Violenza, stupri, aggressioni a infermiere: tutto il mondo è paese

Redazione 15/04/25

Non si tratta di alcuni episodi isolati, particolarmente in Italia. Le aggressioni, gli abusi e i soprusi contro il personale infermieristico – e in particolare contro le infermiere – stanno assumendo le dimensioni di una vera emergenza globale.

Non importa che ci si trovi in una corsia d’ospedale o nel parcheggio dopo un turno notturno: in un mondo sempre più folle, anche chi si prende cura degli altri, non è più sicuro nemmeno dai pazienti.

Tentativo di stupro in USA: infermiere aggredite, molestate e violentate

All’ospedale Mount Nittany, negli Stati Uniti, due infermiere sono state aggredite brutalmente da un paziente ricoverato, che ha cercato di violentarle e ha provocato loro lesioni fisiche. Un paziente 26enne ha tirato per i capelli un’infermiera, l’ha sbattuta sul letto e ha tentato di stuprarla.

Quando un’altra collega è intervenuta, anche lei è stata aggredita, spinta contro un muro e molestata. Solo l’intervento della sicurezza ha evitato il peggio.

Il paziente è ora accusato di tentato stupro, aggressione, molestie e condotta disordinata. Il giudice ha negato la cauzione: era senza fissa dimora e aveva appena commesso un atto di violenza inaudita contro chi lavora per salvare vite.

Infermiera si suicida dopo essere stata licenziata per aver denunciato abusi sui pazienti

Ma la violenza può anche assumere forme più subdole, come nel caso di Shannon Billheimer. Infermiera presso il Woodward Resource Center, si è tolta la vita dopo essere stata licenziata in seguito alla segnalazione all’azienda di abusi su un paziente.

L’azienda sembra prima averla intimidita di tacere sulla situazione e quindi allontanata di fronte all’insistenza etica della collega che non voleva rifiutarsi di chiudere gli occhi alle violenze subite dai suoi pazienti.

L’amara constatazione di un mondo in cui fare la cosa giusta può portare ad essere il motivo per cui sarai costretto a pagare per tutti gli altri, anche per chi ha commesso i reati che sei costretto a denunciare, deve essere stata molto dolorosa per l’infermiera Shannon, che in un momento di sconforto profondo a deciso di togliersi la vita.

La sua famiglia ha denunciato l’accaduto come una chiara ritorsione, frutto di una cultura interna che scoraggia le segnalazioni e punisce chi alza la testa.

I legali della famiglia hanno molta determinazione nel supportare il loro impianto accusatorio: il licenziamento ha causato dolore, sofferenza e una perdita irreparabile. Questa sofferenza è causa del suicidio della collega. Un’amara lezione su quanto può essere tossico un ambiente di lavoro che non tutela, ma silenzia.

Non farti intimidire dalla direzione, impara a difenderti!

Vista la crescente disconnessione delle dirigenze sanitarie dalla realtà concreta vissuta ogni giorno dagli operatori – tra carenze di personale, turni insostenibili, aggressioni e totale mancanza di protezione – diventa sempre più urgente, per gli infermieri e il personale sanitario, conoscere a fondo i propri diritti e gli strumenti per difendersi da eventuali procedimenti disciplinari nelle aziende sanitarie.

In un contesto dove chi denuncia viene spesso isolato e chi subisce violenza resta senza tutela, sapere come muoversi non è più una scelta: è una necessità.

Il manuale di Mauro Di Fresco, infermiere, docente e avvocato dal titolo “Le procedure disciplinari delle professioni sanitarie” Edizione Maggioli, offre una guida completa per conoscere e difendere i propri diritti professionali di fronte alla dirigenza.

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Le procedure disciplinari delle professioni sanitarie

