Cosa succede quando una bioeticista si siede accanto a un infermiere per parlare di cura? Nasce uno spazio nuovo, dove la bioetica smette di essere una teoria astratta e diventa una chiave concreta per comprendere il senso profondo dell’agire sanitario.
In questo contributo, Alexandra Alba, dottoressa in Filosofia, insegnante ed esperta in Bioetica e Neuroetica, ci guida in un percorso che attraversa etica, medicina e umanità, mettendo al centro l’intenzione dell’atto di curare.
Indice
Che cos’è la bioetica?
Cominciamo dal definire questo ambito di ricerca: la bioetica è una disciplina che si occupa delle questioni etiche e morali legate alla ricerca biologica e medica.
La bioetica è contraddistinta dalla sua interdisciplinarità, in quanto coinvolge branche di sapere che spaziano dalla filosofia alla medicina, dalla giurisprudenza alla sociologia, dall’antropologia al biodiritto.
Qual è l’obiettivo della bioetica?
Il ruolo di tale disciplina è da sempre volto all’analisi teorica delle questioni, alla chiarificazione di categorie ed alla corretta impostazione di argomenti.
Tale ruolo deve tuttavia essere accompagnato da un forte impegno pratico che mira a far comprendere il senso intrinseco che ogni problematica porta con sé.
L’elemento caratteristico della bioetica contemporanea è un più rigoroso rapporto multidisciplinare tra filosofia morale e scienze biologiche; le diverse “scienze della vita” accrescono infatti la nostra consapevolezza delle relazioni di causa-effetto consentendoci di pervenire ad una più accurata ricerca delle conseguenze relative al nostro operato.

Per essere sempre preparati ad affrontare ogni imprevisto e i mille problemi che possono sorgere durante l’assistenza a una persona malata, noi di Dimensione Infermiere consigliamo la lettura e lo studio di questo manuale: “Assistere a casa. Suggerimenti e indicazioni per prendersi cura di una persona malata” ed. Maggioli, 2011, da cui abbiamo tratto questo articolo, riportato le illustrazioni e usato come fonte attendibile di assistenza di base.
Disponibile sia su Amazon che sul sito di Maggiolieditore.it, il manuale renderà il caregiver più consapevole e più sereno nelle piccole assistenze di tutti i giorni verso le persone che amiamo e che hanno maggiormente bisogno del nostro aiuto.
Assistere a casa – Suggerimenti e indicazioni per prendersi cura di una persona malata
Assistere a casa
Da chi svolge quotidianamente un lavoro a contatto con le persone malate e i loro contesti famigliari, e che affronta con loro tutto quello che può accadere dentro le case durante l’assistenza domiciliare, nasce questo agile e utilissimo manuale. Non è un testo enciclopedico, non vuole avere, per spirito degli autori stessi, la presunzione di risolvere qualsiasi problema si possa presentare nel corso dell’assistenza domiciliare. Un’assistenza domiciliare non può prescindere dalla possibilità di effettuare a domicilio le cure necessarie ed eventuali esami diagnostici. per questo c’è bisogno di creare un équipe ben addestrata di sanitari coordinati fra loro, di assicurare una reperibilità 24 ore su 24, e di avere la certezza di una base di riferimento, fulcro importantissimo, quale la famiglia e i volontari. Proprio loro infatti rappresentano il raccordo essenziale tra il paziente e il professionista. spesso si trovano a confrontarsi con una realtà diversa, piena di incognite. Devono essere edotti sui diversi aspetti della malattia ma è fondamentale che conoscano il confine entro cui muoversi e quando lasciar posto al personale sanitario. Conoscere significa non ignorare e non ignorare significa non aver paura: una flebo che si ferma non deve creare panico nei famigliari o nel volontario, anche perché essendo loro il punto di riferimento per il paziente sono loro i primi a dare sicurezza e questo avviene solo se si conoscono i problemi. Il testo cerca perciò di porre l’attenzione sulle necessità più importanti, sui dubbi più comuni, sulle possibili situazioni “difficili” che a volte divengono vere urgenze, non dimenticando i piccoli interrogativi che spesso sono sembrati a noi stessi banali ma che, al contrario, sono stati motivo di forte ansia non solo per il paziente ma anche per i famigliari e per i volontari alle prime esperienze. Giuseppe Casale, specialista oncologo e gastroenterologo, è fondatore dell’Associazione, Unità Operativa di Cure Palliative ANTEA, di cui è anche Coordinatore Sanitario e Scientifico. Membro di molte Commissioni del Ministero della Sanità in ‘Cure Palliative’, è autore di diverse pubblicazioni, nonché docente in numerosi Master Universitari. Chiara Mastroianni, infermiera esperta in cure palliative, è presidente di Antea Formad (scuola di formazione e ricerca di Antea Associazione), e membro del comitato scientifico dei Master per infermieri e medici in cure palliative dell’ Università degli studi di Roma Tor Vergata.
