Corte dei Conti: mancano gli infermieri di famiglia previsti dal Decreto Rilancio

Redazione 01/06/21
Il Decreto Rilancio ne ha previsti 9600, finora in servizio ce ne sono solo il 12% del totale. Lo certifica la Corte dei Conti che nel suo Rapporto 2021 sul coordinamento delle finanze pubbliche afferma: “limitato è il grado di attuazione di misure, quali l’utilizzo degli infermieri di comunità” e “incerti anche i risultati sul fronte del potenziamento dell’assistenza domiciliare o del recupero dell’attività ordinaria sacrificata nei mesi dell’emergenza, che rappresenta forse il maggior onere che la pandemia ci obbliga ora ad affrontare“.

L’infermiere di famiglia e di comunità è fondamentale per implementare il nuovo modello di assistenza territoriale, la cui totale assenza si è fatta sentire proprio in questa emergenza pandemica, e il cui bisogno sarà sempre più necessario.

Recuperare il diritto alla salute con gli infermieri di famiglia

Quasi 750mila ricoveri in meno e 145 milioni di prestazioni ambulatoriali saltate a causa della pandemia e non ancora recuperate, lo conferma in una nota, il presidente della FNOPI Barbara Mangiacavalli: “L’assistenza sul territorio, ma a che quella in ospedale non si può limitare all’emergenza difronte ai milioni di prestazioni ‘saltate’ e che per ora non si accenna a recuperare. Per questo non si può pensare di utilizzare personale assunto in modo precario: è necessario riorganizzare i servizi e integrare gli organici. La carenza di infermieri supera le 60mila unità e il peso si questa situazione si fa sentire in modo sempre più serio sull’assistenza“.

Poi aggiunge: “Senza infermieri non c’è salute, ma soprattutto non c’è assistenza h24. Ora, grazie anche al Recovery Plan che stanzia risorse importanti proprio per implementare le cure di prossimità, il Governo metta in campo tutte le misure per potenziare gli organici infermieristici e per stabilizzarne l’inquadramento contrattuale: oggi la media degli infermieri per mille abitanti è di circa 5,7, mentre nei paesi dell’OCSE supera l’8,5“.

Gli studi nazionali e internazionali parlano chiaro: pochi infermieri riducono anche il livello di assistenza erogato dai servizi. La correlazione del numero di assistiti in carico a ogni infermiere (nel servizio pubblico) lega, a ogni paziente in più, rispetto a uno standard medio di 6 per professionista, un rischio aumentato di mortalità del 5-7% (ma in alcuni servizi, come le Terapie Intensive o l’assistenza pediatrica, il rapporto diminuisce a 4 e anche a 2 pazienti per infermiere). Non si può non garantire l’assistenza con personale stabile, motivato e formato secondo le linee specialistiche di cui – conclude – anche durante i momenti più gravi dell’emergenza è emersa la necessità“.

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