochi, che l’ospedale può mettere a disposizione, ma non sono certo addetti alla pubblica sicurezza. Sono messi lì per la sicurezza aziendale e per tutelare l’ambiente da intrusioni esterne, ma non fungono da agenti di polizia davanti alle aggressioni o ai casi più problematici».


E il fantomatico pulsante pensato per chiamare le forze dell’ordine? «Il problema è che spesso non funziona. Senza contare che, una volta attivata la polizia, gli agenti a volte intervengono anche dopo 45 minuti. Un tempo c’era direttamente il presidio di polizia all’interno del Pronto soccorso ma ormai, in un’ottica di costante diminuzione del personale, sono stati smantellati. Sarebbero necessari, ma li prevede solo qualche ospedale in Italia. E sicuramente non a Milano, dove da nessuna parte è garantito un presidio notturno» conclude G.M.

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