Mentre il contratto infermieri resta bloccato su un tavolo che non decolla, i dirigenti della pubblica amministrazione centrale vedono già profilarsi all’orizzonte aumenti medi da oltre 580 euro lordi al mese, oltre a superpremi, percorsi formativi strutturati e meccanismi di welfare personalizzato. Tutto quello che desiderano gli infermieri e gli altri operatori sanitari. Due mondi, due velocità, due strategie di valorizzazione profondamente diverse.
Benvenuti nella Repubblica dei privilegi, dove i dirigenti banchettano a base di premi e superformazione, e agli infermieri si dice: “se manca il contratto che chiedete, fatevi bastare la vocazione”.
Due velocità, due modi diversi di trattare i dipendenti
Il tavolo dell’ARAN con i sindacati della sanità dopo un primo “no” di metà gennaio e ripartito il 24 aprile con toni ancora interlocutori, si è nuovamente arenato.
Ma l’ARAN non si ferma, all’agenzia negoziale sono tutti pronti per far partire presto le trattative per il contratto 2022-24 dei dirigenti ministeriali, delle agenzie fiscali e degli altri enti pubblici non economici, senza il bisogno di dover attendere, come di consueto, la chiusura degli accordi con i comparti prima di iniziare a mediare con la dirigenza. In poche parole, nessun problema con gli infermieri, intanto si premino i dirigenti, gli infermieri accetteranno le briciole che gli abbiamo promesso.
Le sigle sindacali (tra cui Cgil, Uil e Nursing Up) continuano a rifiutare una bozza contrattuale giudicata deludente, che non recepisce le richieste centrali: unificare le risorse del biennio 2022-2024 e 2025-2027 e adeguare gli stipendi all’inflazione reale. Gli aumenti medi promessi sono di 172 euro lordi, giudicati insufficienti per una categoria sempre più esposta a carichi di lavoro, turni massacranti e aggressioni.
Sul tavolo ci sono anche proposte normative: settimana corta, supporto psicologico, esenzioni dai turni notturni per gli over 55, ma la sensazione è che manchi una visione strutturale e una reale volontà di valorizzare chi lavora in prima linea.
Diverso lo scenario per la dirigenza statale. Per i circa 6.160 dirigenti pubblici di ministeri, agenzie fiscali e enti come Inps o Inail, l’atto di indirizzo firmato dal ministro Zangrillo mette a disposizione quasi 62 milioni di euro, con aumenti medi mensili di 582 euro.
Ma non è solo una questione economica: si punta sulla performance, sull’eccellenza, su un sistema premiale selettivo che premia il 30% dei “migliori” con bonus, formazione di alto livello, mentorship e incarichi più prestigiosi.
Un modello dichiaratamente orientato a costruire una leadership moderna, competente, adatta a guidare la PA nella transizione digitale e amministrativa. Praticamente quello che richiedono gli infermieri da decenni di false promesse di riforma della professione.

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Le continue disparità di trattamento che il Governo non vuole vedere
Anche sul fronte del welfare aziendale, i due mondi divergono: per i dirigenti si parla di un sistema a punti personalizzato con accesso a coaching, assistenza integrativa e strumenti di conciliazione vita-lavoro. Per gli infermieri, al momento, nemmeno un fondo dedicato.
Il messaggio, alla fine, è chiaro: in Italia i dirigenti si premiano, i sanitari si trattengono. Ma per quanto tempo ancora sarà sostenibile questa disparità, in un Paese che continua a lamentare la fuga degli infermieri e la crisi della sanità pubblica?
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