Clistere killer? Macché… Infermieri assolti da ogni accusa in Sicilia

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È durata 6 anni la via Crucis di due infermieri, a processo in quanto accusati di aver cagionato la morte di una paziente a seguito di un clistere evacuativo presumibilmente effettuato in malo modo.

Ma, fortunatamente per loro, ora è tutto finito: Erina Cirincione, giudice del Tribubale di Termini Imerese, ha infatti assolto da ogni accusa i due imputati (per lesioni colpose).

‘Il fatto non sussiste’

In base all’impianto accusatorio, gli infermieri avrebbero causato una perforazione intestinale alla malcapitata signora (ricoverata presso il Pte di Palazzo Adriano) in quanto avrebbero effettuato la procedura tenendola supina anziché in decubito laterale sinistro.

Ma non era vero: “Il fatto non sussiste”, ha dichiarato il giudice, dopo che il dibattimento (iniziato nel 2015!) ha dimostrato che in realtà tutto si sarebbe svolto correttamente e che i due sanitari non avrebbero alcuna responsabilità di quanto accaduto.

Come spiegato da LiveSicilia, per arrivare al verdetto sono stati ascoltati 5 consulenti di parte ed è stata necessaria una perizia disposta dal Tribunale e affidata ad un professore dell’Università di Messina.

Nessuna correlazione fra gli eventi

La conclusione è stata che gli infermieri, assistiti dagli avvocati Claudio Gallina Montana e Marco Lo Giudice hanno agito correttamente e che non vi fu alcuna correlazione tra il clistere e la perforazione che ha ucciso la paziente.

Il precedente

Nel 2017 non andò bene, invece, per un’infermiera toscana che operava all’interno della RSA Selene Menichetti di Castelfranco di Sotto: effettuò un clistere evacuativo a una paziente novantenne, che dopo la procedura iniziò subito a sanguinare e a essere sofferente.

Trasferita al pronto soccorso di Empoli, le fu diagnosticata una perforazione e fu operata d’urgenza. I familiari della donna presentarono una richiesta di risarcimento danni e, alla fine, la Corte dei Conti condannò al risarcimento di 230.000 euro la Asl di Empoli; che, a sua volta, citò per danni erariali l’infermiera responsabile dell’accaduto.

Fortunatamente per lei, la Corte tenne conto “dell’alea di rischio, sia pure limitata, presente anche in interventi come quello concretamente praticato e del carattere notoriamente gravoso delle attività richieste al personale infermieristico operante in una struttura di assistenza per anziani”.

E ridusse di un bel po’ il risarcimento da versare alla Asl da parte della professionista; che, come raccontò Il Tirreno, si ritrovò a sborsare ‘solamente’ 100.000 euro.

Autore: Alessio Biondino

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Alessio Biondino

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