L’uso dei Robot nelle attività di cura: NEU la rivista dell’ANIN ci chiarisce le idee

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Nel numero 3 2018 di NEU, viene affrontato ampiamente il tema dell’utilizzo dei robot nell’ambito della cura. Potrebbe risultare ostico e non comprensibile come i robot possano sopperire a tale funzione, ma già alla fine degli anni 80’ lo stesso computer non sembrava uno strumento fruibile.

L’uso dei Robot nelle attività di cura

Oggi non riusciamo a farne a meno, siamo on-Line in qualsiasi luogo e momento, utilizziamo piccoli processori nella nostra vita quotidiana quasi da non poterne più fare a meno, ritenendolo un oggetto di vitale importanza. In questo numero viene rivolta una particolare attenzione e analisi alle principali questioni morali che emergono nell’ambito della cura e in medicina sull’utilizzo della robotica rivolto a persone con mobilità ridotta o anziane.

In ambito assistenziale i robot sono in grado di occuparsi e se programmati possono preoccuparsi delle persone per a cui sono assegnati, possono facilitarne la comunicazione o permetterne la stessa creando collegamenti con il personale sanitario o la famiglia. Pertanto possiamo definirli veri e propri “oggetti di compagnia”, arrivando anche a facilitarne l’espletamento di bisogni sessuali in caso di persone con ridotta mobilità.

Professione infermiere: alle soglie del XXI secolo

La maggior parte dei libri di storia infermieristica si ferma alla prima metà del ventesimo secolo, trascurando di fatto situazioni, avvenimenti ed episodi accaduti in tempi a noi più vicini; si tratta di una lacuna da colmare perché proprio nel passaggio al nuovo millennio la professione infermieristica italiana ha vissuto una fase cruciale della sua evoluzione, documentata da un’intensa produzione normativa.  Infatti, l’evoluzione storica dell’infermieristica in Italia ha subìto un’improvvisa e importante accelerazione a partire dagli anni 90: il passaggio dell’istruzione all’università, l’approvazione del profilo professionale e l’abolizione del mansionario sono soltanto alcuni dei processi e degli avvenimenti che hanno rapidamente cambiato il volto della professione. Ma come si è arrivati a tali risultati? Gli autori sono convinti che per capire la storia non basta interpretare leggi e ordinamenti e per questa ragione hanno voluto esplorare le esperienze di coloro che hanno avuto un ruolo significativo per lo sviluppo della professione infermieristica nel periodo esaminato: rappresentanti di organismi istituzionali e di associazioni, formatori, studiosi di storia della professione, infermieri manager. Il filo conduttore del libro è lo sviluppo del processo di professionalizzazione dell’infermiere. Alcune domande importanti sono gli stessi autori a sollevarle nelle conclusioni. Tra queste, spicca il problema dell’autonomia professionale: essa è sancita sul terreno giuridico dalle norme emanate nel periodo considerato, ma in che misura e in quali forme si realizza nei luoghi di lavoro, nella pratica dei professionisti? E, inoltre, come si riflettono i cambiamenti, di cui gli infermieri sono stati protagonisti, sul sistema sanitario del Paese? Il libro testimonia che la professione è cambiata ed è cresciuta, ma che c’è ancora molto lavoro da fare. Coltivare questa crescita è una responsabilità delle nuove generazioni. Le voci del libro: Odilia D’Avella, Emma Carli, Annalisa Silvestro, Gennaro Roc- co, Stefania Gastaldi, Maria Grazia De Marinis, Paola Binetti, Rosaria Alvaro, Luisa Saiani, Paolo Chiari, Edoardo Manzoni, Paolo Carlo Motta, Duilio Fiorenzo Manara, Barbara Man- giacavalli, Cleopatra Ferri, Daniele Rodriguez, Giannantonio Barbieri, Patrizia Taddia, Teresa Petrangolini, Maria Santina Bonardi, Elio Drigo, Maria Gabriella De Togni, Carla Collicelli, Mario Schiavon, Roberta Mazzoni, Grazia Monti, Maristella Mencucci, Maria Piro, Antonella Santullo. Gli Autori Caterina Galletti, infermiere e pedagogista, corso di laurea magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma.Loredana Gamberoni, infermiere, coordinatore del corso di laurea specialistica/ magistrale dal 2004 al 2012 presso l’Università di Ferrara, sociologo dirigente della formazione aziendale dell’Aou di Ferrara fino al 2010. Attualmente professore a contratto di Sociologia delle reti di comunità all’Università di Ferrara.Giuseppe Marmo, infermiere, coordinatore didattico del corso di laurea specialistica/ magistrale in Scienze infermieristiche e ostetriche dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, sede formativa Ospedale Cottolengo di Torino fino al 2016.Emma Martellotti, giornalista, capo Ufficio stampa e comunicazione della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi dal 1992 al 2014.

Caterina Galletti, Loredana Gamberoni, Giuseppe Marmo, Emma Martellotti | 2017 Maggioli Editore

32.00 €  30.40 €

Quando dovremmo utilizzare i robot per la cura?

Abstract: Un approccio legato alla natura delle attività

Quando dovremmo usare i robot della cura? In questo articolo difendiamo il passaggio da un approccio normativo semplice ad uno più complesso per quanto riguarda l’etica dei robot per la cura: pensiamo che uno dei compiti più importanti dell’etica dei robot della cura sia di analizzare i diversi modi attraverso cui differenti robot possono influenzare i diversi valori in gioco in diverse pratiche di cura. Per prima cosa colmeremo le lacune della letteratura mostrando come l’analisi filosofica della natura delle attività assistenziali può contribuire all’elaborazione dell’etica dei robot della cura.

Faremo riferimento all’approccio che considera la natura delle attività (nature-of-activities approach) recentemente proposto nel dibattito sul potenziamento umano (human enhancement) e l’applicheremo all’etica dei robot della cura. L’approccio legato alla natura delle attività può aiutare a capire perché alcune attività assistenziali orientate alla pratica dovrebbero essere probabilmente lasciate agli esseri umani,
mentre altre attività assistenziali prevalentemente dirette ad un fine possono essere
svolte (a volte anche più moralmente) con l’assistenza di un robot.

In relazione a queste ultime attività, intendiamo mostrare che anche se tutte le attività assistenziali possono essere considerate orientate alla pratica, quando cerchiamo di rendere conto con precisione di un’attività che si presta a differenti e legittime descrizioni, la stessa o almeno alcune componenti di essa possono essere viste chiaramente come dirette ad un fine.

Per quanto questo permetta di valutare eticamente le funzioni specifiche di particolari robot destinati all’impiego in circostanze ben definite, riteniamo che l’approccio legato alla natura delle attività sia particolarmente utile anche dal punto di vista della progettazione, ovvero per sviluppare robot con un approccio sensibile ai valori (Value Sensitive Design approach).

Questo è l’abstract dell’articolo: “QUANDO DOVREMMO UTILIZZARE I ROBOT?” pubblicato su NEU, la rivista dell’ANIN (Associazione Nazionale Infermieri Neuroscienze) per continuare a leggere l’articolo ed altri sul tema clicca qui.

Autore: Giancarlo Mercurio (ANIN)

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Giancarlo Mercurio

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