Un infermiere frontaliero: “Guadagno 4400 euro al mese, non lavorerò mai più in Italia”

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L’emigrazione degli infermieri italiani alla ricerca di migliori stipendi e condizioni di lavoro è una questione nota da tempo. Il sindacato Nursing Up da mesi lancia l’allarme affinché si intervenga per frenare la fuoriuscita di professionisti del settore sanitario verso l’estero, in particolare la Svizzera. Per affrontare questo problema, le istituzioni lombarde, in collaborazione con il governo italiano, stanno elaborando un sistema di indennizzi, almeno per gli infermieri residenti nelle zone di confine, con l’obiettivo di incentivare gli operatori a rimanere in Italia.


Questo problema, inizialmente locale, sta gradualmente guadagnando importanza a livello nazionale. Recentemente, il quotidiano Repubblica ha focalizzato l’attenzione sull’argomento intervistando un infermiere frontaliere residente a Clivio, in provincia di Varese.

Dall’intervista emergono elementi allettanti che illustrano il contesto lavorativo in Svizzera. Il giovane infermiere, venticinquenne, dipinge un quadro positivo: meritocrazia, un breve tragitto di 30 minuti da casa al lavoro, presso il reparto geriatria della Clinica Luganese Moncucco, formazione finanziata in tutto o in parte dal datore di lavoro, carenza di personale pressoché assente e uno stipendio netto di 4.400 euro al mese.


L’infermiere spiega la sua decisione di trasferirsi in Ticino sottolineando che la sua professione spesso viene sottovalutata in Italia: “La professione dell’infermiere è di importanza vitale, ma in Italia spesso non viene compresa appieno. Coloro che hanno interagito con noi sanno quanto possiamo contribuire. Lo stipendio dovrebbe essere allineato al ruolo e alle responsabilità che ricopriamo. Numerosi colleghi si sono già uniti a lui in questa scelta: presso la Clinica Luganese Moncucco, gli italiani sono numerosi. L’infermiere riferisce che nel suo precedente luogo di lavoro, come case di riposo per anziani e assistenza domiciliare, i lavoratori frontalieri costituivano persino il 90% del personale.


Infine, il giovane infermiere ammette che non considererebbe l’opzione di tornare a lavorare in Italia, poiché in Svizzera vengono riconosciute le competenze e viene data l’opportunità di lavorare nel proprio campo di specializzazione. La testimonianza di questo professionista evidenzia un dibattito ampio e rilevante riguardo al riconoscimento e alle condizioni lavorative degli infermieri in Italia.

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Alessio Biondino

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