La giurisprudenza ha voluto spiegare la relazione umana e contrattuale che lega l’operatore al paziente e viceversa, coniando un nuovo termine: contatto sociale. Le professioni sanitarie consistono in attività delicate, che purtroppo, ora più frequentemente, incidono nella sfera personale del paziente e soprattutto nei suoi interessi primari, come è appunto la salute. L’attrito che ne può derivare, al di là delle capacità di gestione del professionista, finisce spesso nel contenzioso, che dapprima viene affrontato dalla stessa Azienda sanitaria, alla quale interessa primariamente la soddisfazione dell’utente. Per questo motivo, il professionista si trova ad affrontare delle accuse di negligenza, di imperizia o di imprudenza che si sviluppano in molti modi ma che potrebbero incidere anche definitivamente sul suo futuro professionale. Lo stress, il senso di abbandono e di disarmo che investono l’operatore innocente durante le fasi disciplinari sono perlopiù prodotti dal timore di veder macchiata la propria reputazione con effetti deleteri sull’autostima e sull’eterostima. Inoltre, l’ignoranza del diritto disciplinare è un catalizzante della paura che impedisce al lavoratore di difendersi pienamente dalle accuse perché paralizza ogni possibilità di reazione. Quest’opera è stata realizzata per offrire alle professioni sanitarie un utile strumento di conoscenza e, quindi, di difesa. per comprendere pienamente le regole del sistema così da poterlo gestire in maniera produttiva e, comunque, nel senso della verità e della giustizia. La conoscenza del diritto impedirà una strumentalizzazione della procedura disciplinare affinché non diventi un momento di ritorsione e di punizione per fatti estranei alle accuse. Mauro Di Fresco Insegna Diritto Sanitario ai master infermieristici di I e II livello della Prima Facoltà di Medicina e Chirurgia di Roma. Alla Seconda Facoltà (Ospedale Sant’Andrea) insegna Diritto del Lavoro Sanitario al Corso di Laurea Magistrale in Infermieristica. È relatore di diversi corsi ECM di carattere nazionale, responsabile del link Diritto Sanitario nella rivistaLa Previdenzae scrive anche su Studio Cataldi, Diritto e Diritti, Infoius.it. È consulente legale nazionale di diversi sindacati che operano nel comparto Sanità e nella Dirigenza Medica oltre che in 52 Associazioni di pazienti.

 

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Come nei film: pistola alla tempia e continua a guidare

Neppure l’uscita dall’ospedale rappresenta una zona sicura. In Nuova Zelanda, nei pressi del Palmerston North Hospital, un’infermiera è stata costretta a guidare la propria auto sotto la minaccia di una pistola puntata alla testa.

L’aggressore è salito sul sedile posteriore e le ha ordinato di partire. La donna è riuscita a fuggire e salvarsi, ma resta il trauma di una notte che poteva finire molto diversamente. Il sindacato locale aveva da tempo segnalato il problema: i parcheggi interni sono insufficienti, e il personale è costretto a camminare al buio in zone isolate dopo i turni serali. Un problema strutturale, ignorato fino all’incidente.

Violenza sulle infermiere è violenza sulle donne

Questi casi, lontani tra loro nello spazio ma legati da un filo comune, raccontano una realtà che non può più essere negata: le infermiere sono bersagli facili, troppo spesso esposte a violenze fisiche, psicologiche e istituzionali.

In corsia, nelle strutture, per strada e persino a casa propria, queste professioniste vivono un rischio costante, aggravato da turni estenuanti, condizioni di lavoro precarie e spesso una colpevole indifferenza da parte delle istituzioni, a quanto pare di tutto il mondo, persino quello che si definirebbe “civilizzato”.

E questo, semplicemente, non può più essere tollerato.

Ma nemmeno nel proprio domicilio le colleghe possono vivere serenamente il proprio tempo libero dall’inferno delle corsie. A North Lauderdale, in Florida, un’infermiera del Broward Health è stata accoltellata a morte nella propria abitazione da un ex compagno.

Maguy Pouye, definita dai colleghi “un’anima straordinaria”, è stata uccisa mentre in casa era presente anche sua figlia, rimasta ferita nell’attacco. La brutalità dell’episodio ha lasciato sgomenta un’intera comunità sanitaria.

Lo sgomento nel leggere tutti questi episodi di violenza, nasce dalla consapevolezza che ad unirci come categoria sanitaria con i nostri cugini di altri paesi, non è la scienza, la passione, l’entusiasmo di contribuire a qualcosa di importante o a tentare di farlo.

Ad unirci è la consapevolezza che nonostante il corpo infermieristico è una delle colonne portanti di ogni sistema sanitario nazionale, oggi, nel mondo, chi indossa una divisa sembra avere persino più probabilità di essere aggredito, rischiando di finire sotto attacco più che sotto protezione. È come se invece di un croce rossa, avessimo un bersaglio sulla pettorina. E questo fa male a tutti, non solo a noi, ma alla disillusione verso istituzione e verso la professione stessa.

Redazione

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