Chiara Mastroianni, Giuseppe Casale | Maggioli Editore 2011
15.20 €
Cosa fa un bioeticista?
Il bioeticista è il professionista più che mai consapevole di come i principi ultimi di un qualsiasi sistema morale possano offrire risposte quanto mai equivoche, soprattutto se proiettate nell’infinità varietà delle situazioni concrete che un individuo affronta quotidianamente.
Il ruolo del bioeticista è interpretare e riadattare i principi generali di una realtà scossa dalle continue evoluzioni in campo medico e scientifico.
Il punto focale per chiunque desideri interloquire con la bioetica è l’accettazione dell’inesistenza di ricette infallibili o sistemi aprioristicamente veritieri.
Decisivo è il riconoscimento della capacità decisionale della persona, che la rende in ultima analisi responsabile dinanzi alla vita.
Qual é il rapporto tra bioetica e professioni sanitarie?
La bioetica porta sotto i riflettori il concetto “dell’aver cura”. La cura abbraccia l’intera esistenza umana in quanto conferisce senso all’essere nel mondo.
Il concetto di “aver cura” inteso come dedizione, premura e sollecitudine si manifesta nelle professioni sanitarie e sociali in antitesi all’indifferenza ed al disinteresse.
La vita emotiva dell’individuo sano, a maggior ragione del paziente, dovrebbe essere coltivata come preziosa risorsa e non come fastidioso ostacolo alla scientificità ed alla professionalità.
Avere cura della vita emotiva tanto propria quanto altrui è di vitale importanza per ogni singolo infermiere, operatore sanitario, medico e professionista ospedaliero, in quanto unica arma per salvaguardare l’alterità e l’inalienabile diritto a non essere interpretati dal sapere catalogante che archivia le persone alla stregua di cose attraverso una metodologia pericolosamente reificante.
Qual è l’intenzione dell’atto di curare?
La cura è ormai universalmente intesa come l’atto del curare, il quale è in sé evidente; a non essere evidente è l’intenzione dell’atto ed il senso che vi è racchiuso.
Ad essere colto dal paziente è proprio l’intenzione dell’atto con il suo “come” ed il suo “perché”; è questo che fa la differenza nella relazione che si viene a creare tra infermiere e paziente, ed è questo che venendo a mancare toglie a tale relazione l’essenza stessa dell’aver cura.
Il personale sanitario e l’infermiere è umano, pertanto è esposto alla commozione, al dolore, all’empatia come ogni altro individuo. A tali figure viene però spesso inculcato a considerare tali sentimenti come “scorrettezze” nel loro agire professionale.
Ciò porta tali soggetti ad innalzare vere e proprie barriere difensive contro ogni genere di angoscia che potrebbe portarli in direzione di un pericoloso sentiero di coinvolgimento emotivo che non possono permettersi di intraprendere.
Cosa insegna la bioetica alle professioni sanitarie?
La fuga o l’indifferenza verso le principali e più comuni domande esistenziali non dura a lungo, anche gli infermieri aventi atteggiamenti più cinici e distaccati non sono immuni da tali quesiti che fanno visita ad ogni essere umano proprio in quanto essere pensante.
Le professioni che si occupano del prendersi cura presentano una bipolarità contraddistinta da senso di onnipotenza/impotenza: se da un lato rifuggono da ogni tipo di immedesimazione con la persona che si trovano di fronte, dall’altro lato sono perseguitati dal costante timore di non essere in grado di aiutare il loro prossimo in difficoltà.
La tradizionale contrapposizione tra scienza ed etica ha contraddistinto la cultura occidentale facendoci pagare un prezzo troppo alto: il sacrificio della dimensione dell’umano nelle professioni dell’aver cura.
La bioetica appoggiandosi anche alle recenti ricerche neuro scientifiche ci dimostra la piena insostenibilità teorica che la classica contrapposizione mente/cuore porta in grembo. Tale disciplina insegna principalmente che in una relazione tra operatore sanitario e paziente:
- il sentire si tramuta in sapere;
- i sentimenti che vengono provati verso l’altro sono messaggeri di informazioni;
- tali informazioni sono essenziali per la cura del paziente.
La bioetica quindi ci insegna a “risignificare” le azioni relazionali affinchè gli spazi della cura diventino luoghi di condivisione e dialogo al fine di edificare una comunità che si prenda cura di se stessa.
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