Attrattività? “Urge riconoscere l’infermiere competente e specializzato”

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In una nuova lettera a Quotidiano Sanità, il presidente Opi La Spezia Francesco Falli torna sul delicato tema della scarsa attrattività della professione infermieristica. Lo fa rispondendo alla missiva del Responsabile Comunicazione FNOPI Giannantonio che, commentando un abominio lessicale prodotto da un quotidiano locale lombardo (VEDI articolo Riconoscimento? Per i media l’infermiere è “del dottore”), qualche giorno fa aveva prodotto sempre su QS un’interessante riflessione dal titolo “’Di chi sono gli infermieri?“.

Secondo Falli, il pezzo di Giannantonio «ha rilanciato ancora una volta la “questione infermieristica nazionale”, bel oltre gli aspetti semantici. Alcuni hanno contribuito al dibattito con riferimenti normativi, altri con aspetti di natura contrattuale, di certo tutto molto utile ad un confronto che merita tutta l’attenzione possibile».


«Da anni cerco – continua Falli – di dimostrare che una nuova visione della figura infermieristica farebbe una vera differenza in Italia, e questo naturalmente suscita sia l’interesse, sia il fastidio, delle varie parti in causa o stakeholders che dir si voglia.

Mi aggancerei alla questione proposta da Giannantonio ricordando, che proprio come ci spiega il Responsabile della comunicazione di FNOPI, ci sono già casi in cui un assistito può dire, oggi “questo è il mio infermiere”…

Lo può fare l’assistito degli ambulatori rivolti agli stomizzati: a tale riguardo, ricorderei a tutti la stupenda testimonianza di una signora che, in un evento congressuale a Montesilvano organizzato da AIOSS (l’associazione degli operatori di stomaterapia) raccontò sul palco di come, dopo l’intervento chirurgico, si ritrovò senza un sostegno utile a gestire la sua nuova stomia, e così ne ebbe tale sofferenza che finì in depressione, e chiuse la piccola azienda che gestiva, licenziando una decina di operai.


Ma incontrato un infermiere esperto, ritrovò con l’autonomia appresa da questo professionista la voglia di ricominciare, riaprì l’azienda e riassunse quei dieci operai: a tutti, la signora presentò questo collega come “il mio infermiere” al quale manifestava grande riconoscenza e stima.

Anche gli assistiti degli ambulatori di cura delle lesioni cutanee; anche gli assistiti che ricevono a casa l’infermiere delle cure domiciliari o l’infermiere di famiglia e comunità, possono dire di avere contatti e cure “dal loro infermiere” di riferimento.

E attenzione, anche in alcune realtà di degenza, la figura dell’infermiere facilmente interscambiabile e facilmente “confondibile” viene superata, almeno in gran parte: dove sono in atto, ad esempio, nuovi modelli organizzativi (forse nuovi per noi, ma già vecchi in altri Paesi) come il primary nursing – per citarne solo uno – la figura dell’infermiere di riferimento, “il mio infermiere” citato da Giannantonio esiste.


Quindi: quando avremo finalmente risolto la questione del riconoscimento dell’infermiere competente e specializzato, staccandolo dalla massa del profilo, permettendo così a chi crede e a chi sa fare di essere valorizzato per questo, avremo migliorato la situazione degli infermieri, rendendo più percorribili percorsi di carriera interni e, al tempo stesso, reso più facile per il cittadino un rapporto di fiducia con un professionista che, come dimostrano studi ed evidenze in letteratura, e qui mi riferisco a studi non esclusivamente pubblicati da infermieri, può fare veramente la differenza».

«Per me – conclude il presidente Opi La Spezia – il senso del contributo di Giannantonio è assolutamente indirizzato anche verso questo fronte attualissimo, e non più rinviabile, un qualcosa che può contribuire, oltre al resto, a recuperare interesse ed attrazione verso la professione».

Assistenza infermieristica e procedura di impianto del Pacemaker temporaneo

Alessio Biondino

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